Dove vanno i migranti

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Mai così tante persone come oggi vivono fuori dal proprio paese: 232 milioni, cioè il 3,2 per cento della popolazione mondiale. Nel 2000 erano 175 milioni e vent’anni fa 154 milioni. L’Asia e l’America Latina sono le due principali regioni di partenza: 19 milioni di migranti asiatici si sono trasferiti in Europa, 16 milioni in America del nord e circa 3 milioni in Oceania. Dei 17 milioni di migranti originari dell’America centrale, Messico incluso, più di 16 milioni vivono negli Stati Uniti. Molti migranti hanno tra i 20 e i 64 anni (circa i due terzi del totale). A livello globale, il 48 per cento delle persone che non vivono nel loro paese di origine sono donne.

Le destinazioni. Europa e Asia ospitano circa i due terzi di tutti i migranti stranieri del mondo. L’Europa resta il continente più ambito (con 72 milioni di migranti), e al suo interno la Germania e la Francia raccolgono le più grandi comunità di stranieri; l’Asia è quello in cui il numero di migranti dall’estero è aumentato di più negli ultimi dieci anni (ora sono 71 milioni).

Paesi con il maggior numero di migranti stranieri nel 2000 e nel 2013, milioni

Gli Stati Uniti sono al primo posto tra i paesi di destinazione (45 milioni di migranti). Tra i primi dieci paesi per numero di migranti stranieri ci sono poi gli stati dell’Europa occidentale, il Canada e l’Australia, ma anche l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Oltre ai paesi produttori di petrolio del Medio Oriente, hanno attirato molta forza lavoro straniera anche le economie in rapido sviluppo del sudest asiatico (per esempio Malesia, Singapore e Tailandia).

Lo stato con la più alta percentuale di migranti rispetto alla popolazione totale è Città del vaticano (100 per cento), quello con meno migranti è Tuvalu, un’isola della Polinesia dove abitano 148 persone provenienti dall’estero su un totale di 10mila abitanti.

Quindi la maggior parte dei migranti stranieri proviene da paesi con economie emergenti, ma tra di loro il numero di quelli che si sono stabiliti in un paese sviluppato negli ultimi anni è circa lo stesso di quelli che si sono trasferiti in uno stato in via di sviluppo. Questa migrazione tra paesi in via di sviluppo in parte riflette le opportunità delle economie emergenti e l’immobilità di quelle consolidate. Inoltre, al di là del fattore economico, per molti migranti spostarsi in paesi in via di sviluppo è più semplice per leggi meno rigide sull’immigrazione, per reti familiari e sociali che favoriscono gli spostamenti, o per semplice vicinanza geografica.

Quale impatto hanno questi spostamenti? Non è chiaro: dati affidabili sulle migrazioni sono difficili da raccogliere, e i loro effetti sono ancora più oscuri. Molti migranti si spostano in modo illegale e questo limita l’attendibilità delle statistiche, e valutare l’impatto delle migrazioni temporanee è complicato. Ma molti economisti sostengono che in generale la migrazione aiuti l’economia a crescere: secondo Michael Clemens, del Center for global development (un istituto non profit con sede a Washington che studia lo sviluppo globale), se eliminassimo le barriere alla migrazione il prodotto interno lordo potrebbe aumentare del 20 o anche del 60 per cento.

(Anna Franchin)

Per saperne di più

  • I dati del rapporto 2013 delle Nazioni Unite sulla migrazione straniera e alcuni grafici del Guardian.
  • Nel giugno del 2013 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico(Ocse) ha pubblicato un rapporto che mostra come l’immigrazione abbia un impatto positivo sulle casse degli stati.
  • Un articolo pubblicato a fine aprile 2013 dalla rivista statunitense Atlantic che riporta il punto di vista di alcuni economisti su immigrazione e apertura delle barriere.

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