I Cucchi: sì al risarcimento, ma vogliamo giustizia

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ROMA — La famiglia di Stefano Cucchi, il trentunenne arrestato sano il 15 ottobre 2009 e trovato morto sei giorni dopo nel reparto carcerario dell’ospedale Sandro Pertini, con la schiena rotta e altre lesioni sul corpo, ha accettato il risarcimento dall’assicurazione dei sei medici condannati in primo grado per omicidio colposo. In totale la compagnia ha corrisposto un milione 340mila euro alla famiglia del geometra: alla madre Rita, al padre Giovanni, alla sorella Ilaria e ai due figli di questa. I genitori e la sorella si erano costituiti parte civile nel processo di primo grado che si è concluso con la condanna dei medici e l’assoluzione per tre infermieri e tre agenti di polizia penitenziaria.
«Abbiamo accettato», spiega Ilaria Cucchi, «perché con il risarcimento, quei sanitari si riconoscono di fatto colpevoli chiedendo implicitamente perdono per la loro negligenza». «L’abbiamo fatto», continua, «anche perché temevamo che, di fronte a un’amnistia o a un indulto, l’avrebbero comunque fatta franca: sarebbe insomma stata vana ogni azione giudiziaria nei loro confronti».
In queste ore Ilaria e l’avvocato di famiglia, Fabio Anselmo, hanno ripetuto che la compagnia assicuratrice aveva offerto un risarcimento più alto al quale i Cucchi avevano però opposto un netto rifiuto: «Nella trattativa con il nostro legale», spiega Ilaria, «l’assicurazione aveva proposto un importo maggiore, a patto che avesse la funzione di pietra tombale sull’intera vicenda: avrebbe dovuto coprire, cioè, con la responsabilità dei medici, anche quelle degli agenti di polizia penitenziaria che noi riteniamo essere gli autori delle principali cause della morte di Stefano. Alla fine abbiamo pattuito il risarcimento del danno per la morte di Stefano, ma non per la sua sofferenza causata da un altro danno, quello delle lesioni che ce l’anno portato via».
Ora la famiglia Cucchi annuncia: «Continueremo a chiedere verità e giustizia per Stefano ». «Una verità a 360 gradi», precisa Anselmo, «così come il procuratore generale invita la Corte d’appello a fare quando raccomanda di esercitare un’esplorazione ampia “su tutti i fatti” relativi alla morte di Stefano e, soprattutto, “su tutte le configurazioni giuridiche più appropriate” ». In definitiva, il procuratore generale ha sollecitato la Corte a esaminare il tema processuale che da sempre sta più a cuore alla famiglia Cucchi e al suo legale: Stefano non sarebbe morto senza il pestaggio nei seminterrati del palazzo di giustizia dove stava aspettando l’udienza per la conferma della custodia cautelare. «Sono state quelle percosse», argomenta Anselmo, «ad aver causato prima il ricovero e poi la sua morte ». Ma Ilaria aggiunge: «Restano poi ancora da chiarire il ruolo e le responsabilità dei carabinieri ».
L’accordo tra la compagnia assicuratrice e i familiari di Stefano non impedirà a questi ultimi di costituirsi come parte civile nel processo d’appello che prenderà il via nei primi mesi dell’anno prossimo. I Cucchi contestano l’assoluzione dei tre agenti di custodia che, accusati dai pm di avere «pestato» Stefano nelle celle del palazzo di giustizia, sono stati poi assolti. La stessa procura, nei giorni scorsi, ha proposto appello per tutti gli imputati, contestando sia la condanna dei medici, valutata lieve, sia l’assoluzione per infermieri e agenti di custodia.


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