Fiat e Fiom ai ferri corti anche dopo la Consulta

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TORINO — Non poteva andare peggio. Il primo incontro tra la Fiat e la Fiom dopo la rottura seguita nel 2010 all’accordo separato di Pomigliano è finito con dichiarazioni e comunicati pieni di accuse reciproche. «La Fiat non vuole applicare la sentenza della Corte Costituzionale che impone il rientro in fabbrica dei nostri delegati », ha accusato subito dopo l’incontro Maurizio Landini. «Abbiamo garantito che applicheremo la sentenza. Come spesso gli succede, Maurizio Landini strumentalizza », è stata la secca risposta del Lingotto.
Il vertice non era stato preceduto da segnali incoraggianti. Due giorni fa Sergio Marchionne era tornato negli Usa e la Fiat aveva annunciato che agli incontri con i sindacati previsti ieri ci sarebbe stato solo il responsabile delle relazioni industriali, Pietro De Biase («In Fiat l’assenteismo è un problema», ha ironizzato Landini). In mattinata De Biase ha incontrato i sindacati che hanno firmato gli accordi separati con la Fiat. Non ha annunciato nuovi investimenti in Italia, in particolare a Mirafiori e Cassino. Del resto, se quegli investimenti fossero decisi, li avrebbe annunciati lo stesso Marchionne. I dati sulle vendite di auto in Italia a luglio mostrano tutte le difficoltà del mercato. Per Torino solo parzialmente mitigate dell’eccellente risultato di Ferrari che ha aumentato l’utile netto del 20 per cento nei primi sei mesi. L’ad del Lingotto vedrà i sindacati firmatari degli accordi separati (Fim, Uilm, Fismic e Ugl) all’inizio di settembre. I leader di queste sigle hanno aperto in mattinata un fuoco di sbarramento contro la Fiom: «Se vuole trattare con la Fiat, firmi gli accordi», è stato il leit motiv. «Si leggano la sentenza della Consulta, dice cose diverse», ha replicato Landini.
Il nodo si è riproposto nel pomeriggio nel faccia a faccia tra Fiom e Fiat. Le indiscrezioni parlano di un avvio di confronto pacato. Con la Fiom che offre al Lingotto il ritiro delle cause in cambio dell’agibilità dei diritti sindacali garantita dalla Consulta. La Fiom non avrebbe chiesto di rimettere in discussione accordi separati che pure sul tema della rappresentanza cozzano ormai con la Costituzione. Ma avrebbe chiesto di non essere costretta a firmarli. La Fiat avrebbe replicato che probabilmente la sentenza della Consulta imporrà al Lingotto di riconoscere i delegati dei metalmeccanici della Cgil, ma che non obbligherebbe l’azienda a coinvolgerli nelle trattative, soprattutto di fronte all’opposizione di Fim e Uilm. In questo caso alla Fiom verrebbe riservato un ruolo sostanzialmente irrilevante e la Fiat continuerebbe a trattare con gli altri sindacati. L’incontro si è concluso senza fissare una nuova data. La distanza tra le parti, avrebbe detto l’azienda, è troppo forte.
L’esito negativo dell’incontro ha scatenato la polemica politica. Per il viceministro Stefano Fassina (Pd), «la Fiat, come Berlusconi, fa fatica ad adeguarsi alle sentenze. Marchionne deve rispettare le decisioni della Consulta». Per Nichi Vendola, «se la Fiat non applica la legge si nomini un commissario che la costringa a farlo».


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