«Game over». Roma in piazza contro i tagli

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Il primo giorno di estate arriva nella capi­tale. Il sole e l’afa costrin­gono i lavo­ra­tori in scio­pero e i turi­sti ad accal­carsi attorno alle fon­ta­nelle, a cer­care riparo all’ombra dei por­tici di piazza del Cam­pi­do­glio. Su Roma splende il sole ma ancora nubi si adden­sano sul Palazzo Sena­to­rio e sulla giunta di Igna­zio Marino: ieri per la prima volta tutti i dipen­denti del comune di Roma sono scesi in piazza aste­nen­dosi dal lavoro per difen­dere il cosid­detto “sala­rio acces­so­rio”. Mae­stre d’asilo, vigili urbani, dipen­denti dei muni­cipi, degli uffici capi­to­lini, quelli delle biblio­te­che e dei musei, tutti a brac­cia incro­ciate per difen­dere le pro­prie con­di­zioni sala­riali. Ban­diere di Cgil, Cisl e Uil e di alcuni sin­da­cati auto­nomi, fischietti, stri­scioni e car­telli fai da te; in aper­tura della mani­fe­sta­zione che ha sfi­lato da Bocca della Verità al Cam­pi­do­glio lo stri­scione uni­ta­rio dei sin­da­cati «Game over insert coin to con­ti­nue… sala­rio, diritti, dignità per garan­tire ser­vizi ai cittadini».

«Gua­da­gno 1200 euro al mese, ho due figli e un affitto. Se mi tol­gono i 200 euro e qual­cosa di sala­rio acces­so­rio non so come soprav­vi­vere — rac­conta San­dra, mae­stra d’asilo — Già lavo­riamo in strut­ture sovraf­fol­late, con scarsi mezzi a far fronte ai tagli e ai biso­gni delle fami­glie e dei bam­bini». E’ quello che rac­con­tano anche i vigili urbani, che con la loro assenza hanno man­dato in tilt il traf­fico, e i lavo­ra­tori dell’amministrazione che non ci stanno a essere descritti come fan­nul­loni: «Ma quale assen­tei­sti! Ma quali pri­vi­le­giati! — si infer­vora Ste­fano, impie­gato nell’VIII muni­ci­pio — con i nostri straor­di­nari man­diamo avanti tutta la baracca, per­met­tiamo ai cit­ta­dini di svol­gere le loro pra­ti­che e alla mac­china di non incep­parsi. Il con­tratto è fermo ma la vita costa di più, se ci tol­gono il sala­rio acces­so­rio faremo la fame. Marino ci deve ascol­tare, Renzi o chi per lui al governo ci aiuti a tro­vare una soluzione».

Lo scon­tro tra sin­da­cati e sin­daco, dopo giorni di dichia­ra­zioni al vetriolo, non si fa più mor­bido. «Una mani­fe­sta­zione impo­nente, sono state ben com­prese le ragioni poste dal sin­da­cato nella trat­ta­tiva. Sin­daco e giunta riflet­tano di fronte a que­sta rispo­sta dei lavo­ra­tori di Roma e archi­vino pole­mi­che e chiu­sure», dice il segre­ta­rio gene­rale della Cgil di Roma e del Lazio Clau­dio Di Berar­dino, lan­ciando la palla anche al governo, «per cam­biare le norme e rin­no­vare il con­tratto decen­trato e paral­le­la­mente tener conto delle neces­sità della città, lasciando alle spalle i risul­tati dei Fori e di Malagrotta».

Dal canto suo Igna­zio Marino, che nei giorni scorsi aveva par­lato di «scelte incom­pren­si­bili» da parte del sin­da­cato, accu­sato di «non fare gli inte­ressi dei lavo­ra­tori», non teme la piazza. Arriva in bici­cletta, si fa vedere e saluta con la mano, sor­ride. In cam­bio riceve cori, fischi e qual­che insulto. «I dipen­denti che oggi scio­pe­rano e sono in piazza hanno rego­lar­mente rice­vuto il loro sala­rio acces­so­rio», incalza Marino a Radio24, per con­fer­mare poi l’impegno a inse­rire in bilan­cio gli oltre 70 milioni per sod­di­sfare il sala­rio aggiun­tivo e a ripri­sti­nare la lega­lità pro­teg­gendo le con­di­zioni salariali.

Il “sala­rio acces­so­rio” altro non è che che una ulte­riore retri­bu­zione in busta paga con­nessa a obiet­tivi di pro­du­zione o man­sioni aggiun­tive svolte dal lavo­ra­tore. A Roma invece, a fronte anche di una con­di­zione con­trat­tuale bloc­cata, l’amministrazione lo ha usato in que­sti anni in maniera “indi­scri­mi­nata” per garan­tire un aumento in busta paga. Poi arriva una rela­zione del Mef redatta dopo un’indagine svolta dallo scorso otto­bre a gen­naio sulle casse e la mac­china di Roma Capi­tale. Il mini­stero punta il dito, tra l’altro, pro­prio sulla gestione “a piog­gia” del sala­rio acces­so­rio. Stesso rilievo veniva fatto nel luglio del 2008, quando in Cam­pi­do­glio c’era Ale­manno, dalla Corte dei Conti.

Ma lo scio­pero dei dipen­denti comu­nali fa esplo­dere anche le con­trad­di­zioni interne al Par­tito demo­cra­tico romano, in sub­bu­glio e ris­soso dopo lo tsu­nami Renzi, tanto che a bassa voce gli ambienti vicini al sin­daco non esi­tano a par­lare di una stru­men­ta­liz­za­zione della vicenda per col­pire pro­prio Marino, alla vigi­lia di un pro­ba­bile rim­pa­sto di giunta. Il capo­gruppo Fran­ce­sco D’Ausilio ha schie­rato il par­tito con la piazza: «Ho appog­giato la mani­fe­sta­zione dei dipen­denti capi­to­lini per­ché, come più volte riba­dito, siamo al loro fianco e soste­niamo le loro appren­sioni sul sala­rio acces­so­rio. Lo scio­pero è riu­scito con un’altissima per­cen­tuale, segno che le pre­oc­cu­pa­zioni dei lavo­ra­tori vanno com­prese come ha anche dichia­rato il mini­stro della Pub­blica Ammi­ni­stra­zione Marianna Madia». A chie­dere di ria­prire un tavolo di discus­sione anche il capo­gruppo di Sel Gian­luca Peciola : «Il sala­rio acces­so­rio non si tocca. Abbiamo tro­vato le risorse nel bilan­cio 2014 — spiega — ma abbiamo il com­pito di tro­vare una solu­zione che for­ni­sca rispo­ste certe ai dipen­denti capi­to­lini. Biso­gna ascol­tare la loro voce per sta­bi­lire i cri­teri di retri­bu­zione del sala­rio accessorio».

Sullo sfondo il grande non detto: i vin­coli di spesa e di rien­tro del bilan­cio messi in campo dal cosid­detto Salva Roma.


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