LO TSUNAMI ALLA ROVESCIA

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I grillini hanno preso enormi batoste ovunque, tanto più dove si aspettavano grandi vittorie, come a Roma, a Siena e in Liguria. Hanno vinto anzitutto l’astensione, quindi i candidati del centrosinistra. La destra berlusconiana perde in ogni città  e ancor di più nelle roccheforti. È accaduto insomma tutto l’esatto contrario di quanto lo stesso Beppe Grillo aveva calcolato e pronosticato alla vigilia. Nell’ordine: una poderosa avanzata del Movimento, sull’onda del disgusto per il governo dell’inciucio; la tenuta di Berlusconi, «ormai unico avversario»; la «totale disfatta del Pd».
Le cause dello tsunami alla rovescia risiedono nella pessima gestione da parte di Grillo e Casaleggio del trionfo elettorale di febbraio. Una finta rivoluzione che non ha cambiato nulla, anzi è servita a riconfermare il peggior status quo e alla fine si è arenata su questioni miserabili, vedi la voce scontrini. Sono ragioni chiare a tutti, tranne che a Grillo e Casaleggio. Davanti all’inattesa sconfitta, i capi del movimento hanno reagito esattamente come il vecchio ceto politico tanto criticato. Punto per punto. Prima hanno cercato di negare di evidenza, secondo il risaputo e risibile campionario dei peggiori piazzisti della politica, per cui una sconfitta non è mai una sconfitta, perché bisogna considerare l’eccellente risultato di Vattelapesca, la bella tenuta di Marina di Sotto e poi non si può fare il confronto con le politiche di tre mesi fa, ma semmai con le amministrative dell’anno scorso e magari con il mondiale di nuoto del 2011. Il secondo passaggio è la ricerca di alibi, capri espiatori, complottisti. Anche qui, i soliti. La televisione e addirittura i giornali: ma come, Beppe, non eravamo tutti morti, schiantati dal potere della rete?
Il terzo passaggio e l’inevitabile conclusione del percorso è l’accusa al popolo, agli italiani infingardi e ignoranti. Com’è noto infatti per tutti i politici gli italiani sono intelligenti, onesti, coraggiosi, un grande e meraviglioso popolo oppresso da una classe dirigente inadeguata, ma soltanto quando li votano. Quando non li votano, di colpo diventano stupidi, analfabeti, vili e si meritano i ladri che li governano da sempre.
Con questa reazione i grillini hanno dimostrato d’aver imparato in fretta la prima regola della politica della prima, seconda e terza repubblica: il rifiuto totale, sistematico di assumersi una qualsiasi responsabilità . Mai dire ho sbagliato, abbiamo sbagliato. L’assunzione di responsabilità , tipica dell’età  adulta, costituirebbe nei fatti la negazione del ludico spirito infantile con cui si fa politica in Italia, oltre che un’intollerabile ferita narcisistica all’ego arroventato dei capi.
Grillo e Casaleggio non sono i primi ad adattarsi in fretta ai vizi di un sistema che dicono di voler combattere. Prima di loro l’avevano fatto Bossi e la Lega, Berlusconi, Di Pietro, il «nuovo partito» creato col Pd. E non saranno gli ultimi. Almeno finché non si capirà  che la politica italiana non si cambia fondando un nuovo anti-partito all’anno, ma con una riforma profonda e radicale dell’intero sistema. Altrimenti il sistema malato finirà  sempre per far ammalare chi vi entra, perfino con le migliori intenzioni. Milioni di italiani, sciocchi o geni che siano, l’hanno già  capito e molti fra questi hanno smesso di andare a votare. Votare per chi, ma soprattutto per che cosa? Per offrire una delega in bianco a partiti o movimenti che poi faranno le loro scelte nel segreto delle stanze dei vertici, ignorando il mandato degli elettori. Per fare da spettatori di un teatrino di leader sempre più narcisi e autoreferenziali. L’errore di Grillo, anche questo non nuovo, è l’aver ignorato in questi mesi i sentimenti, gli umori, le ragioni della base elettorale. Aver perfino criminalizzato il dissenso di tanti, trattati come «troll», venduti ai partiti, infiltrati, alieni. Anche questo non è un errore nuovo. L’incredibile e, per certi versi, impensabile successo del Pd, oltre alle questioni locali, è dovuto proprio alla stanchezza, per non dire al disgusto degli elettori nei confronti dei partiti personali che hanno segnato la vita della seconda repubblica e dei quali il grillismo è soltanto l’ultima propaggine. Con tutti i limiti e le proprie miserie, il Pd almeno assomiglia a una forza politica vera e non a alla pura estensione di un ego maniacale.


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