Riforma della p.a. lo Stato potrà licenziare i dirigenti

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Matteo Renzi oggi apre ufficialmente il cantiere della riforma della pubblica amministrazione. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri convocato per le 16 non prevede nulla di specifico, nessun decreto, nessuna nuova legge ma intervenendo ieri sera a «Porta a porta» il presidente del Consiglio ha confermato che manterrà fede agli impegni presi: «Presentiamo con Madia i provvedimenti che noi proponiamo alla Pubblica amministrazione, con un metodo diverso dal solito. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti».
I sindacati sono ovviamente già sulle barricate: dopo Cgil e Cisl, che lunedì lamentavano la mancata consultazione, ieri si sono fatte sentire anche Uil, Ugl ed il sindacato dei dirigenti Cida. Che ha messo nero su bianco il suo «no» al tetto degli stipendi per i manager pubblici.
Renzi cerca di esorcizzare le difficoltà e nel salotto di Bruno Vespa evoca John Kennedy. «Io so che è difficile ma gli obiettivi si scelgono non perché sono facili ma perché è la cosa più difficile. E la cosa più difficile che possiamo fare è cambiare la pubblica amministrazione e lì non ci basta nemmeno la Nasa, forse i Marines».
Come è noto, il pacchetto di interventi messo a punto dal ministro Marianna Madia, spazia da misure sui dirigenti, ad interventi sul personale, a misure di semplificazione a favore dei cittadini. Oggi però il governo metterà a fuoco il metodo ed il merito della riforma,mentre i provvedimenti concreti (un decreto ed un disegno di legge delega) arriveranno più avanti.
Dirigenti nel mirino
Si parte dalla testa, dai vertici della macchina pubblica. In dettaglio, ci sarà più mobilità per i dirigenti, che potranno essere anche licenziabili ed il cui compenso potrebbe essere agganciato ad una seria di obiettivi, compreso l’andamento dell’economia del Paese perchè «se il Paese va male, anche i dirigenti devono tirare la cinghia». Quindi si studia l’introduzione di un ruolo unico della dirigenza: sparirebbero in sostanza la divisione tra prima e seconda fascia, così come le assunzioni fatte dai singoli dicasteri, per arrivare ad avere solamente dei «dirigenti della Repubblica», e ci sarebbe un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi e a valle anche una riorganizzazione delle scuole di formazione che attualmente sono ancora cinque: la Scuola superiore della Pa, quella dell’Interno, l’istituto diplomatico, la scuola dell’amministrazione locale e quella di economia e finanza.
Mobilità per i dipendenti
Per il personale ordinario, il premier esclude che si debba parlare di esuberi e definisce «solo ipotesi» la stima di 85mila fatta dal commissario per la spending review Cottarelli. Questo però non esclude che ci siano soluzioni concordate di uscita, dai prepensionamenti alla pratica dell’esonero dal servizio, che accompagnate dallo sblocco del turn over potrebbero innescare una certa quota di ricambio generazionale.
Visto dalla parte dei cittadini la pubblica amministrazione richiede una buona dose di semplificazione: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati on-line, nuovi interventi in materia di trasparenza e sburocratizzazione ed un ulteriore taglio di enti inutili. «Faremo una sfida – ha spiegato ancora il premier – nei confronti di chi lavora nella Pa, coinvolgendoli».
Matteo Renzi oggi apre ufficialmente il cantiere della riforma della pubblica amministrazione. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri convocato per le 16 non prevede nulla di specifico, nessun decreto, nessuna nuova legge ma intervenendo ieri sera a «Porta a porta» il presidente del Consiglio ha confermato che manterrà fede agli impegni presi: «Presentiamo con Madia i provvedimenti che noi proponiamo alla Pubblica amministrazione, con un metodo diverso dal solito. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti».
I sindacati sono ovviamente già sulle barricate: dopo Cgil e Cisl, che lunedì lamentavano la mancata consultazione, ieri si sono fatte sentire anche Uil, Ugl ed il sindacato dei dirigenti Cida. Che ha messo nero su bianco il suo «no» al tetto degli stipendi per i manager pubblici.
Renzi cerca di esorcizzare le difficoltà e nel salotto di Bruno Vespa evoca John Kennedy. «Io so che è difficile ma gli obiettivi si scelgono non perché sono facili ma perché è la cosa più difficile. E la cosa più difficile che possiamo fare è cambiare la pubblica amministrazione e lì non ci basta nemmeno la Nasa, forse i Marines».
Come è noto, il pacchetto di interventi messo a punto dal ministro Marianna Madia, spazia da misure sui dirigenti, ad interventi sul personale, a misure di semplificazione a favore dei cittadini. Oggi però il governo metterà a fuoco il metodo ed il merito della riforma,mentre i provvedimenti concreti (un decreto ed un disegno di legge delega) arriveranno più avanti.
Dirigenti nel mirino
Si parte dalla testa, dai vertici della macchina pubblica. In dettaglio, ci sarà più mobilità per i dirigenti, che potranno essere anche licenziabili ed il cui compenso potrebbe essere agganciato ad una seria di obiettivi, compreso l’andamento dell’economia del Paese perchè «se il Paese va male, anche i dirigenti devono tirare la cinghia». Quindi si studia l’introduzione di un ruolo unico della dirigenza: sparirebbero in sostanza la divisione tra prima e seconda fascia, così come le assunzioni fatte dai singoli dicasteri, per arrivare ad avere solamente dei «dirigenti della Repubblica», e ci sarebbe un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi e a valle anche una riorganizzazione delle scuole di formazione che attualmente sono ancora cinque: la Scuola superiore della Pa, quella dell’Interno, l’istituto diplomatico, la scuola dell’amministrazione locale e quella di economia e finanza.
Mobilità per i dipendenti
Per il personale ordinario, il premier esclude che si debba parlare di esuberi e definisce «solo ipotesi» la stima di 85mila fatta dal commissario per la spending review Cottarelli. Questo però non esclude che ci siano soluzioni concordate di uscita, dai prepensionamenti alla pratica dell’esonero dal servizio, che accompagnate dallo sblocco del turn over potrebbero innescare una certa quota di ricambio generazionale.
Visto dalla parte dei cittadini la pubblica amministrazione richiede una buona dose di semplificazione: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati on-line, nuovi interventi in materia di trasparenza e sburocratizzazione ed un ulteriore taglio di enti inutili. «Faremo una sfida – ha spiegato ancora il premier – nei confronti di chi lavora nella Pa, coinvolgendoli».
Matteo Renzi oggi apre ufficialmente il cantiere della riforma della pubblica amministrazione. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri convocato per le 16 non prevede nulla di specifico, nessun decreto, nessuna nuova legge ma intervenendo ieri sera a «Porta a porta» il presidente del Consiglio ha confermato che manterrà fede agli impegni presi: «Presentiamo con Madia i provvedimenti che noi proponiamo alla Pubblica amministrazione, con un metodo diverso dal solito. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti».
I sindacati sono ovviamente già sulle barricate: dopo Cgil e Cisl, che lunedì lamentavano la mancata consultazione, ieri si sono fatte sentire anche Uil, Ugl ed il sindacato dei dirigenti Cida. Che ha messo nero su bianco il suo «no» al tetto degli stipendi per i manager pubblici.
Renzi cerca di esorcizzare le difficoltà e nel salotto di Bruno Vespa evoca John Kennedy. «Io so che è difficile ma gli obiettivi si scelgono non perché sono facili ma perché è la cosa più difficile. E la cosa più difficile che possiamo fare è cambiare la pubblica amministrazione e lì non ci basta nemmeno la Nasa, forse i Marines».
Come è noto, il pacchetto di interventi messo a punto dal ministro Marianna Madia, spazia da misure sui dirigenti, ad interventi sul personale, a misure di semplificazione a favore dei cittadini. Oggi però il governo metterà a fuoco il metodo ed il merito della riforma,mentre i provvedimenti concreti (un decreto ed un disegno di legge delega) arriveranno più avanti.
Dirigenti nel mirino
Si parte dalla testa, dai vertici della macchina pubblica. In dettaglio, ci sarà più mobilità per i dirigenti, che potranno essere anche licenziabili ed il cui compenso potrebbe essere agganciato ad una seria di obiettivi, compreso l’andamento dell’economia del Paese perchè «se il Paese va male, anche i dirigenti devono tirare la cinghia». Quindi si studia l’introduzione di un ruolo unico della dirigenza: sparirebbero in sostanza la divisione tra prima e seconda fascia, così come le assunzioni fatte dai singoli dicasteri, per arrivare ad avere solamente dei «dirigenti della Repubblica», e ci sarebbe un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi e a valle anche una riorganizzazione delle scuole di formazione che attualmente sono ancora cinque: la Scuola superiore della Pa, quella dell’Interno, l’istituto diplomatico, la scuola dell’amministrazione locale e quella di economia e finanza.
Mobilità per i dipendenti
Per il personale ordinario, il premier esclude che si debba parlare di esuberi e definisce «solo ipotesi» la stima di 85mila fatta dal commissario per la spending review Cottarelli. Questo però non esclude che ci siano soluzioni concordate di uscita, dai prepensionamenti alla pratica dell’esonero dal servizio, che accompagnate dallo sblocco del turn over potrebbero innescare una certa quota di ricambio generazionale.
Visto dalla parte dei cittadini la pubblica amministrazione richiede una buona dose di semplificazione: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati on-line, nuovi interventi in materia di trasparenza e sburocratizzazione ed un ulteriore taglio di enti inutili. «Faremo una sfida – ha spiegato ancora il premier – nei confronti di chi lavora nella Pa, coinvolgendoli».
Matteo Renzi oggi apre ufficialmente il cantiere della riforma della pubblica amministrazione. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri convocato per le 16 non prevede nulla di specifico, nessun decreto, nessuna nuova legge ma intervenendo ieri sera a «Porta a porta» il presidente del Consiglio ha confermato che manterrà fede agli impegni presi: «Presentiamo con Madia i provvedimenti che noi proponiamo alla Pubblica amministrazione, con un metodo diverso dal solito. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti».
I sindacati sono ovviamente già sulle barricate: dopo Cgil e Cisl, che lunedì lamentavano la mancata consultazione, ieri si sono fatte sentire anche Uil, Ugl ed il sindacato dei dirigenti Cida. Che ha messo nero su bianco il suo «no» al tetto degli stipendi per i manager pubblici.
Renzi cerca di esorcizzare le difficoltà e nel salotto di Bruno Vespa evoca John Kennedy. «Io so che è difficile ma gli obiettivi si scelgono non perché sono facili ma perché è la cosa più difficile. E la cosa più difficile che possiamo fare è cambiare la pubblica amministrazione e lì non ci basta nemmeno la Nasa, forse i Marines».
Come è noto, il pacchetto di interventi messo a punto dal ministro Marianna Madia, spazia da misure sui dirigenti, ad interventi sul personale, a misure di semplificazione a favore dei cittadini. Oggi però il governo metterà a fuoco il metodo ed il merito della riforma,mentre i provvedimenti concreti (un decreto ed un disegno di legge delega) arriveranno più avanti.
Dirigenti nel mirino
Si parte dalla testa, dai vertici della macchina pubblica. In dettaglio, ci sarà più mobilità per i dirigenti, che potranno essere anche licenziabili ed il cui compenso potrebbe essere agganciato ad una seria di obiettivi, compreso l’andamento dell’economia del Paese perchè «se il Paese va male, anche i dirigenti devono tirare la cinghia». Quindi si studia l’introduzione di un ruolo unico della dirigenza: sparirebbero in sostanza la divisione tra prima e seconda fascia, così come le assunzioni fatte dai singoli dicasteri, per arrivare ad avere solamente dei «dirigenti della Repubblica», e ci sarebbe un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi e a valle anche una riorganizzazione delle scuole di formazione che attualmente sono ancora cinque: la Scuola superiore della Pa, quella dell’Interno, l’istituto diplomatico, la scuola dell’amministrazione locale e quella di economia e finanza.
Mobilità per i dipendenti
Per il personale ordinario, il premier esclude che si debba parlare di esuberi e definisce «solo ipotesi» la stima di 85mila fatta dal commissario per la spending review Cottarelli. Questo però non esclude che ci siano soluzioni concordate di uscita, dai prepensionamenti alla pratica dell’esonero dal servizio, che accompagnate dallo sblocco del turn over potrebbero innescare una certa quota di ricambio generazionale.
Visto dalla parte dei cittadini la pubblica amministrazione richiede una buona dose di semplificazione: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati on-line, nuovi interventi in materia di trasparenza e sburocratizzazione ed un ulteriore taglio di enti inutili. «Faremo una sfida – ha spiegato ancora il premier – nei confronti di chi lavora nella Pa, coinvolgendoli».
Matteo Renzi oggi apre ufficialmente il cantiere della riforma della pubblica amministrazione. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri convocato per le 16 non prevede nulla di specifico, nessun decreto, nessuna nuova legge ma intervenendo ieri sera a «Porta a porta» il presidente del Consiglio ha confermato che manterrà fede agli impegni presi: «Presentiamo con Madia i provvedimenti che noi proponiamo alla Pubblica amministrazione, con un metodo diverso dal solito. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti».
I sindacati sono ovviamente già sulle barricate: dopo Cgil e Cisl, che lunedì lamentavano la mancata consultazione, ieri si sono fatte sentire anche Uil, Ugl ed il sindacato dei dirigenti Cida. Che ha messo nero su bianco il suo «no» al tetto degli stipendi per i manager pubblici.
Renzi cerca di esorcizzare le difficoltà e nel salotto di Bruno Vespa evoca John Kennedy. «Io so che è difficile ma gli obiettivi si scelgono non perché sono facili ma perché è la cosa più difficile. E la cosa più difficile che possiamo fare è cambiare la pubblica amministrazione e lì non ci basta nemmeno la Nasa, forse i Marines».
Come è noto, il pacchetto di interventi messo a punto dal ministro Marianna Madia, spazia da misure sui dirigenti, ad interventi sul personale, a misure di semplificazione a favore dei cittadini. Oggi però il governo metterà a fuoco il metodo ed il merito della riforma,mentre i provvedimenti concreti (un decreto ed un disegno di legge delega) arriveranno più avanti.
Dirigenti nel mirino
Si parte dalla testa, dai vertici della macchina pubblica. In dettaglio, ci sarà più mobilità per i dirigenti, che potranno essere anche licenziabili ed il cui compenso potrebbe essere agganciato ad una seria di obiettivi, compreso l’andamento dell’economia del Paese perchè «se il Paese va male, anche i dirigenti devono tirare la cinghia». Quindi si studia l’introduzione di un ruolo unico della dirigenza: sparirebbero in sostanza la divisione tra prima e seconda fascia, così come le assunzioni fatte dai singoli dicasteri, per arrivare ad avere solamente dei «dirigenti della Repubblica», e ci sarebbe un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi e a valle anche una riorganizzazione delle scuole di formazione che attualmente sono ancora cinque: la Scuola superiore della Pa, quella dell’Interno, l’istituto diplomatico, la scuola dell’amministrazione locale e quella di economia e finanza.
Mobilità per i dipendenti
Per il personale ordinario, il premier esclude che si debba parlare di esuberi e definisce «solo ipotesi» la stima di 85mila fatta dal commissario per la spending review Cottarelli. Questo però non esclude che ci siano soluzioni concordate di uscita, dai prepensionamenti alla pratica dell’esonero dal servizio, che accompagnate dallo sblocco del turn over potrebbero innescare una certa quota di ricambio generazionale.
Visto dalla parte dei cittadini la pubblica amministrazione richiede una buona dose di semplificazione: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati on-line, nuovi interventi in materia di trasparenza e sburocratizzazione ed un ulteriore taglio di enti inutili. «Faremo una sfida – ha spiegato ancora il premier – nei confronti di chi lavora nella Pa, coinvolgendoli».
Matteo Renzi oggi apre ufficialmente il cantiere della riforma della pubblica amministrazione. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri convocato per le 16 non prevede nulla di specifico, nessun decreto, nessuna nuova legge ma intervenendo ieri sera a «Porta a porta» il presidente del Consiglio ha confermato che manterrà fede agli impegni presi: «Presentiamo con Madia i provvedimenti che noi proponiamo alla Pubblica amministrazione, con un metodo diverso dal solito. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti».
I sindacati sono ovviamente già sulle barricate: dopo Cgil e Cisl, che lunedì lamentavano la mancata consultazione, ieri si sono fatte sentire anche Uil, Ugl ed il sindacato dei dirigenti Cida. Che ha messo nero su bianco il suo «no» al tetto degli stipendi per i manager pubblici.
Renzi cerca di esorcizzare le difficoltà e nel salotto di Bruno Vespa evoca John Kennedy. «Io so che è difficile ma gli obiettivi si scelgono non perché sono facili ma perché è la cosa più difficile. E la cosa più difficile che possiamo fare è cambiare la pubblica amministrazione e lì non ci basta nemmeno la Nasa, forse i Marines».
Come è noto, il pacchetto di interventi messo a punto dal ministro Marianna Madia, spazia da misure sui dirigenti, ad interventi sul personale, a misure di semplificazione a favore dei cittadini. Oggi però il governo metterà a fuoco il metodo ed il merito della riforma,mentre i provvedimenti concreti (un decreto ed un disegno di legge delega) arriveranno più avanti.
Dirigenti nel mirino
Si parte dalla testa, dai vertici della macchina pubblica. In dettaglio, ci sarà più mobilità per i dirigenti, che potranno essere anche licenziabili ed il cui compenso potrebbe essere agganciato ad una seria di obiettivi, compreso l’andamento dell’economia del Paese perchè «se il Paese va male, anche i dirigenti devono tirare la cinghia». Quindi si studia l’introduzione di un ruolo unico della dirigenza: sparirebbero in sostanza la divisione tra prima e seconda fascia, così come le assunzioni fatte dai singoli dicasteri, per arrivare ad avere solamente dei «dirigenti della Repubblica», e ci sarebbe un ridisegno del sistema dei concorsi e dei corsi e a valle anche una riorganizzazione delle scuole di formazione che attualmente sono ancora cinque: la Scuola superiore della Pa, quella dell’Interno, l’istituto diplomatico, la scuola dell’amministrazione locale e quella di economia e finanza.
Mobilità per i dipendenti
Per il personale ordinario, il premier esclude che si debba parlare di esuberi e definisce «solo ipotesi» la stima di 85mila fatta dal commissario per la spending review Cottarelli. Questo però non esclude che ci siano soluzioni concordate di uscita, dai prepensionamenti alla pratica dell’esonero dal servizio, che accompagnate dallo sblocco del turn over potrebbero innescare una certa quota di ricambio generazionale.
Visto dalla parte dei cittadini la pubblica amministrazione richiede una buona dose di semplificazione: potrebbero arrivare misure come il codice unico per l’accesso ai certificati on-line, nuovi interventi in materia di trasparenza e sburocratizzazione ed un ulteriore taglio di enti inutili. «Faremo una sfida – ha spiegato ancora il premier – nei confronti di chi lavora nella Pa, coinvolgendoli».



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