Greta e Vanessa, facciamo di tutto per liberarle

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Greta Ramelli e Vanessa Mar­zullo sono vive! Una spe­ranza è diven­tata realtà. Ma le due ragazze sono in peri­colo e occorre fare in fretta per libe­rarle. Que­sto è il breve ma chiaro mes­sag­gio postato su You­tube il 17 dicem­bre, almeno que­sta è la data indi­cata in un car­tello mostrato da una delle due ragazze, ma reso noto solo ieri. L’appello è rivolto al governo e ai suoi media­tori, segno che una trat­ta­tiva è in corso. Lo rico­no­scono i seque­stra­tori che evi­den­te­mente hanno indi­cato e sop­pe­sato le parole da dire. Non ci sono pre­con­di­zioni, almeno uffi­cial­mente e, pur nelle mille dif­fi­coltà di una trat­ta­tiva, anche que­sto potrebbe indi­care che libe­rare le due ragazze è possibile.

Que­sti segnali posi­tivi non smi­nui­scono l’angoscia pro­vata davanti a quei visi smunti, a quei corpi avvolti in un hijab nero, allo sguardo basso, di chi legge, ma anche di chi osa alzare gli occhi (verso chi assi­ste alla regi­stra­zione?) ma poi li abbassa, a una voce appena sus­sur­rata. Sono tutte regole impo­ste alla donna dai fau­tori dello stato isla­mico. Tut­ta­via con­tro ogni stru­men­ta­liz­za­zione o ten­ta­zione di par­lare di sin­drome di Stoc­colma – come si fa spesso in que­sti casi, soprat­tutto se gli ostaggi sono donne – occorre ricor­dare che in uno stato di deten­zione non sono i pri­gio­nieri a sce­gliere l’atteggiamento da tenere, ma i loro seque­stra­tori che lo impongono.

Dopo mesi e mesi, da quel ter­ri­bile 31 luglio del 2014, final­mente Greta e Vanessa sono ricom­parse; ora, poco importa come, insieme a loro dob­biamo chie­dere al nostro governo di fare tutto il pos­si­bile. Sap­piamo che i ser­vizi segreti e la Far­ne­sina sono impe­gnati per otte­nere la loro libe­ra­zione e spe­riamo che pos­sano rag­giun­gerla al più pre­sto. Ogni giorno di pri­gio­nia è un far­dello insop­por­ta­bile.
Improv­vi­sa­mente, dopo silenzi, voci incon­trol­late, insi­nua­zioni, sup­po­si­zioni, le abbiamo viste, sen­tite. Il loro mes­sag­gio ria­pre le spe­ranze, non sono nelle mani del fami­ge­rato Stato isla­mico in Iraq e nel Levante (Isil), ma – si dice – in quello del Fronte al Nusra. Non che i jiha­di­sti di al Nusra siano meno fana­tici – e per que­sto la vita delle due ragazze è in peri­colo – ma non sono quelli che mostrano con sadico com­pia­ci­mento le peg­giori imma­gini di ese­cu­zioni som­ma­rie, di sgoz­za­menti, che fanno delle loro pra­ti­che atroci il loro vanto.
Greta e Vanessa sono due di noi, certo più gio­vani, forse ine­sperte, pro­ba­bil­mente un po’ inge­nue, ma mosse da un sen­ti­mento uma­ni­ta­rio che in tempi in cui pre­vale l’indifferenza di fronte al dolore e alle sof­fe­renze altrui, è un atteg­gia­mento enco­mia­bile. Non pos­siamo lesi­nare la nostra soli­da­rietà a chi ne ha fatto un pro­prio obiet­tivo nei con­fronti di chi sof­fre le con­se­guenze della guerra.
Una guerra atroce, dove i morti non si con­tano nem­meno più e i pro­fu­ghi sono milioni. Alcuni di loro sono anche tra quei dispe­rati che rag­giun­gono le nostre coste o che ven­gono tra­volti dalla furia del mare in bur­ra­sca e nes­suno riven­di­cherà mai il loro corpo.

Que­sta è la Siria oggi: un paese dila­niato dalla guerra, dove accanto o con­tro siriani sono schie­rati gruppi di jiha­di­sti, pro­ve­nienti da paesi musul­mani e dall’occidente, tra i più fana­tici, che com­bat­tono solo in nome di dio e non del popolo siriano. Che hanno sfrut­tato la voglia di libertà e demo­cra­zia con­tro il regime di Assad per riget­tare una nazione nel bara­tro. Quella della Siria e dell’Iraq sun­nita è oggi una car­ne­fi­cina senza più nem­meno testi­moni, mai si è assi­stito finora a una guerra in assenza totale di infor­ma­zione e di testi­mo­nianze, dove solo la pro­pa­ganda di guerra – da una parte e dall’altra – la fa da padrone.

Uscire da quell’inferno è dif­fi­cile, ma è pos­si­bile e deve esserlo per Greta e Vanessa. Resistete!



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