il movimento “No Tap” affila le armi

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BARI — C’è il comitato No Tap, c’è il sindaco di Melendugno, c’è l’assessore regionale, ci sono una decina di movimenti ambientalisti e poi anche parlamentari del Pd e movimento Cinque stelle. La crociata dei piccoli sfida il colosso transeuropeo. E il rifiuto del gasdotto di San Foca, la perla turistica dell’Adriatico, infiamma il Salento, divide, fa salire la pressione delle proteste e non solo a Melendugno, il Comune di riferimento, quasi diecimila abitanti, bandiera blu e mare cristallino, dove il sindaco Marco Potì s’è messo anche a distribuire volantini per ricordare che il suo paese «ha una vocazione agricola e turistica incompatibile con la realizzazione di tale opera». «L’obiettivo dell’amministrazione — ha precisato — è tutelare una terra che ha garantito sviluppo e benessere alla sua gente, con le sue acque cristalline ». E ha respinto al mittente l’offerta di quei cinque milioni di euro messi sul piatto dalla società per sostegni allo sviluppo.
E’ una guerra di parole e manifesti, una guerra nella quale i dirigenti Tap, «consapevoli della responsabilità nei confronti del territorio salentino», ha chiarito il country manager Giampaolo Russo, ricordano d’aver posto particolare attenzione al rispetto dell’ambiente e alla sicurezza dell’infrastruttura.
Tap inoltre sottolinea come le emissioni di CO2 del terminale di ricezione saranno pari al massimo allo 0,6% di quelle totali del Comune di Melendugno.
Ma anche Vernole e Castrì, e tutti gli altri centri vicini non ci stanno, preparano le barricate e temono l’impatto per ora politico e mediatico dell’opera che secondo amministratori e ambientalisti comprometterebbe le immense praterie sottomarine di Posidonia oceanica. E c’è paura anche per gli arenili di Torre dell’Orso e San Basilio, quest’ultimo a pochi metri dalla falesia di Cassano che Tap dovrebbe perforare per lo sbarco del gasdotto. «Qui a San Basilio è ormai certificata — spiega il comitato No Tap — la nidificazione della tartaruga marina Caretta caretta». E poi ci sono le aree di macchia mediterranea dietro le dune e l’estesa palude di Cassano. Secondo il comitato «non esiste alcun accordo con le comunità e le amministrazioni locali per la realizzazione del gasdotto». E il suo presidente Alfredo Fasiello in consiglio provinciale ha tuonato: il gas che attraverserebbe l’Adriatico per fermarsi sulle sponde del Salento non servirebbe all’Italia, ma alle centrali turbogas svizzere. «Siamo solo una terra di conquista, come nei Paesi sottosviluppati», ha aggiunto.
La miccia è anche politica. Il deputato del Pd Antonio Decaro ha presentato un’interrogazione ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente: vuole sapere «quali iniziative intendano assumere, d’intesa con la Regione Puglia, per garantire che a valle di una puntuale verifica delle compatibilità ambientali e della migliore localizzazione possibile, sia realizzato un unico tratto terminale per le due infrastrutture previste». E la senatrice grillina Barbara Lezzi lo definisce «un affronto al territorio»: «Grecia e Albania devono siglare accordi con gli investitori. Privilegio che all’Italia non è dato».


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