Letta: Italia umiliata. Serve un chiarimento

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NEW YORK – «Una vera umiliazione: mentre parlavo all’assemblea dell’Onu dove rappresentavo tutta l’Italia, non me stesso, in sedi istituzionali del nostro Paese sono successe cose assai gravi. Quanto accaduto ieri a Roma non ha umiliato me ma tutta l’Italia. A questo punto è necessario un chiarimento che deve avvenire in tempi rapidi e va fatto non nelle stanze della politica, ma davanti ai cittadini, in Parlamento».
Enrico Letta ha appena finito di parlare con gli studenti della Columbia University nella «Rotunda» della celebre accademia newyorchese (dove il rettore che ha moderato l’incontro l’ha presentato come «Gianni», scusandosi subito dopo per l’errore). Sorridente, cordiale, pronuncia un discorso pieno di fiducia sul futuro dell’Europa, sulla necessità di reagire alle avversità rilanciando l’economia e creando nuovi meccanismi di «governance». Poi risponde alle domande degli universitari e anche di alcuni studenti liceali. Ma pochi minuti dopo quello che incontra i giornalisti nell’Italian Academy dell’ateneo è un premier assai diverso: indignato, risentito, se non addirittura furioso. Deciso a reagire.
Si andrà a un voto fiducia? «Le modalità di questo chiarimento — chiarimento, non verifica, una parola del vecchio linguaggio della politica che io non uso — le definiremo insieme al presidente della Repubblica che incontrerò appena rientrato da New York», spiega Letta. «Ripartirò nella notte (ieri notte per chi legge, ndr ) dopo aver incontrato il presidente iraniano Rouhani e aver presentato agli americani l’Expo Milano 2015. Appena atterrato farò la doccia e andrò subito al Quirinale da Napolitano».
Il presidente del Consiglio non parla esplicitamente di fiducia anche per rispetto nei confronti del capo dello Stato che, tiene a sottolineare, è visto da tutti i leader della comunità internazionale incontrati nella settimana dell’Onu come «il punto di riferimento centrale dell’Italia, una guida ferma per il Paese». Ma fa capire che anche quell’ipotesi è in campo e che lui non si limiterà a cercare di ricucire strappi. Ci torna su più volte scandendo le parole: «È indispensabile un chiarimento tanto nel governo quanto in Parlamento su dove vogliamo andare». Cita la dura sortita di Napolitano che dice di «condividere parola per parola» e aggiunge che adesso «ognuno si deve prendere le sue responsabilità: abbiamo sul tavolo la legge di Stabilità che deve essere presentata entro metà ottobre. È la legge che chiude questa fase di avvio del governo e ci proietta verso il 2014: è il bilancio che facciamo noi, per la prima volta senza imposizioni della Ue perché siamo usciti dalla procedura di deficit eccessivo. È la nostra occasione per darci un vero piano di rilancio dell’economia ora che la fase recessiva sta terminando».
I giornalisti chiedono di Berlusconi: qualcuno negli incontri avuti da Letta a New York ha parlato di «elefante nella cristalleria». Altri hanno sentito usare l’espressione «colpo di Stato» e sono molto colpiti. Letta, che a New York ha incontrato anche leader delle grandi aziende e altri personaggi come il probabile prossimo sindaco di New York, Bill de Blasio ed Henry Kissinger, ha ascoltato molti giudizi severi sull’atteggiamento del leader del centrodestra, ma non è su questo che vuole soffermarsi.
Il premier torna a definirsi offeso da quanto accaduto: «Lo dico pesando le parole, io qui ho usato tutte le mie forze, le mie competenze, per dare l’immagine di un Paese stabile, affidabile, giovane, dinamico, sul quale vale la pena scommettere». Ma respinge espressioni come «golpe»: «Non c’è nessun colpo di Stato, in Italia c’è lo Stato di diritto, ma quello che è avvenuto è inammissibile. Capisco il disagio e la profonda riflessione interna di una forza politica che è nata sulla leadership di Berlusconi. Ma ho detto fin dall’inizio che l’unico modo per uscire da questa situazione è tenere separata la vicenda giudiziaria da quella politica. Un atteggiamento da “muoia Sansone con tutti i filistei” non giova a nessuno: non a Berlusconi o al Pdl né, tantomeno, all’Italia».
Cosa rimane, alla fine di questo viaggio tormentato dalle convulsioni politiche italiane? «Un rinnovato interesse degli investitori per l’Italia» risponde Letta. Il quale, proprio a New Yok, ha incassato il pieno appoggio del capo di Fiat e Chrysler Sergio Marchionne: «Enrico è una persona forte che trasmette sicurezza, spero continui. La sua missione qui a New York è stata un grande successo, ha fatto un’ottima impressione».
Massimo Gaggi


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