Il leader anti Putin ucciso vicino al Cremlino

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MOSCA Credeva molto nella marcia che domani dovrebbe riportare in piazza l’opposizione alla politica di Vladimir Putin. E ne aveva scritto sul suo account Twitter un paio d’ore prima di essere assassinato: «Se siete per la fine della guerra contro l’Ucraina, se volete la fine dell’aggressione di Putin, venite alla marcia». Poi ieri sera, mentre si allontanava a piedi dalla Piazza Rossa assieme a un’amica, Boris Nemtsov, uno dei leader della protesta, grande critico del presidente russo, è stato freddato a colpi di arma da fuoco. Una macchina bianca si è avvicinata e qualcuno ha esploso sei colpi, quattro dei quali andati a segno. Nemtsov è caduto a terra mentre l’auto si allontanava velocemente. Un assassinio «pulito», probabilmente compiuto da professionisti che sembra abbiano fatto perdere le loro tracce. Lo stesso presidente russo ha subito condannato l’omicidio ma ha anche parlato di una «chiara provocazione», affermando che è stato sicuramente eseguito «su commissione», secondo quanto ha riferito il portavoce del Cremlino. Putin ha ordinato agli organi di sicurezza di indagare sull’esecuzione. In serata il presidente americano Obama ha condannato il «brutale assassinio».
Il leader del partito Parnas aveva 55 anni ed era uno dei nomi di spicco del movimento che da anni tenta di saldare i vari gruppi di opposizione per creare una formazione significativa in grado di porsi come alternativa a Putin. La marcia «di primavera» organizzata per domani dovrebbe essere il segnale per un risveglio, dopo mesi nei quali le voci critiche sono diventate sempre più flebili di fronte alla crisi ucraina che ha visto la Russia unirsi dietro al suo capo.
Nemtsov si era segnalato negli anni Novanta come governatore della regione di Nizhnij Novgorod, una delle più dinamiche della Russia. Arrivato a Mosca, era stato nominato vice primo ministro e l’allora presidente Boris Eltsin lo aveva preso sotto la sua protezione. Per un momento il vecchio e malato presidente lo aveva visto come suo possibile successore. Ma poi lo aveva scartato, preferendogli invece l’energico Vladimir Putin che proveniva dai servizi segreti.
Negli ultimi anni Nemtsov era diventato sempre più critico nei confronti di Putin e della sua politica. Fallito il tentativo di mettere assieme una coalizione con l’ex premier Mikhail Kasyanov e l’ex campione di scacchi Garry Kasparov, Nemtsov aveva concentrato le sue energie sulla denuncia delle ruberie e della corruzione.
Aveva studiato a fondo la storia degli appalti per le Olimpiadi di Sochi del 2014, arrivando a realizzare numerosi dossier. Nemtsov era giunto alla conclusione che nei lavori di costruzione degli impianti erano stati rubati «tra i 25 e i 30 miliardi di dollari». Ma questa, aveva ammonito l’uomo politico, era solo «la prima parte delle indagini». Altro, a suo avviso, doveva ancora venire fuori. «Ed è chiaro che a organizzare tutti i lavori a Sochi sono stati gli amici di Putin», aveva denunciato pubblicamente.
Poi c’è stato il dossier sulle spese ordinate ed effettuate dallo stesso presidente russo. «La costruzione di venti palazzi, la spesa di 700 mila dollari in orologi, il suo accesso illimitato a yacht, aeroplani».
Da ultimo Nemtsov aveva affrontato la questione dell’intervento russo in Ucraina e dei soldati mandati «segretamente» oltrefrontiera. Aveva pubblicato una lettera aperta ai soldati russi «che servono senza mostrine in Ucraina». Aveva scritto: «Putin, come comandante in capo, sa perfettamente che la partecipazione delle forze armate in attività militari nell’est dell’Ucraina è illegale».
Pochi giorni fa aveva rilasciato un’intervista: «Mia madre è preoccupata. Lei veramente ha paura che Putin mi possa ammazzare per le mie iniziative… E non è uno scherzo. Mia madre è una persona intelligente».
Fabrizio Dragosei
Nemtsov si era segnalato negli anni Novanta come governatore della regione di Nizhnij Novgorod, una delle più dinamiche della Russia. Arrivato a Mosca, era stato nominato vice primo ministro e l’allora presidente Boris Eltsin lo aveva preso sotto la sua protezione. Per un momento il vecchio e malato presidente lo aveva visto come suo possibile successore. Ma poi lo aveva scartato, preferendogli invece l’energico Vladimir Putin che proveniva dai servizi segreti.
Negli ultimi anni Nemtsov era diventato sempre più critico nei confronti di Putin e della sua politica. Fallito il tentativo di mettere assieme una coalizione con l’ex premier Mikhail Kasyanov e l’ex campione di scacchi Garry Kasparov, Nemtsov aveva concentrato le sue energie sulla denuncia delle ruberie e della corruzione.
Aveva studiato a fondo la storia degli appalti per le Olimpiadi di Sochi del 2014, arrivando a realizzare numerosi dossier. Nemtsov era giunto alla conclusione che nei lavori di costruzione degli impianti erano stati rubati «tra i 25 e i 30 miliardi di dollari». Ma questa, aveva ammonito l’uomo politico, era solo «la prima parte delle indagini». Altro, a suo avviso, doveva ancora venire fuori. «Ed è chiaro che a organizzare tutti i lavori a Sochi sono stati gli amici di Putin», aveva denunciato pubblicamente.
Poi c’è stato il dossier sulle spese ordinate ed effettuate dallo stesso presidente russo. «La costruzione di venti palazzi, la spesa di 700 mila dollari in orologi, il suo accesso illimitato a yacht, aeroplani».
Da ultimo Nemtsov aveva affrontato la questione dell’intervento russo in Ucraina e dei soldati mandati «segretamente» oltrefrontiera. Aveva pubblicato una lettera aperta ai soldati russi «che servono senza mostrine in Ucraina». Aveva scritto: «Putin, come comandante in capo, sa perfettamente che la partecipazione delle forze armate in attività militari nell’est dell’Ucraina è illegale».
Pochi giorni fa aveva rilasciato un’intervista: «Mia madre è preoccupata. Lei veramente ha paura che Putin mi possa ammazzare per le mie iniziative… E non è uno scherzo. Mia madre è una persona intelligente».
Fabrizio Dragosei
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