«Sospendere le espulsioni»

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VIENNA. «Una prima urgenza è sospendere le espulsioni disumane connesse alla Convenzione Dublino 2». Non ha dubbi Manfred Nowak, direttore del Boltzmann Institut per i diritti umani e professore di diritto internazionale all’università  di Vienna. «È un sistema sbagliato che va abolito – dice – perché tratta solo di distribuzione e compensazione di pesi senza pensare al perché queste persone vengono in Europa». Ai rifugiati viene negata la scelta del paese dove stare, creando al contempo condizioni di accoglienza catastrofiche nei paesi di confine dell’Ue. E l’Europa spende 20 volte di più per il controllo dei confini di quanto non spenda per l’assistenza ai profughi. «Fatto ancora più vergognoso – accusa Nowak – se si pensa che solo una piccola percentuale di rifugiati viene in Europa: un singolo paese extraeuropeo accoglie più rifugiati dei 27 dell’Ue insieme». Nowak è stato relatore speciale dell’Onu per la tortura, estensore del rapporto-denuncia su Guantanamo, inviato in Bosnia e più recentemente in Grecia. Lo abbiamo incontrato a Vienna per un’intervista che parte dal caso Austria (vedi articolo sotto, ndr) e arriva all’Europa.
I giovani del refugee camp di Vienna vogliono fare una vita normale, avere in primo luogo un posto dove vivere. Chiedono asilo come gruppo. Sono richieste incompatibili con le leggi austriache come sostiene il ministero degli interni?
È solo una questione di volontà  politica. Esiste un modello pronto per l’uso che fu applicato nel caso dei profughi della Bosnia. Arrivati in massa nel 1992 furono accolti tutti insieme, con una protezione sussidiaria. Il modello Bosnia sarebbe a disposizione per i profughi del Pakistan, basta applicarlo.
Difficile è in Austria anche la situazione di profughi o migranti che vivono qui da anni ma non sono mai stati legalizzati. Sono sospesi a costante rischio di espulsione.
Ci sono persone bene integrate, che vivono qui da 5 o 8 anni, anche sposati con austriaci e bambini comuni e malgrado ciò vengono espulse. Spesso interi paesi si mobilitano contro la loro espulsione. La gente che mai ha avuto a che fare con dei rifugiati si fa annebbiare dalla propaganda xenofoba, chi vi entra in contatto dice, sono persone come noi, non è possibile che in uno dei paesi più ricchi del mondo vengano espulse come animali. Ho avuto la possibilità  di assistere a molte espulsioni, e resto ogni volta atterrito: una donna cecena con l’epatite che aveva appena iniziata una terapia viene rispedita in Cecenia dove non può continuare a farla. Un giovane, anche lui dalla Russia, che mentre sua moglie era in ospedale a partorire era al colloquio per la sua espulsione: lei può rimanere, lui no. Storie così accadono continuamente, intere famiglie vengono divise, un dodicenne è fuggito di casa perché tutta la famiglia doveva essere espulsa, ed è rimasto qui da solo. È veramente disumano quel che accade. Le potrei raccontare molti di questi casi.
Da dove viene questa durezza, come si spiega?
Me lo chiedo anch’io. Viene dal fatto che nessuno si vuole assumere la responsabilità . Un tale decide, altri eseguono, e nessuno si immedesima nella situazione di queste persone. Chi decide dietro una scrivania non ha la relazione personale con la donna che piange come ce l’ha il poliziotto che la porta all’aeroporto. Il problema è la burocratizzazione delle decisioni. Solo così si spiega anche che durante il nazismo è stato possibile che tutto abbia funzionato in modo così ben organizzato.
Come se ne esce?
La responsabilità  è del ministero degli Interni, della signora Mikl- Leitner, che dovrebbe fare leggi meno complicate e più umane. mettendo in conto la critica del signor Strache (leader della destra xenofoba, ndr). Le leggi sono diventate estremamente complicate, nessuno veramente ci capisce più niente, neppure gli avvocati più bravi esperti di asilo. È diventato tutto molto complicato e anche questa è una strategia, c’è del metodo.
Il cancelliere socialdemocratico non si esprime, il ministero degli interni può fare quel che vuole.
Si nasconde, è un grosso problema, in realtà  non solo del partito popolare ma di entrambi i grandi partiti che in questa faccenda si fanno dettare la linea politica dalla Fpoe. È mancanza di coraggio e di adesione alle proprie radici, i valori socialdemocratici o cristianosociali vengono messi sotto i piedi, per paura di regalare voti alla destra. Questa è la tendenza in molti paesi europei…
Passiamo alla Grecia, condannata dalla Corte europea per violazione dei diritti umani. Lei è stato lì come relatore speciale dell’Onu. Cosa ha visto?
Ero lì nel 2010, prima della crisi attuale. Ho visitato i centri per la detenzione dei migranti costruiti sul fiume Evros. In parte sembrano dei campi di concentramento. La gente arrivava con aspettative completamente diverse, molte delle famiglie che abbiamo incontrato, dalla Somalia, o adolescenti non accompagnati, portati dai traghettatori al fiume Evros, che poi dovevano attraversare a nuoto, hanno pensato di trovare un centro dell’Unhcr che li rinfocillava e poi li riconosceva come profughi per poi vivere una vita dignitosa. Invece si accorgono che sono in un centro di detenzione della polizia, dove devono rimanere per mesi in condizioni igieniche indicibili. Gabinetti straripanti che riversano il liquame negli spazi dove la gente deve dormire. Ho visto donne e famiglie con piccoli bebè in uno stato di tracollo. Dicevano: questa non può essere l’Unione europea. Facendo un paragone sono condizioni che ho visto in Africa, prigioni molto povere e pessime, dove la gente fa i propri bisogni in buste di plastica e bottiglie. In Grecia c’è la situazione peggiore, ma per i rifugiati nordafricani che arrivano in Spagna non va molto meglio, o quel che ha fatto l’Italia con l’accordo con la Libia, rispedendo dei rifugiati direttamente in alto mare dove possono anche morire.
E pensare che l’Unione europea ha vinto il Nobel per la pace anche per la promozione dei diritti umani.
Ma non in relazione ai profughi, questo non era scritto nella motivazione. In via di principio la situazione dei diritti umani se comparata con altri stati in Europa è abbastanza buona, ma esiste una società  divisa in due classi, i cittadini europei che godono abbastanza diritti umani e le persone di paesi terzi trattati come persone di seconda classe. È un fatto reso evidente dall’intera politica di migrazione europea.
Molti rifugiati sono respinti perchè il loro caso non rientra nei criteri previsti dalla Convenzione di Ginevra.
La convenzione di Ginevra va ampliata, era una reazione alla seconda guerra mondiale e alla guerra fredda in Europa, tagliata quindi sulla persecuzione politica, cosa che allora era il motivo di fuga principale. I motivi di fuga sono diventati molto più vasti. Molte delle più gravi violazioni di diritti umani si compiono nelle guerre civili, che non sono motivo d’asilo secondo la convenzione. La Convenzione dell’Africa invece la prevede. Se uno a causa dei cambiamenti climatici non riesce più a nutrirsi e soffre la fame allora non è perseguitato per motivi politici, religiosi o razziali, e non rientra nella convenzione di Ginevra. Se sono perseguitato politicamente sì, se muoio di fame no. Chi vuole liberarsi dalla povertà  assoluta e non vede altra via che la fuga va altrettanto preso sul serio e aiutato, non visto soltanto come un migrante economico che semplicemente vuole vivere un po’ meglio. Nessuno fugge per scherzo o follia. E molti dei più poveri comunque non se lo possono permettere, perché in realtà  è terribilmente difficile arrivare in Europa. Con la politica d’asilo e di migrazione così restrittivi è stato creato l’affare molto remunerativo del traghettamento. Ne siamo responsabili noi: prima, finché la gente poteva venire da sé e fare una richiesta d’asilo al confine, senza dover temere di essere subito rispediti indietro, non esisteva…
Quali prospettive di cambiamento vede?
Le vedo solo su scala europea. La Ue è una comunità  di valori che ha una funzione protettiva. Ho più fiducia nelle istituzioni europee che nei singoli stati. Attraverso la commissione europea le corti europee per i diritti umani e della giustizia del Lussenburgo, la carta europea dei diritti fondamentali e il trattato di Lisbona che hanno segnato una direzione, ho una certa speranza che per questa via si possa affermare una politica europea comune più razionale e più umana.


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