Niente Aula, la rinuncia a Porta a Porta «Oggi comincia la campagna elettorale»

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Avvio di cosa? Di una campagna elettorale, habitat preferito di Berlusconi. Lunga o breve? «Più sarà lunga più farà male al Paese — dice Sandro Bondi —. Ormai prevalgono soltanto istinti bestiali». Ma sarà il regolamento di conti fra Renzi e Letta a decidere la data di scadenza del governo, ripete Berlusconi, e dopo di lui tutti i dirigenti di Forza Italia. «Letta, comunque, dopo l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza, deve andare al Quirinale e dimettersi, casomai per chiedere di nuovo la fiducia, per un altro governo»: Berlusconi ha ripetuto questo ieri a chi è andato a trovarlo a Palazzo Grazioli. Lo schema predisposto per oggi (può cambiare, se Berlusconi cambia idea) è il seguente. Berlusconi non va a difendersi in Senato, dove peraltro dall’inizio della legislatura è stato assente nel 99 per cento delle votazioni (dati l’Espresso ). Scenderà invece a parlare sotto Palazzo Grazioli. Al Senato il caso decadenza dovrebbe essere avviato intorno alle 11, con la lettura della relazione Stefàno, presidente della giunta per le Autorizzazioni. A via del Plebiscito si comincia verso le 15. Era stato predisposto un programma di interventi, i capigruppo Brunetta e Romani e una donna, forse Michaela Biancofiore, ricevuta ieri pomeriggio da Berlusconi. Lei, Biancofiore, «vittima» di Letta: dopo la sentenza della Cassazione su Berlusconi — agosto scorso — diede le dimissioni assieme agli altri ministri pdl, il capo del governo accettò solo le sue. Denis Verdini però insiste affinché Berlusconi sia il solo a parlare, intorno alle 16.30, durante il dibattito sulla relazione di Stefàno. Davanti — è l’auspicio — almeno a diecimila persone.
«Con Silvio difendiamo la Costituzione, la democrazia, la libertà», dice il logo della manifestazione. Berlusconi tornerà sulle sue verità, le «cinque verità», come era scritto sul frontespizio del documento portato ieri ai gruppi parlamentari. La persecuzione: per la decadenza di Previti ci volle un anno e mezzo, per la sua quattro mesi; non si è voluta interpellare la Consulta sulla retroattività della legge Severino; si è cercato a ogni costo il voto palese; non si è accettato neanche l’ultimo salvagente lanciato da Casini per un rinvio. Molto apprezzato, il gesto di Casini (che sarà appoggiato oggi dagli alfaniani del Ncd, ha detto Sacconi). E ci sono le nuove «carte americane» per la riapertura del processo.
Poi, lo sguardo puntato sul futuro. Berlusconi non si ritira in campagna e neanche in Africa (come fu tentato di fare — ha detto sabato — dopo le dimissioni da premier). Berlusconi combatte. Contro Letta e Alfano, con un passaggio sul capo dello Stato che non li rimanda alle Camere. Contro le tasse, contro le politiche dei Paesi che dominano in Europa e affamano gli altri. E il probabile annuncio di dimissioni dei sottosegretari di Forza Italia rimasti, Santelli, Micciché, Girlanda e Archi.Dopo il discorso si attenderanno i voti sugli ordini del giorno contrari alla decadenza, voluta dalla relazione Stefàno. Dovrebbero essere pochi, gli odg, perché tirarla lunga significa prolungare la sofferenza, sempre secondo Verdini.
La campagna elettorale comincia. Oggi Mediaset copre l’intera giornata della decadenza. Berlusconi sarebbe dovuto anche andare in Rai, a Porta a Porta , ma alla fine ha rinunciato: «Ci ha fatto sapere — ha spiegato Bruno Vespa — che pressioni familiari lo hanno indotto a scegliere di rientrare ad Arcore prima del voto di decadenza e dopo il comizio». Ma cosa farà il Cavaliere se non arriveranno presto le elezioni? «Faremo un’opposizione di tipo europeo, non distruttiva ma implacabile», dice Osvaldo Napoli. I sondaggi dell’ultima settimana (Tecné, Emg, Ipr, Swg) sono di conforto: centrodestra (fra 37 e 34,5 per cento) in testa sul centrosinistra (fra 33 e 31 per cento). Sullo sfondo, il grande timore di Berlusconi, che un giudice, da Napoli o Milano, firmi il suo arresto. Ieri ha scherzato ai gruppi: «Verrete a trovarmi a San Vittore…». Ma poi ha gridato e griderà oggi: «Io non ho paura di nessuno!».
Andrea Garibaldi


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