Squinzi: al fondo della crisi, addio a 700 mila posti

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ROMA — Il giorno dopo l’approvazione del pacchetto lavoro ci pensa Confindustria a frenare qualsiasi tentativo di ottimismo. Ancora una volta la ripresa dell’economia sembra allontanarsi: non arriverà più nel corso dell’estate, come dicevano le ultime previsioni, ma negli ultimi tre mesi dell’anno quando, secondo le stime del Centro studi dell’associazione, il Prodotto interno lordo farà segnare un timido più 0,2%. A fine anno il Pil sarà sceso dell’1,9%, stessa stima pubblicata ieri da Standard & Poor’s, contro l’1,1% delle ultime previsioni di viale dell’Astronomia. Un dato allarmante, come si capisce dal commento che ne fa il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini: «Con questi numeri rischieremmo di andare oltre il tetto del 3% del deficit sul Pil, una cosa da evitare assolutamente». Il ministro aggiunge poi che «l’attenzione del ministro Fabrizio Saccomanni e del Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco alle coperture è dovuta proprio alla assoluta necessità di non superare questo limite».

Se le previsioni possono sempre essere smentite o quanto meno corrette, il film del nostro recente passato si basa invece sui dati certi. E il Centro studi di Confindustria certifica che dall’inizio della crisi, nel 2007, abbiamo perso 700 mila posti di lavoro, che alla fine dell’anno prossimo potrebbero arrivare a quota 817 mila, con un tasso di disoccupazione che toccherà il 12,4%. Mentre è prevedibile, sempre nel 2013, che continuando sulla strada dell’aggiustamento dei conti pubblici «ci sarà un ulteriore sottrazione di risorse dal circuito domanda – produzione – debito».

Come siamo arrivati a questo punto? Una possibile risposta arriva dalla Corte dei conti, che ieri ha presentato il rendiconto sul 2012. Dice quel documento che le manovre varate nel corso dell’anno scorso hanno migliorato alcuni saldi ma «hanno generato anche effetti depressivi su un’economia già in difficoltà e in forte recessione». Sempre secondo la Corte, una «revisione della spesa e degli apparati pubblici è ormai indifferibile», anche per «l’esaurimento dei margini offerti dal ricorso ai tagli lineari», e che su questa strada funziona bene il modello della Consip, la centrale per gli acquisti della pubblica amministrazione. Non resterebbe che il taglio delle tasse, secondo alcuni l’unica ricetta per invertire la tendenza del calo dei consumi, che l’anno prossimo saranno crollati dell’8,1% rispetto al 2007, anno zero della crisi che ancora ci accompagna.

 

La Corte però ricorda che la pressione fiscale è passata nel corso dell’anno scorso dal 42,6% al 44% ed è «superiore di 3 punti alla media dei Paesi dell’area euro». Ma aggiunge pure che la «possibilità di una riduzione non è facile da coniugare con il rispettivo degli obiettivi europei che rimangono severi».

Se abbassare le tasse non è facile, il Fisco non abbassa la guardia sulla lotta all’evasione. Per il 2013 l’Agenzia delle Entrate punta a recuperare su questo fronte 10,2 miliardi di euro. Un obiettivo da raggiungere attraverso 1,6 milioni di controlli, tra verifiche automatiche e accertamenti. Ci saranno anche 800 mila controlli sul cosiddetto classamento degli immobili, cioè per capire se le case sono accatastate in modo corretto e, quindi, se le tasse si pagano sulla giusta base imponibile.

Altre risorse potrebbero venire dalle pensioni. Se la Corte costituzionale ha bloccato più volte i cosiddetti contributi di solidarietà a carico degli assegni più alti, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ieri è tornato sull’argomento, al quale evidentemente tiene parecchio. Per le pensioni più alte Giovannini si è detto «favorevole» al blocco dell’indicizzazione, cioè l’aumento automatico agganciato all’inflazione. Un meccanismo che, secondo il ministro, «può produrre effetti non trascurabili». L’argomento delle pensioni verrà affrontato dal governo dopo la pausa estiva, anche per introdurre un minimo di flessibilità nella riforma Fornero che alzato i limiti d’età per tutti e in modo drastico.

L’uscita anticipata sarà possibile solo accettando un assegno più basso, in modo da garantire comunque l’equilibrio del sistema. Il blocco delle indicizzazioni delle pensioni più alte, invece, dovrebbe consentire di recuperare risorse per altri interventi o magari per aggiungere fondi a quelli appena varati dal governo per il lavoro. Ma sono i dati dell’Inps a frenare chi pensa che da una misura del genere possa arrivare un «tesoretto». I pensionati che superano i 90 mila euro l’anno lordi sono 33 mila, quelli tra 90 e 150 mila euro soltanto 1.500, quelli oltre i 200 mila appena 1200. I contributi di solidarietà bocciati dalla Corte costituzionale fruttavano circa 25 milioni di euro l’anno, un sessantesimo di quanto il governo e l’Unione europea hanno investito sul pacchetto lavoro, solo per fare un esempio. Il blocco delle indicizzazioni porterebbe in dote ancora meno. Al massimo potrebbe essere un misura simbolica. Con tutti i rischi e le polemiche del caso.

Lorenzo Salvia


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