Opg: un tour per dire basta

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Un cavallo di cartapesta per chiedere la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, i famigerati Opg. Il sogno dell’innovatore della salute mentale Franco Basaglia è ancora lontano, così gli organizzatori di stopopg.it si sono inventati il “Viaggio di Marco Cavallo”. Uguale a quello azzurro, alto quattro metri, che quarant’anni fa sfondò il muro di cinta del manicomio di Trieste, seguito da centinaia di ricoverati, diventando il simbolo della loro liberazione.

Nonostante la legge che nel 2011 ne ha stabilito la chiusura, i sei Opg italiani infatti sono ancora in funzione: l’ennesima proroga ha spostato l’addio ai reparti ad aprile 2014. Così, ancora adesso, oltre mille persone restano internate, rinchiuse in luoghi che rappresentano «un oltraggio alla coscienza civile del nostro Paese, per le condizioni aberranti di vita», denunciano dal comitato nazionale che riunisce decine di associazioni in tutta Italia, dalla Cgil all’Auser, fino a Gruppo Abele e Arci.

IL VIAGGIO: 18 CITTÀ PER UN CAVALLO Il sistema repressivo è il contrario della terapia per i “matti”. Per questo motivo Marco Cavallo continua il suo galoppo verso l’inarrestabile processo di cambiamento, in sella alla Legge 180. Partito il 12 novembre dal Parco di San Giovanni dove è iniziata la rivoluzione di Basaglia, il tour-cavalcata ha toccato ex manicomi, università, teatri, sedi di sindacati e associazione fino all’incontro a Roma con il presidente del Senato Piero Grasso il 21 novembre: «Sono particolarmente lieto di poter accogliere oggi questo cavallo di legno e cartapesta, simbolo di una battaglia iniziata nel 1973 e che, pur tra tante difficoltà, ancora continua».

Rimesso in piedi con i resti dell’originale, ha macinato 3.400 chilometri per fare cortei e spettacoli teatrali, reading e incontri in diciotto città piccole e grandi. Al Campus Einaudi con centinaia di studenti dell’Università di Torino, in Liguria all’ex ospedale psichiatrico di Quarto per chiedere che quel posto abbandonato rinasca come polo socio sanitario e centro culturale. Fino in Sicilia nell’inferno dell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto per incontrare gli internati e il mondo che gli sta intorno. Il finale al Palazzo Reale di Milano (il 25 novembre) passando dal rinato ex ospedale psichiatrico Paolo Pini diventato ostello, ristorante e orto comunitario.

FERMI AL SECOLO SCORSO Il viaggio di Marco Cavallo ha un obiettivo: chiudere, per sempre, gli Ospedali psichiatrico-giudiziari, reparti fuori legge in cui vengono reclusi gli autori di reato che il giudice abbia stabilito esser “incapaci di intendere e di volere”. Persone ammalate che negli Opg finiscono per aggravare le proprie sofferenze: «La condizione di cattività e costrizione tipica dei manicomi rende impossibile la cura: perché sono luoghi in cui la persona perde la propria dignità. In carcere si vive ai limiti della sopportazione e ci si smarrisce. Figuriamoci ad una persona quanto può far male a una persona che soffre di disagio psichico marcire tra quattro mura», attacca Stefano Cecconi del comitato Stop Opg.
Manicomi lager, il degrado delle strutture
«Come è possibile che dopo la legge 180 siamo ancora a questo punto?» si interrogano dal comitato StopOpg.  Oltre seicento detenuti potrebbero uscirne fin da ora, ma vengono trattenuti anche al termine della loro pena. Il motivo? Spesso succede perché non c’è nessuno in grado di prendersene cura e allora meglio tenerli dentro. Lo sostiene anche la Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nella relazione finale dello scorso gennaio: «Le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale». Uomini e donne che potrebbero tornare a vivere perché hanno scontato la pena, come gli altri detenuti, ma continuano a vivere dietro le sbarre.

Poi ci sono quelli che potrebbero godere delle misure alternative, al pari degli altri reclusi, per iniziare il loro difficile cammino di ritorno nella società. Praticamente impossibile per i malati di mente. Così rischiano di decadere persino le indicazioni della Corte Costituzionale, che con due sentenze (nel 2003 e 2004) ha dichiarato possibile e necessario svolgere la misura di sicurezza fuori dall’Opg, per rispondere al bisogno di cura delle persone con soluzioni adeguate, che i centri di detenzione non garantiscono. 

È stata persa, ricordano le associazioni, anche l’occasione di mettere mano alla legge che alimenta i nuovi ingressi nei reparti psichiatrico-giudiziari. Occorre modificare alla radice gli articoli del codice penale, altrimenti gli Opg continueranno, in qualche modo, a servire. Sono infatti gli articoli del codice Rocco che, associando “follia” (incapacità di intendere e di volere) a “pericolosità sociale”, hanno mantenuto in vita un canale “parallelo e speciale” riservato ai malati di mente. Com’era con i manicomi prima della legge Basaglia.

PRONTI ALL’ENNESIMO RINVIO? La soluzione sarebbe facile: l’apertura di centri di salute mentale attivi giorno e notte. «Se vuoi chiudere devi fare qualcosa che garantisca assistenza» continua Cecconi: «invece stanno facendo una porcata: la costruzione di piccoli Opg regionali». Le Regioni infatti caldeggiano la creazione di nuove strutture, grazie anche ai fondi stanziati dal ministero della Salute. Entro il 30 novembre il compito di scrivere i programmi per le nuove strutture e mettere a punti i percorsi terapeutico-riabilitativi. Ma la road map arranca come ha confermato in Parlamento il sottosegretario alla Salute Paolo Fadda: «Anche per le Regioni più efficienti sarà quasi impossibile rispettare il termine previsto dalla norma». Tradotto significa l’ennesimo rinvio. E l’incubo Opg di taglia regionale si avvicina. Invece di sei grandi strutture una quarantina di mini-carceri. Con un paradosso: più posti di quelli attuali. Solo in Piemonte si spenderanno 12 milioni di euro per costruire due residenze con 70 posti, più degli attuali internati presenti in regione.

Anche a Reggio Emilia sono stati indirizzati oltre 9 milioni di euro dal Ministero della Salute e altri 525mila staccati dalla Regione Emilia Romagna. Sono i fondi che il Governo Monti ha stanziato: 174 milioni di euro. Per il solo 2012 sono 117 milioni e 57 per l’anno seguente «finalizzati alla realizzazione e riconversione delle strutture, mentre lo stanziamento per il loro funzionamento e per l’adeguamento del personale ammonta a 38 milioni per il 2012 che saliranno a 55 milioni annui a partire dal 2013». Una montagna di soldi per continuare con la logica del manicomio.


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