Il premier: netta separazione tra governo e caso giudiziario

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ROMA —«Un atteggiamento pilatesco e sconsiderato. Tentare di galleggiare nel mare in tempesta non è mai stata una decisione saggia». Per Mara Carfagna, ex ministro, ex pupilla del Cavaliere, oggi parlamentare, se Letta non interviene è come Pilato.
Per Palazzo Chigi invece non è cambiato nulla da quando la questione è all’attenzione del dibattito: qualsiasi pressione indebita sul governo, prima del 2 ottobre, data della rinnovata fiducia parlamentare, era considerata «un ricatto»; oggi, di fronte ad un Cavaliere che non viene più considerato in grado di provocare una crisi, le pressioni per un intervento legislativo vengono derubricate agli aggettivi «inaccettabile» o «irricevibile».
Berlusconi afferma che se Letta volesse «avrebbe un’autostrada» per risolvere il nodo dell’irretroattività della legge Severino. Letta risponde con una constatazione molto semplice: proprio il 2 ottobre, il giorno dello strappo di Alfano e del Cavaliere che esce sconfitto dal suo tentativo di provocare la crisi, la nuova fiducia fu votata anche sul concetto di «netta separazione» fra la vita del governo e la vicenda giudiziaria dell’ex premier. Anche su questo punto, rimarcato in modo molto chiaro dal premier nell’Aula del Senato, l’esecutivo è ripartito ed è ovvio che in assenza di novità non sarebbe possibile comportarsi in modo diverso.
Ciò che al momento accade in Senato, in Giunta, fa parte di una normale prassi parlamentare, delle normale dialettica politica, anche aspra, ma che vede nel Parlamento un organo totalmente diverso dal governo: i due piani non possono incrociarsi; se esiste una legge, la Severino, vigente e formalmente non viziata di incostituzionalità, l’unico motivo di intervento per l’esecutivo potrebbero essere una sentenza della Consulta o un atto parlamentare di indirizzo. Non è un auspicio ovviamente, viene aggiunto a Palazzo Chigi, «è normale grammatica istituzionale di un Paese serio».
Sono paletti che tutti conoscono, ma che nel Pdl fanno finta di non conoscere, aggiungono fonti governative per le quali dal giorno del 2 ottobre è nata una nuova maggioranza, il cui garante, a destra, è Angelino Alfano. Il primo a tenere distinti i due piani, governo-decadenza, è stato infatti proprio il vicepremier. Che non avrebbe affatto cambiato idea sulla linea tenuta in Senato.
E secondo alcune indiscrezioni proprio Alfano, come del resto Letta, avrebbero ricevuto da Renzi l’assicurazione che il sindaco di Firenze non provocherà una crisi. Una garanzia, per quanto traballante, che aiuterebbe il ministro dell’Interno a tenere la sua posizione. Ragioni che al momento lasciano il presidente del Consiglio ragionevolmente fiducioso, convinto che il governo andrà avanti nel 2014, nonostante gli scossoni dell’iter della decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore.
Il resto sono fibrillazioni interne al Pdl, che Letta ovviamente segue, ma con il rispetto che si deve alla vita di un partito che non è il suo e che sta conoscendo una fase di evoluzione in parte drammatica.
Ieri il presidente del Consiglio ha ricevuto il senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, Mario Monti, che si è appena dimesso, qualche giorno fa, dalla guida di Scelta civica. Insieme hanno esaminato le diverse questioni legate alla legge di stabilità e ai prossimi appuntamenti europei e si sono ripromessi di continuare a consultarsi.
Marco Galluzzo


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