Pd, la direzione rinvia sulle regole Sfida del premier per il sostegno pieno

Loading

ROMA — Tre giorni fa, quando Guglielmo Epifani è andato nello studio di Enrico Letta per rinsaldare il patto di governo, al momento di accomodarsi lo ha visto incerto tra divano e poltrona. «Tu dove ti siedi, Enrico?», ha chiesto al premier il segretario del Pd. E il capo dell’esecutivo: «È lo stesso… Io cambio sempre posto, così non mi abituo troppo a Palazzo Chigi». Incertezza e precarietà, ecco il clima che regna ai piani alti della presidenza del Consiglio, dove però i collaboratori di Enrico Letta lo descrivono «sereno, determinato e concentrato sulle cose da fare». Stasera l’ex vicesegretario parlerà alla direzione del Pd e ribadirà i concetti che più gli stanno a cuore in questa tormentata fase: «Non governerò a tutti i costi per strappare un giorno in più e vi prometto che non ho alcuna voglia di farmi logorare. Si va avanti, ma solo se ci sono le condizioni».
Su questa linea si muoveranno, sia pure con accenti diversi, il segretario e il premier. Il quale rilancerà l’obiettivo di non chiudere l’esperienza del governo prima che si sia concluso il semestre di presidenza italiano della Ue, seconda metà del 2014, al quale Letta tiene infinitamente: ieri ha presenziato alla riunione istitutiva del relativo Comitato. Nel Pd raccontano che il premier sia rimasto spiazzato dai toni con cui Epifani ha chiuso a Berlusconi ogni spiraglio verso l’«agibilità politica», mettendo nel conto (per la prima volta) la fine delle larghe intese. Ma a Palazzo Chigi smentiscono frizioni con il leader del Pd, assicurano che il contenuto dell’intervista è assolutamente condiviso e sottolineano come Letta ed Epifani si trovino, giocoforza, a interpretare ruoli diversi. Uno più istituzionale e l’altro più muscolare, nel tentativo di tenere unito il Pd secondo la formula «un partito forte rafforza il governo».
Subordinare la stabilità dell’esecutivo al rispetto della legge è un concetto che il Pdl ritiene esplosivo, un falò destinato a ridurre in polvere le larghe intese. Ma, seppure fosse preoccupato per l’accelerazione impressa da Epifani, nella bufera scatenata dalla condanna di Berlusconi, il premier non può che giovarsi della posizione di un segretario che tiene alta la guardia, compattando il Pd e tenendo a bada il Pdl. E c’è un altro aspetto che a Letta non sarà sfuggito, il fatto cioè che il muro alzato da Epifani serve anche a ridurre i margini di manovra di Matteo Renzi.
Il sindaco è tornato in scena e ha strattonato Letta dandogli del «doroteo», provocazioni alle quali (per ora) Letta non intende reagire: da Palazzo Chigi fanno sapere che il premier non ha avuto tempo per assistere alla diretta di Renzi, perché al lavoro con Saccomanni. Il sindaco morde il freno e chiede a Epifani di rispettare i patti. «Si faccia il congresso entro l’anno — ammonisce il renziano Angelo Rughetti —. No a ulteriori rinvii che potrebbero nuocere alla stabilità». La fronda antigovernativa guidata da Bettini, Puppato, Gozi e Pittella vuole andare a votare il prima possibile e lo scrive in un documento, nero su bianco. I renziani sono in rivolta perché nell’ordine del giorno di oggi non si fa cenno alle regole delle primarie. «Incredibile», denuncia il renziano Davide Faraone.
Il cuore dello scontro è il congresso, con i deputati «non allineati» che chiedono il «coraggio» di fissare «date certe». Epifani rinvia all’assemblea nazionale di metà settembre, ma i renziani (e non solo loro) sentono puzza di bruciato. Il sospetto è che l’ala ex Ds del partito, da Bersani a D’Alema, si stia rinsaldando e mediti di andare a votare. Se si va a elezioni il congresso salta, Epifani resta al Nazareno, Renzi rinuncia a guidare il Pd e si candida a Palazzo Chigi… Questo il disegno che alcuni auspicano e altri temono, seminando indizi: perché Epifani ha evocato la fine delle larghe intese? E Bersani, che gioco sta giocando? Ieri Letta ha voluto vederlo, per cercare un chiarimento e capire quanto l’ex segretario intenda spingere verso le urne.
E Massimo D’Alema? È vero che su L’Unità l’ex premier definisce il voto anticipato «un atto folle», ma nel Pd molti sottolineano un passaggio in cui chiede a Letta un «cambio di passo» e una «seria verifica» di governo. Letta osserva con rispetto le mosse dei compagni, pronto però a rafforzare l’avviso di due giorni fa: «Spero che i partiti evitino di ricominciare con giochi e giochini, nell’interesse del Paese». Tra Letta e Renzi sarà duello a distanza, perché il sindaco non ha in programma di proferire parola dal palco della direzione. Intanto però fa le prove della campagna elettorale. «Come dice Epifani — guarda già al voto Rughetti — il Pd sia pronto a tutto». Anche il premier è pronto a tutto, pure a raccogliere da Renzi il guanto della sfida. «Letta non ha alcuna fretta di votare — conferma Marco Meloni —. Ma ci tiene a guidare un governo che mantenga il profilo alto. Se invece non sarà possibile…».
Monica Guerzoni


Related Articles

Comunali, la partita della nazione

Loading

Elezioni. Si vota solo per le città, ripete il premier-segretario. Ma tutte le forze in campo giocano in realtà un match che va oltre le comunali. Renzi cerca lo sprint per il referendum, l’M5S un rampa di lancio per palazzo Chigi. A destra scontro sulla leadership

Pdl in piazza: «Vogliono azzerarci»

Loading

Caso De Gregorio, i pm: Berlusconi a processo. Domani protesta a Brescia

Un Pd nuovo e con Vendola

Loading

Includere Sel. La proposta del ‘giovane turco’ «per non tornare al voto con lo stesso schema di prima: dobbiamo ascoltare il paese fino in fondo»
MATTEO ORFINI «Renzi sbaglia, non si può fare un governo con il Pdl

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment