Facchini senza legge, Cobas, autonomi Una guerra nella valle della logistica

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I lavoratori extracomunitari che vi lavoravano, pagati il 35% in meno degli standard, mettono nel mirino la Granarolo attuando blocchi ai cancelli dello stabilimento di Cadriano (Bologna), per impedire la consegna giornaliera del latte da parte dei mille allevatori del consorzio. Ieri il gip ha convalidato l’arresto di due facchini con l’accusa di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale
S contri con la Polizia, arresti, accuse di pestaggi e attacchi informatici, la battaglia che da dieci mesi i facchini extracomunitari licenziati dalla Sgb, una piccola cooperativa di subappalto, muovono contro la Granarolo si va radicalizzando di giorno in giorno senza che si riesca a trovare il bandolo della matassa. Molto dipende anche dal fatto che il conflitto sia stato politicizzato dal Si Cobas e da due centri sociali bolognesi, Crash e Hobo, ma comunque la vicenda è spia di un progressivo deterioramento delle relazioni di lavoro nella filiera della logistica. La crisi comprime i costi, saltano tutti i filtri e meccanismi di mediazione e le aziende per risparmiare chiudono un occhio, magari due.
Tutto parte con il fallimento di una finta cooperativa di facchinaggio che lavorava per la piattaforma logistica della Granarolo. I licenziati, invece di prendersela con l’imprenditore-avventuriero che li pagava il 35% in meno, preferiscono mettere nel mirino la grande azienda e da lì comincia un calvario di blocchi ai cancelli dello stabilimento di Cadriano, per impedire la consegna giornaliera del latte da parte dei mille allevatori del consorzio che controlla la Granarolo. La battaglia procede a singhiozzo e gli scontri si moltiplicano, i camionisti minacciati spesso perdono a loro volta la pazienza e diventa necessaria la presenza della Polizia.
Il resto è storia dei nostri giorni: due lavoratori marocchini arrestati, Anonymous Italy che rivendica di aver fatto cadere il server della Granarolo, i vertici del gruppo che non sanno più a che santo votarsi per non buttare ogni giorno ettolitri di latte.
Prima che il conflitto si incattivisse l’azienda aveva tentato di venire incontro alle esigenze dei facchini licenziati e tramite la Ctl, che si occupa proprio di logistica per il gruppo bolognese, ne aveva riassorbiti circa 70 che lavoravano nei magazzini. Altri facchini precedentemente licenziati dalla Sgb hanno richiesto lo stesso trattamento anche se non c’erano più possibilità di impiego e sono stati loro a dar il via ai blocchi e agli scontri con camionisti e Polizia e ad accumulare 179 denunce tra maggio e ottobre 2013. Ora la vicenda approderà in tribunale perché ci saranno anche da convalidare gli arresti della scorsa settimana di due facchini marocchini e i legali della difesa hanno promesso di produrre materiale d’accusa nei confronti dei metodi usati dalla Polizia.
La battaglia di Cadriano, al di là del singolo episodio e del ruolo dei centri sociali, segnala come tutto il fronte del lavoro nella logistica sia sotto stress. Si era cominciato con le rivendicazioni dei facchini contro l’Ikea e la Coop Adriatica e ora Granarolo è il terzo atto. Un ruolo decisivo lo svolgono proprio le cooperative cosiddette spurie, come la Sgb, che non hanno niente a che vedere con i metodi e la cultura delle centrali coop e reclutano immigrati da usare in dumping contrattuale. Nella sola provincia di Bologna sono 6 mila i facchini e in Emilia arrivano a 18-20 mila. Nell’epoca di Internet le merci continuano a viaggiare grazie agli uomini e il successo dell’e-commerce ha ampliato la necessità di manodopera a basso costo in un settore che, direbbero gli economisti, resta labour intensive.
Nel frattempo Amazon ha aperto il suo mega-centro italiano di logistica a Piacenza, e la stessa città ospita anche le piattaforme di Ikea e Whirlpool mentre il maggior operatore di commercio elettronico italiano, Yoox, ha la sede proprio a Bologna. È la fascia tra Milano e la città delle due Torri che compone la valle della logistica italiana dove operano grandi sigle internazionali, centinaia di cooperative spurie e migliaia di facchini nordafricani e pachistani. I sindacati sono del tutto assenti e il terreno è propizio per le incursioni dei vari Cobas alla ricerca di praterie da incendiare. Chi conosce la materia parla di una vera e propria «terra di nessuno», dove si sta sviluppando anche una sorta di caporalato etnico ovvero legami precisi tra le cooperative spurie e i boss di alcune comunità di extracomunitari che controllano i flussi di lavoro. Lo scambio è perverso: alle finte cooperative arrivano uomini disposti a lavorare alla metà del salario del settore (circa 600 euro contro 1.200) senza nessuna copertura contrattuale e orari da far rispettare, i boss ne guadagnano in prestigio e potere presso i loro connazionali in cerca di integrazione sociale. Il drammatico paradosso è che tutta questa illegalità mette in difficoltà le vere coop di facchinaggio che applicano il contratto di lavoro e riconoscono il sindacato. Negli ultimi mesi ne sono saltate già cinque.


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