Boldrini usa la “ghigliottina” alla Camera e in aula scoppia la rivolta dei 5Stelle

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ROMA — Prendono la rincorsa dalla sommità dell’Aula. Decine di deputati grillini, scatenati, puntano ai banchi della Presidenza. Travolgono tutto, sfondano la diga improvvisata dai commessi della Camera. Spinte che forzano il blocco, duelli corpo a corpo, urla sguaiate. Dal gruppo di Fratelli d’Italia scagliano monetine di cioccolata, giudicando il diversivo utile ad accompagnare l’arrembaggio. “Fascisti, fascisti”, scandiscono increduli gli altri parlamentari mentre Laura Boldrini è costretta a chiudere la seduta. È solo l’inizio di un’escalation pensata, pianificata e portata avanti dal Movimento cinque stelle. Culminata, poco dopo le 21, con l’occupazione delle commissioni parlamentari impegnate in alcune sedute serali.
La bomba a orologeria fa tictac fin dal mattino. A Montecitorio tutti attendono l’ora x, i pentastellati fanno sapere di mirare al caos parlamentare. Vogliono reagire alla “tagliola” a cui intende ricorrere la Presidenza per consentire l’approvazione del decreto Imu-Bankitalia. Senza il brusco stop a disposizione della Boldrini, d’altra parte, il decreto è destinato a decadere, costringendo gli italiani a pagare la seconda rata dell’Imu 2013.
La battaglia parlamentare prosegue da quattro giorni, la tensione è palbabile. I parlamentari del Movimento cinque stelle sono pronti a tutto pur di evitare la rivalutazione delle quote di Bankitalia in mano alle banche. È da lì che parte la loro protesta. «È la prima volta che si usa la tagliola», denunciano. Nel pomeriggio il passaparola assume contorni preoccupanti: «Al momento della verità – sussurrano i deputati della maggioranza – i grillini bloccheranno l’ingresso dell’Aula». Non si spingono a tanto, ma lo show down è rimandato solo di alcuni minuti. Mentre è in corso il voto finale sul provvedimento approvato con 236 voti a favore e 29 contrari – i pentastellati si precipitano ad occupare i banchi del governo. Tra i più agitati si distingue l’ex capogruppo Alessio Villarosa: quasi salta il cordone dei commessi, sceglie il posto normalmente riservato al premier e inizia a battere il pugno.
Nel copione c’è spazio anche per i bavagli bianchi con cui i grillini coprono parte del volto. È metafora dell’opposizione silenziata, ma l’effetto è vagamente inquietante. Fuori dall’Aula, intanto, senatori del M5S in “trasferta” incitano i giovani colleghi alla pugna. Dentro, invece, si moltiplicano i cartelli con su scritto ‘corrotti’. Alcuni deputati alzano pacificamente le mani in aria, ma poco più in là i colleghi di partito più esuberanti si incuneano per forzare lo scudo umano improvvisato dai commessi. Fischi e grida trasformano l’Aula in una bolgia, i parlamentari del centrosinistra intonano ‘Bella ciao’.
Nella baraonda si distingue per foga anche il deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli. Si arrampica sui banchi del governo, sventola il tricolore. I commessi provano a sottrarglielo con la forza. Inutilmente, perché lui resiste e non molla la presa. Al suo fianco un altro parlamentare – inquadrato dalle telecamere – si sbraccia minacciosamente verso Boldrini.
L’incidente, annunciato, si manifesta. La grillina Loredana Lupo esce dall’Aula in lacrime. Accusa: «Il deputato questore Stefano Dambruoso mi ha dato uno schiaffo, mi ha fatto anche volare una lentina». Mostra una guancia rossa, trema di rabbia. L’esponente di Scelta civica, però, nega sdegnato. Giura di essersi solo schierato in difesa della Boldrini. Sullo sfondo, alcuni commessi di Montecitorio ricorrono alle cure dell’infermeria. Uno ha un braccio dolorante, un altro sostiene di aver ricevuto un colpo al volto.
Boldrini, costretta a chiudere in fretta la seduta, esce dall’Aula accompagnata dagli assistenti parlamentari. La invitano a scegliere una “via di fuga” discreta, lei si oppone: «Mica devo vergognarmi. E ho fatto il possibile per evitare tutto questo». Appena gli animi si placano, però, i grillini lanciano il secondo tempo dell’offensiva. Prima ‘invadono’ la commissione Giustizia – chiedendo di far partecipare alla riunione anche i deputati che non fanno parte dell’organismo – provocandone la sospensione per motivi di sicurezza. Poi si dirigono verso la commissione Affari costituzionali, impegnata nell’esame della legge elettorale. Si siedono sui banchi della presidenza, boicottando i lavori.
Il manifesto politico dell’occupazione è firmato a tarda sera da Riccardo Nuti: «Oggi sono stati stracciati da Boldrini, con la complicità di governo e partiti, il regolamento e la Costituzione che non esistono più. È morta la democrazia e non c’è più motivo di proseguire con i lavori parlamentari – annuncia -Blocchiamo il Parlamento».
L’obiettivo delle truppe di Beppe Grillo è far salire la tensione oltre il livello di guardia.
Un assaggio si è avuto due giorni fa, con l’ormai noto “boia” dedicato da Giorgio Sorial al Presidente della Repubblica. Dopo la denuncia di una deputata del Pd, la Procura ha messo sotto indagine il parlamentare per vilipendio. Non paghi, i pentastellati sono pronti a presentare oggi stesso la richiesta di impeachment a Giorgio Napolitano, partendo dal caso delle telefonate – ormai distrutte – tra il Capo dello Stato e Nicola Mancino. Come se non bastasse, il Movimento ha voglia di lanciare l’offensiva anche fuori dalle Camere. Così, almeno, teorizza il vicepresidente di Montecitorio Luigi Di Maio: «Quando si sopprimono i diritti dell’opposizione, il conflitto si trasferisce fuori dal Parlamento».


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