Il governo alla ricerca di 500 milioni

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ROMA — «Le tasse sulle famiglie nel 2013 sono scese e la tendenza continuerà anche nel 2014» assicura, con un messaggio via Twitter, il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Il calo delle imposte dovuto al taglio dell’Imu sulla prima casa e all’aumento delle detrazioni per i figli a carico, deciso con la legge di Stabilità dell’anno scorso, «è importante perché si consolidi il trend di fiducia» aggiunge il premier, mentre i suoi collaboratori sottolineano che «sebbene poco percettibile, l’inversione di tendenza si è avviata». Non sarà per niente facile, però, proseguire sulla strada della riduzione delle tasse: il 2014, anzi, si presenta quanto mai minaccioso per le tasche dei contribuenti italiani.
Ci sarà da pagare la nuova Imu, ribattezzata, ma salata almeno quanto quella pagata nel 2012, tornerà l’Irpef sulle case sfitte e saliranno le imposte di bollo sui conti correnti e i titoli tenuti in banca. Ma c’è anche il rischio di veder aumentare le tasse anche per chi non ha né casa né ricchezze finanziarie e magari ha redditi bassi o bassissimi, vanificando la modesta riduzione delle tasse sul lavoro dovuta al taglio del cuneo fiscale. Un rischio concreto, che potrebbe materializzarsi già nel giro di poche settimane. La legge di Stabilità appena approvata prevede che entro il 31 gennaio il governo debba «razionalizzare» le detrazioni fiscali del 19%, cioè tagliarne alcune, per ottenere un risparmio di 500 milioni di euro già sul 2014 (che saliranno a 700 nel 2015 e si stabilizzeranno a 600 dal 2016).
Se la razionalizzazione «chirurgica» non dovesse riuscire, scatterà il taglio lineare. Dal 19% le detrazioni Irpef scenderebbero al 18%, e retroattivamente, perché si applicherebbero alle spese fatte nel 2013, e forse anche al 17% per le spese fatte nel 2014 che si porteranno a scomputo delle tasse che si pagheranno nel 2014. Una manovra che colpirebbe tutti, senza discrezione di reddito. E che potrebbe essere solo l’anticipo di un’altra sforbiciata, infinitamente più pesante, che scatterebbe nel 2015 (taglio di 3 miliardi, poi 7 nel 2016 e 10 dal 2017) se la revisione della spesa pubblica affidata al commissario Carlo Cottarelli non riuscirà a ottenere i risultati sperati.
Evitare il taglio lineare di gennaio delle detrazioni non sarà per niente facile. Mancano solo quattro settimane e la «razionalizzazione» impone una scelta politica forte (bisognerebbe cancellare solo alcuni di questi sconti) e non certo agevole. La riprova è nel fatto che il dossier delle detrazioni Irpef da rivedere è pronto da anni sul tavolo del governo (aveva iniziato a studiarle Giulio Tremonti), ma mai nessuno finora ha avuto il coraggio di metterci le mani.
Così, a meno di non rinviare la soluzione del problema ancora di qualche mese, l’ipotesi di una sforbiciata di un punticino a tutti gli sconti sull’Irpef si fa concreta. Potrebbero dunque scendere dal 19% al 18% le detrazioni sulle spese sanitarie, quelle sostenute per i portatori di handicap e per l’assistenza dei non autosufficienti, quelle veterinarie, quelle per i funerali, gli interessi dei mutui contratti per l’acquisto della prima casa, le assicurazioni vita e infortuni, e pure quelle sulle spese scolastiche e universitarie dei figli, sugli affitti degli studenti fuori sede, e sulle erogazioni liberali concesse a favore dei partiti politici, la ricerca e le organizzazioni non governative.
Recuperare 500 milioni entro gennaio per evitare il taglio non è impossibile e c’è da credere che il governo farà di tutto per evitarlo. Potrebbe usare gli introiti che arriveranno dalla rivalutazione del capitale Bankitalia, ma sono «una tantum». Oppure giocare la carta del rientro dei capitali dall’estero, che tuttavia produce un gettito aleatorio per definizione. Senza contare che entrambe queste misure sono già state «ipotecate» per l’ulteriore abbattimento del cuneo fiscale.
Mario Sensini


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