‘L’adesione della Croazia (2/6): I vicini alzano i recinti

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Nella piccola cittadina di Hehenthurn in Carinzia (Austria), non lontano dalla frontiera italiana, una gigantesca casa chiusa aprirà tra poco le sue porte. Gli investitori hanno annunciato che vi lavoreranno 140 prostitute. La cittadina conta solo circa 800 abitanti e la casa chiusa provocherà un vero e proprio boom demografico nella regione. Non si tratta solo di prostitute ma anche di lavoratori (per lo più immigrati), che dovranno occupare i 40 posti amministrativi e organizzativi per servire al meglio le prostitute nei loro compiti giornalieri e notturni con i clienti.

Gli investitori in questione, imprenditori anonimi provenienti dalla Svizzera e dalla Germania, hanno investito più di sette milioni di euro in questo progetto. Il loro scopo è approfittare della vicinanza della frontiera italiana, dove la prostituzione è illegale, al contrario dell’Austria che ha legalizzato le case chiuse, e dove le prostitute pagano le tasse, hanno un’assistenza sociale e sono protette dalla polizia.

Come si può vedere, nell’Ue tutti i mezzi sono buoni per creare nuovi posti di lavoro – queste nuove professioni entreranno nelle statistiche sull’occupazione. Senza ironia quindi si può affermare che con questa nuova casa chiusa il tasso di disoccupazione dei giovani europei sotto i 24 anni si ridurrà in modo significativo.

I dirigenti europei discutono seriamente sul problema della disoccupazione giovanile: “I giovani, se non lavorano, perderanno la fiducia nelle opportunità rappresentate dall’Ue e nell’importanza dell’unità europea. Senza una gioventù soddisfatta non vi può essere un futuro europeo”, osservano questi politici. Ma tutti sono d’accordo nel ritenere che l’apertura della casa chiusa porterà soprattutto delle prostitute dell’est – quella parte di Europa che ha vissuto nell’oscurità comunista fino al 1989 prima di diventare parte dell’Ue.

La disoccupazione fra i giovani europei raggiunge livelli senza precedenti: in Grecia il 60 per cento dei ragazzi fra i 14 e i 24 anni è senza lavoro; in Spagna si è arrivati al 56 per cento; in Italia si è vicini al 38 per cento. Queste cifre sembrano incredibili ma sono la realtà. I grandi sostenitori dell’Unione europea affermano che la mobilità è la condizione essenziale per un rinnovamento del mercato del lavoro; per loro bisogna migliorare la mobilità, mettere fine ai pregiudizi e alle paure, l’Europa è un grande mercato che bisogna aprire ed eliminare gli ostacoli giuridici e mentali. Quando una ragazza di 24 anni emigra non lo fa necessariamente per prostituirsi, eppure gli stereotipi del dopo-muro di Berlino resistono e fanno delle ragazze dell’est le prostitute più ricercate.

Ma dietro questo stereotipo (non ci si pone la domanda sulle giovani greche, spagnole o italiane) se ne nasconde un altro: quando una persona dell’est emigra, lo fa per rubare un posto di lavoro a un occidentale. Eppure le statistiche dicono un’altra cosa: un recente studio pubblicato in Italia mostra che negli ultimi anni gli italiani sono emigrati in massa in Germania. Fra il 2011 e il 2012 il numero di italiani in Germania è aumentato del 40 per cento; l’anno scorso circa 12mila lavoratori italiani sono andati in Germania.

Un settimanale romeno ha pubblicato la storia di una coppia di giovani sposi che ha investito tutti i suoi risparmi in un piccolo appartamento a Monaco per permettere alla ragazza di far nascere qui il loro primo figlio. Lo hanno fatto per una ragione molto semplice: la Germania offre aiuti alle famiglie con bambini piccoli, mentre in Italia gli aiuti sociali sono inesistenti.

Ognuno per sé

L’Europa non ha un’unica politica sociale e non ha neanche le stesse regole per quanto riguarda il mercato del lavoro. Ogni paese fa a suo modo e quindi qualunque fenomeno di emigrazione è subito visto come un attacco contro i paesi che vanno meglio degli altri. La mobilità delle prostitute è garantita, ma non è un problema creato dall’Unione europea, è un problema che esiste dalla notte dei tempi; una conseguenza della nostra civiltà instabile e ipocrita.

La Germania e l’Austria hanno dichiarato che imporranno una moratoria per limitare l’ingresso dei croati nel loro mercato del lavoro – un modo per impedire ai lavoratori croati di turbare la situazione nel loro paese. L’anno scorso la Germania – l’unica locomotiva europea – ha accolto più di un milione di lavoratori, per lo più provenienti da altri paesi dell’Ue, dalla Grecia alla Polonia. I lavoratori croati potrebbero provocare danni, per questo motivo l’Austria e la Germania controlleranno e limiteranno con attenzione il loro ingresso.

Secondo la stessa logica, il presidente della regione Veneto Luca Zaia (Lega Nord) ha scritto una lettera al primo ministro croato chiedendo che l’Italia, in accordo con Bruxelles, prenda delle misure per controllare il flusso di persone provenienti dal nuovo paese membro, la Croazia. Zaia ha dichiarato che il tasso di disoccupazione in Croazia raggiunge il 25 per cento e che lo stipendio medio dei lavoratori croati è del 30 per cento più basso che in Italia.

La regione Veneto ha quindi paura dell’invasione croata ed esige che i suoi lavoratori siano protetti. Nel frattempo però questa stessa regione, con il suo vicino Friuli Venezia Giulia e la Carinzia austriaca, stanno cercando di dare vita a un'”euroregione” con i loro colleghi croati istriani e di Primorje-Gorski Gotar. L’impressione è che la vera prostituta sia la politica. Ci farebbe piacere che i nostri politici ci spiegassero il significato e lo scopo di un’euroregione.

Traduzione di Andrea De Ritis


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