Vaticano, oggi l’addio di Bertone finisce l’era del vice-papa ecco la nuova Curia di Francesco

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CITTÀ DEL VATICANO — Inizia oggi una nuova era per la segreteria di Stato vaticana. Dopo gli anni del “vice-Papa” Tarcisio Bertone, il cardinale che si era fatto annunciare come l’uomo del «più Vangelo e meno diplomazia», comincia il tempo del vicentino monsignor Pietro Parolin. Il diplomatico, dal 17 agosto del 2009 nunzio apostolico in Venezuela, forte di una precedente lunga esperienza in segreteria di Stato, viene chiamato a normalizzare — c’è chi dice anche a ridimensionare — l’intero ministero vaticano. Un organismo che sotto la guida di Bertone ha visto intrecciarsi pericolosamente politica e affari, profano e sacro. Certo, è difficile dire come il Consiglio degli otto cardinali convocato da papa Francesco per riformare la curia romana andrà a ridimensionare nei prossimi mesi struttura e funzioni della stessa segreteria. Eppure, di certo, poco di qui in avanti sarà uguale a prima.
Papa Francesco vuole riportare la segreteria entro i suoi ranghi, un dicastero sì «di Stato», ma anche — e soprattutto — «papale», come lo definisce la costituzione apostolica “Pastor Bonus” di Giovanni Paolo II del 1988: «Secretaria Status seu papalis», recita il testo. E cioè anche una segreteria «del Papa», che aiuti Francesco nel disbrigo degli affari interni e nei rapporti con l’esterno, perdendo però quella funzione di centralità all’interno dell’intera curia che l’ha fatta essere per anni come una sorta di imbuto, di collo di bottiglia, entro il quale naufragavano le informazioni che dalla periferia della stessa curia, e anche della Chiesa, dovevano arrivare in alto, e cioè al Papa. A questo intasamento, in fondo, più che ad altro, si deve l’esplodere di Vatileaks: i cardinali e i vescovi che non riuscivano a dialogare con Benedetto XVI scelsero di far uscire tramite canali poco ortodossi documenti riservati per cercare di far arrivare le notizie e le informazioni fin dove non era loro consentito, mentre dalle sue stanze all’interno del palazzo apostolico Bertone governava una nave amaramente destinata a perdersi alla deriva. Joseph Ratzinger si accorse che poco girava a dovere. E per salvare il salvabile, oltre che per un affaticamento fisico comunque non trascurabile in un uomo della sua età, non poté fare altro che dimettersi. Tanto che per molti, a conti fatti, è stata la rinuncia la sua più grande azione di governo durante i quasi sette anni di un papato travagliato.
Ora nulla sarà più come prima. In una curia romana già rivoluzionata dalla decisione di Francesco di abitare a Santa Marta, l’arrivo di Parolin è destinato a
spostare ancora di più l’asse di governo e gli equilibri interni: dal palazzo apostolico verso il «convitto », dalle stanze del potere alle camere dell’“albergo” della Santa Sede.
Negli ultimi anni è stato Bertone ad avere di fatto in mano anche le sorti delle finanze vaticane. Nei posti che contano ha portato i propri fedelissimi: anzitutto il banchiere Ettore Gotti Tedeschi alla presidenza dello Ior, salvo poi detronizzarlo una volta accortosi della sua troppo esuberante volontà di trasparenza. I cardinali Domenico Calcagno, Giuseppe Versaldi e Giuseppe Bertello rispettivamente all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, alla Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, e al governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Ora le finanze saranno drasticamente rivoluzionate. E molto del loro controllo potrebbe passare nelle mani di Bertello, unico
curiale membro del Consiglio degli otto, ma soprattutto porporato che ha saputo prendere le distanze da Bertone, crearsi un suo profilo, guadagnare la stima e la fiducia del Papa.
Bertone ha guidato anche “ad extra” la segreteria di Stato verso lidi inediti, con risultati che hanno fatto discutere. Era il 25 marzo del 2007 quando egli aprì una ferita con la Conferenza episcopale italiana dalla quale ancora oggi escono sangue e veleni. Il giorno dell’insediamento del nuovo presidente Angelo Bagnasco al posto di Camillo Ruini, infatti, Bertone scrisse un messaggio di saluto nel quale rivendicava alla propria persona, in quanto segretario di Stato, la guida della Chiesa italiana per quanto concerne i rapporti con le istituzioni politiche. L’invasione di campo non portò grandi risultati. Tanto che nei mesi scorsi Francesco ha esplicitamente chiesto che la palla torni in mano ai vescovi, seppure non è una Chiesa militante e schierata che il Papa desidera, quanto una Chiesa che, rimanendo un passo indietro, sappia richiamare tutti all’essenziale, e cioè al bene comune.
La nomina di Parolin era stata annunciata il 31 agosto scorso, dopo l’accettazione delle dimissioni di Bertone da parte di Bergoglio. Al passaggio di consegne previsto per questa mattina è presente Francesco. Con lui anche i superiori e gli officiali della segreteria di Stato. Il Papa terrà un discorso, ringrazierà come consuetudine il cardinale uscente, e probabilmente farà comprendere quale ruolo esattamente debba ricoprire di qui in avanti la stessa segreteria all’interno della Chiesa e nel contesto mondiale.


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