Il nodo dei magistrati fuori ruolo «Ecco chi non ha lasciato la toga»

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Ci sono le dovute eccezioni (presidenza della Repubblica e altri organi costituzionali o di rilevanza costituzionale) ma rimangono scoperti da queste esenzioni i ministeri e la presidenza del Consiglio che, storicamente, sono i porti di destinazione di molte toghe chiamate a supportare, con le loro competenze tecnico giuridiche, l’attività di governo. L’unica condizione, stabilita dalla legge anticorruzione del 2012, è quella di essere magistrati fuori ruolo altrimenti sarebbe vietato collaborare con un ministro o con un sottosegretario.

Ora, però, il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti —un parlamentare del Pd di formazione radicale, che da anni conduce una battaglia personale asperrima contro i doppi incarichi — ha scoperto che i magistrati «in aspettativa», ma sempre «in ruolo», cooptati dal governo non sono solo il capo di gabinetto e il capo dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia. Di Renato Finocchi Ghersi e Domenico Carcano, due toghe molto stimate per l’esperienza legislativa accumulata in un decennio, infatti si era molto parlato nelle settimane scorse quando Giachetti ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri. In quell’atto di sindacato ispettivo, il deputato chiede conto di quella che ritiene una palese violazione delle regole da parte del governo e del Consiglio superiore della magistratura che avrebbe accordato l’aspettativa invece di far rientrare in ruolo i due magistrati.

Bene, i due magistrati di via Arenula non sono soli. Il vice presidente della Camera ha infatti scoperto che il governo Letta «impiega» anche altri 12 magistrati che non sarebbero fuori ruolo a tutti gli effetti. La parte del leone la fanno i consiglieri del Tar del Lazio e quelli del Consiglio di Stato.

«Ed ecco l’elenco che ho potuto ricostruire», dice Giachetti, che snocciola i nomi non senza nascondere un sorrisetto di chi ritiene di aver beccato il governo con le mani nella marmellata: «Salvatore Mezzacapo del Tar Lazio, capo del legislativo dell’Agricoltura; Paolo Carpentieri, Tar, capo del legislativo dei Beni culturali; Rita Tricarico, del Tar del Lazio, consulente dei Beni culturali; Raffaello Sestini, Tar del Lazio, capo del legislativo dello Sviluppo economico, Ugo De Carlo del Tar, consigliere giuridico dello Sviluppo economico, Massimiliano Balloriani, del Tar, consulente dello Sviluppo economico; Giuseppe Chinè, Tar del Lazio, capo del legislativo dello Sviluppo economico; Gerardo Mastrandrea, capo ufficio legislativo delle Infrastrutture; Claudio Contessa, consigliere di Stato, capo ufficio legislativo del ministero del Lavoro; Alfredo Storto, consigliere Tar, capo del legislativo del ministero della Pubblica amministrazione; Daniele Dongiovanni, Tar del Lazio, capo del legislativo delle Pari opportunità e, infine, Damiano Nocilla, consigliere di Stato, capo del legislativo della Coesione territoriale».

Quando ha finito l’elenco, il deputato Giachetti punta i pugni sulla pesante scrivania di noce nel suo studio di Montecitorio. E spara: «Ecco, mi dicano se sono un pazzo visionario che chiede il rispetto delle regole. Se ho torto mi querelino, sono pronto a rinunciare a tutte le immunità parlamentari».


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