Staffetta, contratti e pensioni flessibili programma da 12 miliardi del governo

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«DA QUI fino a giugno ci concentreremo sul piano giovani», dice il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. È la priorità  del governo.
CON un obiettivo ambizioso: ridurre la disoccupazione giovanile di otto punti percentuali portandola al 30% dai livelli record attuali. Non poco, non a portata di mano, ma possibile. Perché è l’Europa che di fronte al rischio di trovarsi un’intera generazione senza lavoro dovrà  mettere in campo politiche coordinate. Idee, e anche risorse. Per poterle usare l’Italia deve uscire però dalla procedura per deficit eccessivo, poi dovrà  negoziare al prossimo vertice di fine giugno un’interpretazione estensiva della golden rule così da escludere dal tetto del disavanzo al 3 per cento, oltre agli investimenti infrastrutturali, le spese per le politiche attive per il lavoro. In campo potrebbero esserci tra i 10 e i 12 miliardi di euro, se non di più. Poi ci sono i sei miliardi in sette anni (quattro milioni per l’Italia) del piano approvato da Bruxelles
della youth garantee,
per garantire a tutti i giovani un’opportunità  di occupazione o di formazione una volta rimasti disoccupati o terminati gli studi. Con Roma sono già  schierati il governo francese e soprattutto quello spagnolo. E il governo italiano ha già  ottenuto il consenso interno dei partiti della coalizione, Pd, Pdl e Scelta civica. Nessuno ha posto obiezioni. Tutti sperano che i 100 mila nuovi posti di lavoro under 24 ipotizzati dal ministro Giovannini si traducano in realtà . L’assoluta sottovalutazione della questione giovanile si è tradotta, infatti, anche in largo consenso generazionale alla lista di Beppe Grillo.
Prima di cominciare a definire nel dettaglio il pacchetto giovani, il governo ha deciso di sentire le parti sociali. Dopodomani Giovannini incontrerà  i sindacati, Cgil, Cisl, Uil e Ugl, la Confindustria e le altre associazioni imprenditoriali. Uno scambio di vedute, ma non un negoziato. «È un incontro per ascoltare e per ragione insieme. Non una trattativa», ripete il ministro del Lavoro. Nessuna concertazione che probabilmente renderebbe ancora più difficile la coabitazione nella maggioranza tra centrodestra e centrosinistra. Il lavoro non è un tema unificante, come si è già  sperimentato nel passato e i blocchi sociali di riferimento delle due aree politiche non tarderanno a farsi sentire. D’altra parte si è già 
visto sul rinvio dell’Imu. Ma è chiaro che al governo serva l’esperienza sul campo. Soprattutto sull’applicazione dell’ultima riforma del lavoro, quella firmata dall’ex ministro Elsa Fornero. Giovannini insiste nel parlare di «manutenzione», non di una nuova riforma. Intende muoversi nel solco della legge ’92, monitorando gli effetti della legge, come questa stessa prevede.
I CONTRATTI A TERMINE
«Ci sono interventi costosi, altri no. E per quelli che costano bisognerà  aspettare le conclusioni del Consiglio europeo di giugno », spiega Giovannini. Tra i secondi ci sono le correzioni ai contratti a termine, la strada più battuta per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Oltre il 70 per cento delle assunzioni avviene con contratti a tempo determinato. La legge Fornero ha mutato, allungandolo, l’intervallo temporale tra un rinnovo e un altro. Ha stabilito che per il rinnovo del contratto con una durata fino a sei mesi debbano passare due mesi anziché dieci giorni come prima e che per i contratti con una durata superiore debbano trascorrere tre mesi anziché venti giorni. Sindacati e Confindustria sono d’accordo nel tornare indietro. È la stessa legge, d’altronde, a prevedere la possibilità  che le parti ritornino (come già  hanno fatto in alcuni settori) ai vecchi intervalli. Il governo è favorevole. Su questo non ci sono ostacoli. E probabilmente non dovrebbero essercene nemmeno sull’ipotesi di estendere a tutto un anno la possibilità  di non indicare la causa per la stipula di un contratto a termine ora limitata al solo primo contratto con durata massima di dodici mesi. Le imprese (in particolare le piccole) insistono nella richiesta di superare l’aggravio contributivo dell’1,4 per cento sui contratti a termine destinato a finanziare la nuova Aspi (l’assicurazione sociale per l’impiego). Aggravio che si recupera se il contratto si trasforma a tempo indeterminato.
LA STAFFETTA
«È un’idea», continua a dire Giovannini a proposito della staffetta anziani-giovani sul posto di lavoro. Istituto, peraltro, in fase di sperimentazione in alcune regioni come la Lombardia e l’Emilia Romagna. Ma è un’idea che costa perché il lavoratore anziano andrebbe in part time e per non perdere i contributi pieni avrebbe bisogno di una integrazione da parte dello Stato.
SGRAVI FISCALI
Nel suo intervento al Senato, il ministro Giovannini ha di fatto frenato sull’ipotesi (molto costosa, peraltro) di ridurre il costo del lavoro per i giovani assunti. Ripete il ministro che gli studi fatti all’estero sugli effetti della decontribuzione e defiscalizzazione «ci dicono che devono realizzarsi diverse condizioni perché abbiano effetto». E aggiunge: «Non è detto che in questa fase economica questa sia necessariamente una priorità ». Pollice verso, dunque. Considerando anche che in Italia quando il governo Prodi avviò, nel 2007, la riduzione del 5 per cento del cosiddetto cuneo fiscale non si constatarono particolari effetti positivi. Piuttosto il governo punta sulla riforma
dei centri per l’impiego. Una delega affidata al governo è scaduta. Si tratterebbe di riprensentarla. «Bisogna prendersi cura dei giovani», sostiene Giovannini. Fare in modo che un giovane senza lavoro venga assistito nella ricerca di un impiego, come accade nel paesi dell’Europa del nord, gli stessi che hanno anche i tassi di disoccupazione più bassi.


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