I «lealisti» contro Alfano Attacco alla legge di stabilità

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ROMA — La situazione resta bloccata, con poche vie d’uscita. Ma nessuno, allo stato, ha la forza o la voglia di imprimere quell’accelerazione che potrebbe portare a un chiarimento o a una rottura.
Il Pdl resta un partito spaccato, con l’ala lealista fedelissima a Berlusconi da una parte e quella degli Innovatori di Alfano dall’altra, e non sembra, a quarantotto ore di distanza, che l’incontro tra il leader e il suo ex delfino abbia portato risultati concreti.
A detta delle colombe, in realtà, lo spazio per lavorare ad un’intesa c’è: se il Cavaliere accetta di «non buttare all’aria il governo né sulla decadenza né sulla legge di stabilità», che potrà essere cambiata di poco ma non stravolta, e se concederà ai governativi «una rappresentanza congrua e una divisione del potere interno al 50% per la definizione delle liste, prendendo atto che ormai nel Pdl coesistono due partiti», allora si potrà continuare ad andare avanti insieme, come lo stesso Berlusconi vorrebbe.
Ma le condizioni di Alfano e dei suoi — che passano per un ruolo visibile o allo stesso ex segretario o a un suo fedelissimo come Lupi che potrebbe avere la carica di coordinatore assieme a un rappresentante dei falchi — già vengono, se non respinte, perlomeno fortemente osteggiate dai lealisti. Berlusconi avrà la parola definitiva, e allo stato ognuno è convinto che prenderà la posizione della propria parte. Di sicuro c’è che rivedrà Alfano domani o martedì, forse ad Arcore, ma i lealisti già avvertono che non saranno disponibili a regali all’«avversario». «Noi — dicono da via dell’Umiltà — abbiamo già in mano 600 firme su 800 in vista del Consiglio nazionale, possiamo ancora crescere e le consegneremo vistate e vidimate a Berlusconi in settimana». E se così fosse davvero, a quel punto «non ci staremmo a concedere ai governativi un ruolo di primo piano nel partito: valgono il 20%? E quello si prendano, senza pretendere nulla di più. Oppure se ne vadano, se ne hanno il coraggio…».
Discorsi duri che, assicurano, Berlusconi in buona parte condividerebbe, perché con Alfano sarebbe stato chiaro: firmate il documento uscito dall’ufficio di presidenza, fidatevi di me e poi vedremo che fare sul governo. Percorso che agli Innovatori non va giù: «Noi abbiamo almeno 250-300 firme», assicura Fabrizio Cicchitto, avvertendo che il gruppo non accetterà pedissequamente di votare il documento dell’ufficio di Presidenza che ha accenti molto duri sia sul governo che sulla definizione di «inaccettabile» rispetto a un voto di maggioranza favorevole alla decadenza di Berlusconi.
Insomma, lo scenario resta apertissimo. E lo sarà almeno fino a quando si consumeranno tre eventi: il primo è il Consiglio nazionale, che i falchi vogliono anticipare al week-end del 16-17 novembre come probabilmente avverrà. Il secondo, e forse più importante, è la legge di stabilità: nel Pdl i toni si fanno sempre più duri, perché come dice Osvaldo Napoli «non si vede come potremmo spiegare al nostro popolo che, oltre a subire la decadenza, il no al ricorso alla Consulta per Berlusconi, dobbiamo inghiottire anche provvedimenti che anziché diminuire aumentano le tasse. Anche i ministri dovrebbero porsi questo problema…». E infatti Sandro Bondi, rivolgendosi a Cicchitto e chiedendogli «unità», vorrebbe ancorare a questa posizione anche i governativi, oltre ai mediatori come Gasparri che già sul tema è più che sensibilizzato: «Se non cambia radicalmente almeno sul nodo della casa, io quella legge non la voto di certo». Il terzo nodo è appunto l’eterna questione della decadenza, che però da un punto di vista temporale potrebbe davvero arrivare per ultima, a fine novembre. Quando insomma gli equilibri nel partito e la possibilità di trovare un accordo o meno sulla legge di Stabilità saranno fatti assodati.
Saranno dunque due settimane di fuoco quelle che attendono un Pdl in cui la parola di Berlusconi è diventata sempre più decisiva, ma resta un’incognita. Perché l’ambiguità della sua posizione, sia sulla durata del governo che sugli effetti del voto sulla decadenza, resta intatta. E appaiono così più rumori di fondo che veri tuoni quelli che arrivano da un partito che resta spaccato, dove comunque vada nulla sarà più come prima.
Paola Di Caro


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