Calderoli indagato per «odio razziale» Kyenge: ho accettato le sue scuse

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Ad aprire un fascicolo è la procura di Bergamo, competente anche per Treviglio dove sabato scorso il colonnello lumbard ha tenuto il comizio in cui la titolare dell’Integrazione è stata paragonata a un orango. Il primo commento è laconico: «Sono tranquillo». Poi il senatore argomenta: «Un atto dovuto, c’erano già due denunce. Singolare che mentre l’interessata non ha sporto querela, l’abbiano fatto persone terze. Ho comunque fiducia nella ricostruzione dei magistrati sulle mie parole». Al di là degli esposti di Codacons, del segretario del Pd di Ferrara e di un avvocato di Bergamo, i pubblici ministeri erano però già al lavoro sulla registrazione audio del comizio: pubblicata da Corriere.it, ora agli atti.

L’accusa di razzismo è rimbombata nell’arena politica prima ancora che in procura. In Senato l’ex ministro si è scusato: «Ho fatto un errore gravissimo, ma non era razzismo». Conferma l’invio di un mazzo di fiori a Cécile Kyenge: «Una composizione». Che l’interessata ha accettato («Lui ha fatto un passo importante, ma è chiaro che il percorso continua e va oltre la mia persona»), ma poi deviato su vie che paiono simboliche: «Ho ritenuto di farli portare alla Madonna del Buon Consiglio». Fiori a parte, sulle dimissioni da vicepresidente del Senato che il Pd (ma non solo) ancora richiede, Calderoli non arretra: «Sono indagato? Non cambia nulla. Resto e confermo quanto detto in Aula». E se l’ex ministro della Semplificazione ieri ha incassato il sostegno di Umberto Bossi — dopo giorni di silenzio ha affermato che «Roberto ha sbagliato, ma la vicenda è stata enormemente strumentalizzata e lui ha fatto bene a non dimettersi» —, la brace della polemica continua a covare anche fuori dal palazzo. Vedere per credere le frasi del patron di Eataly, Oscar Farinetti, caustico dai microfoni di Radio 24: «Calderoli non può entrare a Eataly per motivi di igiene. Persone come lui e Borghezio dovrebbero dimettersi da esseri umani. Calderoli è rimasto una scimmia, non ha coscienza e le persone senza coscienza sono scimmie». Replica padana affidata al segretario lombardo Matteo Salvini: «Ecco la sinistra intelligente, aperta e tollerante. Che c… si sparano per vendere due ricotte in più».

Ma non c’è solo la vicenda Calderoli. A Padova ieri è stata condannata a un anno e un mese di reclusione (pena sospesa) e all’interdizione per 3 anni dai pubblici uffici Dolores Valandro, consigliere di circoscrizione leghista (poi espulsa dal partito) che su Facebook, riferendosi al ministro di origine congolese, aveva scritto: «Mai nessuno che se la stupri…». In tribunale si è presentata in lacrime: «Non era mia intenzione insultare un’altra donna, mi è però passato davanti agli occhi un episodio capitato a mia figlia». Infine, altro caso a Trento. Lì Paolo Serafini, ex leghista, sul web ha postato: «Kyenge, torna nella giungla». Alla fine si è scusato, ma il suo gruppo, Progetto Trentino, l’ha messo alla porta.

Armando Di Landro
Anna Gandolfi


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