Le critiche finali di Caselli e Saviano E i grillini urlano nell’Aula del Senato

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ROMA — Minuto di silenzio surreale per Giulio Andreotti, fischiato in Aula al Senato perfino da morto, grazie a un’inedita iniziativa dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. La gazzarra grillina, iniziata per una disputa sul regolamento, si è dunque protratta fino al momento più solenne della seduta di Palazzo Madama: «Vergogna! Buuuuhhh! Questa non è democrazia! Vergogna! Siamo otto milioni di italiani…», hanno continuato a urlare i grillini mentre tutti gli altri senatori, su invito della vicepresidente di turno, Valeria Fedeli del Pd, si erano alzati in piedi e tentavano di mantenere la compostezza richiesta da una circostanza del genere.
Niente da fare, impossibile osservare il minuto di silenzio nell’aula parlamentare cui apparteneva il senatore a vita Giulio Andreotti, anche se dai banchi del Pd e del Pdl si sono levare voci di protesta «Adesso basta, non è ammissibile questo comportamento…». E per tutta risposta dalla prima linea dei grillini si sono alzate urla ancora più forti dei senatori Mario Giarrusso, Alberto Airola (che è pure candidato per la presidenza della Vigilanza Rai) e di numerose colleghe tra le quali Barbara Lezzi e Monica Casaletto. Più defilati il presidente e il vicepresidente del gruppo, Vito Crimi e Luis Orellana, che hanno lasciato fare.
La vicepresidente Fedeli, forse a causa dell’inesperienza nella gestione dell’aula, ha chiamato il minuto di silenzio per Andreotti («Che prossimamente verrà  ricordato in forma solenne dal Senato») dopo una prima sospensione della seduta, quando però gli animi dei grillini erano ancora surriscaldati. E così la gazzarra a Cinque Stelle — innescata da una legittima richiesta di controllare le procedure di voto sulla verifica del numero legale — è tracimata. Al punto tale che ha dovuto prendere la parola il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, per chiedere la sospensione definitiva della seduta: «Questo è il Senato della Repubblica e ci vorrebbe un contegno appropriato anche perché i regolamenti consentono a tutti di esprimere il proprio punto di vista…». Si è subito associato Benedetto Della Vedova (Scelta civica): «Se non si sospende subito la seduta creeremo un pericoloso precedente». Poi, comunque, la protesta è rientrata e l’aula ha potuto iniziare la discussione generale sul Def.
«Ma questo è solo l’antipasto», ha avvertito Mario Giarrusso (M5S) perché «loro non ci vogliono legittimare come opposizione, negandoci pure le commissioni di controllo, e noi gli scateniamo la guerriglia parlamentare». «Mi è parso un vero schifo», ha commentato Luigi Compagna (Pdl, prestato al gruppo misto) che sta preparando il suo intervento per la commemorazione di Antonio Maccanico prevista al Senato per oggi.
Il tam tan dei grillini per «onorare» Andreotti era partito su Twitter: «È morto Andreotti, il condannato prescritto per mafia», ha scritto la deputata Giulia Sarti. Un concetto, questo, esposto, seppure con parole meno ruvide, anche dal procuratore della Repubblica Gian Carlo Caselli che rappresentò la pubblica accusa a Palermo contro Andreotti accusato di mafia: «Sul piano umano la morte di una persona merita sempre rispetto», ha premesso il magistrato. Che ha aggiunto: «Non posso parlare delle sue attività  politiche, non è un mio compito… In primo grado fu assolto. In appello parziale ribaltamento della sentenza: fino al 1980 la Corte d’Appello ha ritenuta provata la responsabilità  penale dell’imputato per avere commesso il delitto ascrittogli. Chi parla di assoluzione parla d’altro, rispetto alla verità ». Più politico il commento del pm Antonio Ingroia: «Andreotti… che con il suo pragmatismo giunse a stringere accordi con la mafia è morto. L’andreottismo no». Infine, Roberto Saviano ha parafrasato su Twitter una celebre frase di Indro Montanelli: «Andreotti: il più grande criminale di questo Paese, perché l’ha sempre fatta franca, o il più grande perseguitato». E Fabrizio Cicchitto (Pdl) commenta: «Per lui la mediazione era l’essenza della politica e andava esercitata con tutti… fino alla mafia tradizionale, mentre condusse una lotta senza quartiere contro quella corleonese».


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