Sel, anti renziani e società civile Tutti i teorici del partito di Landini
ROMA «Se Landini si candida a fare politica? Lei è il numero 180. Dalla fine della manifestazione di sabato, ho sentito questa domanda 180 volte. E più io nego, più dico che non lo faccio, più la gente non ci crede». Alla fine della frase, Maurizio Landini si abbandona a un sorriso rilassato. Il leader della Fiom ha aspettato che la polvere di Piazza San Giovanni si togliesse dalle suole delle scarpe. Ha atteso anche che Matteo Renzi celebrasse la fine della Leopolda. E, anche se questo non lo dice, è convinto che da oggi si parlerà del «partito di Landini». Di quella forza che — magari sfruttando anche la scissione di un pezzo del Pd, magari no — potrebbe sfidare da sinistra il premier.
Giorgio Airaudo, deputato di Sel dopo una vita nella Fiom, che di Landini può dirsi «un fratello», la mette così: «Precisiamo una cosa. Questo è un momento troppo delicato per i metalmeccanici, che non possono permettersi di perdere una guida come Maurizio». Ma, a precisazione fatta, Airaudo — che è il primo teorico di un partito del «Lula italiano» — ammette che «c’è una “domanda” politica molto consistente che incontra la figura di Landini. La gente s’identifica con lui per la sua credibilità e la sua coerenza. Più che il numero di vittorie ottenute, conta la sua capacità di resistere di fronte a qualsiasi tipo di battaglia».
E dire che Landini, fino a due mesi fa, escludeva persino nei colloqui con gli amici la possibilità di mollare il sindacato per candidarsi. Poi è successo qualcosa che ha cambiato le carte in tavola. Il 27 agosto scorso, dopo il faccia a faccia con Renzi a Palazzo Chigi, il leader Fiom spezza anche all’interno del sindacato qualche lancia in favore del premier. «Vedrete», è la confidenza che fa, «farà delle cose di destra ma anche di sinistra. E soprattutto, mi ha garantito che non toccherà l’articolo 18». La presentazione del Jobs act, e con essa la rappresentazione plastica di quella promessa mancata, forse ha cambiato il corso degli eventi. E Landini, in privato, adesso non escluderebbe nulla.
«Landini farà quello che deciderà lui stesso», scandisce numero due di Sel. E «qualsiasi cosa deciderà di fare», aggiunge, «la farà con grande efficacia». Per il coordinatore del partito di Vendola, però, «stavolta un processo politico sarà anticipato da un processo sociale. E questo è un tema da sottoporre subito».
Fratoianni è l’uomo che cura i rapporti con gli anti renziani del Pd, a cominciare da Pippo Civati. Quest’ultimo sostiene che «più Renzi picchia la sinistra, più si apre uno spazio a sinistra. È presto per fare nomi. Certo, Landini è uno dei soggetti più interessati a questo cambiamento». Perché il cambiamento potrebbe essere più rapido del previsto. «Se ci sarà la scissione nel Pd», dice sempre Civati, «non sarà certo colpa mia. E comunque, se Renzi dice di non aver paura della Cgil e della sinistra, si vede che un po’ di paura ce l’ha».
Dal partito di Vendola ai democratici che erano in piazza con la Cgil, passando per quella società civile non grillina che provava a far eleggere Stefano Rodotà al Quirinale. Tutti sicuri che, quando sarà l’ora di sfidare Renzi, toccherà a Landini. L’ora X? «Ribadisco che non c’è una manovra politica», giura Airaudo. Ma quando gli si chiede del timing del battesimo della Nuova Sinistra, il deputato di Sel confida che «non si può fare alle Regionali. Il momento della verità sono sempre le Politiche». Le stesse che Renzi, secondo la sinistra parlamentare extrarenziana, vorrebbe anticipare.
Gli anti renziani del Pd stanno alla finestra. «Se il Pd fa il Pd», sussurra Rosy Bindi, «a sinistra non ci sarà spazio. Ma se il Pd farà il post-Pd come alla Leopolda, lo spazio a sinistra si apre eccome. Quello che farà Landini? Dipende da lui». Poi, a chiunque gli chieda se lei starebbe più in un post-Pd o in un partito di sinistra, l’ex presidente dei Democratici risponde con un sorriso. «Fate i bravi…». Non dice sì, non dice no.
Tommaso Labate
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