Draghi: un piano per le piccole imprese

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ROMA — Vanno a segno le prime aste dei titoli di Stato dopo il voto europeo che ha decretato il successo del Pd e del suo leader e capo del governo Matteo Renzi. Il Tesoro ha piazzato il massimo dell’offerta — pari a 4 miliardi — con tassi stabili per i Ctz e in deciso calo per i Btp quinquennali indicizzati, confermando così il ritorno di interesse degli investitori sui titoli italiani, mentre l’indice di fiducia dei consumatori è salito a sorpresa oltre le aspettative, ai massimi del gennaio 2010.
I mercati invece sono rimasti stabili dopo l’exploit di lunedì: lo spread tra i rendimenti dei Btp decennali e i Bund di uguale durata in realtà si è ampliato lievemente, ma solo in corrispondenza di un calo dei tassi dei titoli tedeschi, visto che quelli dei Buoni italiani è rimasto sui livelli — il 2,99% — del giorno prima. Dopo il rally che ha accolto i risultati del voto, Piazza Affari ha registrato ieri un lieve ribasso dello 0,42%, a 21.404 per prese di beneficio, mentre le altre Borse europee hanno segnalato altrettanto lievi avanzamenti.
Ogni giorno di più i mercati sono comunque influenzati dall’attesa per le misure che la Bce si appresta a decidere alla riunione del Consiglio direttivo di giovedì prossimo. Anche ieri il presidente Mario Draghi, nell’ultima giornata dell’incontro tra i banchieri centrali europei a Sintra in Portogallo, ha ribadito l’intenzione dell’Eurotower di agire. Sul tavolo ci sono il taglio dei tassi — sia quelli di riferimento, attualmente allo 0,25%, sia quelli sui depositi delle banche in Bce, attualmente pari a zero —, una nuova operazione di prestiti alle banche, condizionata alla concessione di finanziamenti all’economia e l’avvio di un programma di sostegno al credito delle piccole e medie imprese, attraverso l’acquisto di pacchetti di prestiti cartolarizzati (Abs). «Venerdì sarà diffuso un documento congiunto di Bce e Banca d’Inghilterra sulla linea d’azione da scegliere per rivitalizzare gli Abs» così da incentivare il credito alle imprese, in particolare le Pmi che «ci stanno molto a cuore perché contribuiscono per l’80% all’occupazione nell’area dell’euro». Il documento rivisita la normativa su questi titoli per proporre una standardizzazione dei criteri, in modo da riattivare il mercato delle cartolarizzazioni dei prestiti bancari a famiglie e imprese «nel giro di un anno».
Bisogna cambiare e fare di più, ha quindi affermato Draghi, rilevando che le elezioni europee hanno segnalato proprio questa esigenza. «La gente cambia, la situazione cambia e dobbiamo riflettere di più su un progetto europeo che porti a più crescita, lavoro e benessere» ha detto, denunciando anche le responsabilità dei governi sulla disoccupazione giovanile, causata — ha affermato — «dalla eccessiva flessibilità» in entrata e in uscita e «dal basso livello del sistema educativo». In ogni caso la Bce farà la sua parte, si muoverà sin da subito, entro il suo mandato. Una prospettiva questa che non sembra lasciare tranquillo il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, che parlando a Berlino ha messo in guardia contro una politica monetaria troppo accomodante che rischia di frenare gli sforzi delle riforme dei Paesi dell’eurozona: «Non dobbiamo nasconderci dietro la politica monetaria» e in questo scenario la risposta della Bce deve essere definita «in maniera prudente».
Nel dibattito di Sintra ieri Draghi si è trovato di fronte anche ad altre perplessità, seppure di segno opposto. Ad avanzarle è stato il premio Nobel statunitense, Paul Krugman, che ha suggerito alla Bce di alzare l’obiettivo di inflazione, fissato al 2%, per restituire competitività all’eurozona. Quell’obiettivo che Draghi «è fiducioso» di raggiungere e su cui «non vi è alcun dibattito» all’interno della Bce. Per l’economista americano invece il livello del 2% «era difendibile negli anni 90, ora non lo è più perché il mondo è cambiato e l’Europa rischia ormai di piombare nella piaga di una inflazione bassa, se non di una deflazione».
Infine il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ieri ha attaccato le banche, colpevoli di «aver frenato» la riforma del settore creditizio. Il problema delle banche «troppo grandi per fallire» per esempio, ha detto, «è rimasto irrisolto» mentre «deve diventare prioritario».
Stefania Tamburello



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