La rabbia del Cavaliere: tira una pessima aria, basta con questi affronti

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ROMA — Bene non l’ha presa. Per niente. Anzi, chi lo ha sentito lo descrive come «infuriato e prostrato». Perché la mancata elezione a presidente della commissione Giustizia di Francesco Nitto Palma, un suo fedelissimo, è «l’ennesimo segnale che questi signori mandano contro di me». Altro insomma che «clima di pacificazione: qui non si rispettano nemmeno i patti sottoscritti… Ma noi non molliamo: Nitto Palma resta il nostro candidato», ha scandito ai suoi Silvio Berlusconi per tutta la giornata.
Un incidente che pesa molto e molto potrebbe pesare, dicono dal Pdl. Tanto che ieri Gianni Letta avrebbe riportato le rimostranze del Cavaliere anche al Quirinale, magari per ottenere un intervento di «riallineamento» del Pd, che se non «rispetta i patti», come dice Berlusconi, mette «a rischio» la vita del governo. E dell’argomento avrebbe parlato anche il premier quando in serata è salito al Quirinale per fare il bilancio del suo tour in Europa.
D’altra parte, dopo il fuoco di fila sull’ipotesi che entrasse al governo, che guidasse la Convezione e infine sugli uomini che avrebbe voluto a capo di commissioni delicate come quella sulle Telecomunicazioni (Romani) e ora Giustizia, Berlusconi è convinto che «tira una pessima aria, e questo non è tollerabile». Insomma, l’ingresso nel governo, al momento, non ha portato quelle «garanzie» che il Cavaliere si aspettava. E d’altra parte, parlando al Tg5 del suo cruccio costante, i processi Mediaset e Ruby per i quali arriveranno le sentenze entro poche settimane, il leader del Pdl si lamenta così: «Sono 20 anni che vengo considerato da certa sinistra come un ostacolo che si frapponeva tra loro stessi e la gestione del potere, hanno tentato di eliminarmi in ogni modo anche con le libere elezioni e non essendoci riusciti tentano di farlo per via giudiziaria». E ora, se condanna sarà , sarà  «da parte di giudici politicizzati».
Dunque l’aria è pesante. Tra i suoi fedelissimi c’è grande malumore per quella che, dicono in coro Gasparri e Cicchitto, è «l’incapacità  del Pd di gestire di controllare alcunché, è un pessimo segnale per l’oggi e per il domani». Ma c’è anche un sospetto maggiore che nel suo entourage si comincia a nutrire: «Non creda il Pd — è l’avvertimento — che si danno strapuntini ai singoli parlamentari del Pdl e poi si fa fuori Berlusconi…». Le cose dunque, ha avvertito i suoi il Cavaliere «dovranno cambiare: basta con gli affronti». Su Imu, Iva, tasse ma anche sulla presidenza della Convenzione si dovrà  «basta con i cedimenti, vogliamo risultati tangibili».
E però, nonostante tutto, allo stato il Cavaliere frena i falchi. Anche a caldo ai suoi — a Schifani, Brunetta, Cicchitto — subito dopo la bocciatura di Nitto Palma ha dato l’ordine di «continuare a votare i candidati alle presidenze come da accordi». Far arrivare l’ira alle estreme conseguenze è rischiosissimo. Perché i suoi processi devono ancora arrivare a sentenza, e mantenere un profilo responsabile è necessario. E perché una crisi sarebbe pesantissima per l’economia come per le sue aziende, se è vero che il figlio Piersilvio ieri è stato chiaro: «L’importante è che il governo ci sia e che cominci a lavorare in fretta…».


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