Il cronoprogramma del premier Appello a Forza Italia sulle riforme

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ROMA — Il nuovo discorso sulla fiducia che Letta pronuncerà la prossima settimana è in elaborazione. Conterrà sorprese, novità programmatiche. In tema di semplificazione amministrativa, di politiche industriali e di riforma della macchina della pubblica amministrazione, con proposte e obiettivi che verranno accompagnati dal lavoro in corso sulla spending review.
Andare per la quinta volta in Parlamento in 7 mesi, per chi ha fatto della ricerca della stabilità una sorta di mantra, è in qualche modo paradossale. La quinta fiducia sull’attività di governo, dopo le due di aprile e ottobre, e le altre due per difendere Alfano e la Cancellieri, sarà comunque diversa dalle altre, incentrata sulla ricerca di un metodo che diverrà importante quanto i contenuti del rinnovato programma. Metodo può voler dire patto scritto di coalizione, come in Germania, come chiede da mesi Mario Monti, come vorrebbe anche il Colle. A Palazzo Chigi non lo escludono, «è possibile». E può voler dire anche cronoprogramma, obiettivi legati a tappe, tempi del 2014 scadenzati in modo preventivo, anche questo «è possibile». Di certo l’enfasi sul metodo sarà molto forte: ieri Letta lo ha ripetuto, «in questo momento gli interessi del Paese vengono prima di quelli personali, non possiamo permetterci di non fare le riforme istituzionali, se non si fanno affonda tutto il Paese».
Un discorso diretto in parte a Renzi e al Pd che verrà in parte declinato come «appello», in particolare «a Forza Italia», perché «distingua tra la scelta di non appoggiare il governo e quella di continuare un percorso istituzionale fondamentale». Mentre sulle riforme economiche tocca a Fabrizio Saccomanni dire che senza Berlusconi sarà più facile farle.
Sopra tutto lo spettro del fallimento, continua il premier, ha oggi la faccia di Beppe Grillo, «può essere solo contento chi vuole che il Paese affondi. E l’altro giorno a Genova c’era uno che vuole che il Paese affondi».
Ma il metodo non può essere solo forma, andrà declinato in concreto e qui il discorso che Letta si appresta a fare avrà anche toni drammatici: se non possiamo permetterci un fallimento, «non potranno esserci per il futuro né diktat né ultimatum, come in passato, da parte di nessuno». Un concetto che sarà rivolto a tutti, da Renzi, le cui idee sulla legge elettorale sono considerata al momento, a Palazzo Chigi, quantomeno «misteriose», oltre che «non pervenute», ad Alfano, che dovrà anche lui rinunciare a qualcosa per arrivare a delle intese di massima sui principali argomenti.
Per Letta ormai un minimo comune denominatore è a portata di mano sul Titolo V della Costituzione, sull’addio al bicameralismo perfetto e sul dimezzamento dei parlamentari. Se Forza Italia non accoglierà l’appello toccherà alla sola maggioranza portare avanti i progetti di riforma, anche con iniziative governative, ma cercando comunque di blindare dei provvedimenti che dai primi mesi del 2014 dovranno viaggiare in modo spedito.
Su alcune di queste cose il premier ha ragionato ieri pomeriggio a Palazzo Giustiniani, partecipando alla presentazione del volume fotografico 2013 dell’Ansa. E confermando che prima della fiducia parlerà con i partiti, «ascolterò quello che proporranno, sentirò la nuova leadership del Pd, con la quale lavoreremo bene insieme, e lo dico senza retorica, ne sono intimamente convinto perché c’è un’interesse del Paese che viene prima degli interessi dei singoli personali». Convinto altresì «che il segretario del Pd sarà motore fondamentale per un governo forte che faccia del 2014 l’anno delle riforme».
Marco Galluzzo


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