Economia della promessa: un libro contro il lavoro gratis

Economia della promessa: un libro contro il lavoro gratis

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La mag­gior parte dei testi rac­colti in que­sto pic­colo volume sono stati pub­bli­cati in sei pun­tate, e in forma molto più suc­cinta sulle pagine cul­tu­rali del Mani­fe­sto il mani­fe­sto nello scorso autunno e sono stati ampia­mente ripresi nel corso della discus­sione sem­pre più appro­fon­dita e vivace sul dila­gare delle forme gra­tuite di lavoro. Il fatto che que­ste ultime fos­sero ormai diven­tate un ele­mento indi­spen­sa­bile per il fun­zio­na­mento di interi com­parti pro­dut­tivi e incom­bes­sero sem­pre più da vicino su molti altri, come stru­mento di ricatto, come pas­sag­gio obbli­gato nei per­corsi del lavoro pre­ca­rio, come schema disci­pli­nare e come mani­po­la­zione ideo­lo­gica della sog­get­ti­vità, ci ave­vano con­vinto ad affron­tare il tema con una mag­giore ampiezza. Ovvia­mente, né la serie di arti­coli usciti sul gior­nale, né il pic­colo volume che avete tra le mani esau­ri­scono in alcun modo la com­ples­sità di una con­di­zione, mol­te­plice nelle sue sfac­cet­ta­ture e mobile nei suoi con­fini come quella del lavoro gra­tuito e ancor meno pos­sono dare rispo­sta sod­di­sfa­cente alla domanda su come que­sto possa orga­niz­zarsi per imporre l’abolizione di que­sta forma di sfrut­ta­mento. Abbiamo preso in esame solo alcuni com­parti e un evento asso­lu­ta­mente esem­plare per quanto riguarda la tor­sione com­mer­ciale del “volon­ta­riato” e l’economia poli­tica della pro­messa quale è l’Esposizione uni­ver­sale che sta aprendo i bat­tenti a Milano. Lad­dove il lavoro a sala­rio zero ha rice­vuto l’incredibile bene­di­zione dei sindacati.

Gli ambiti che abbiamo preso in con­si­de­ra­zione sono quelli del mondo dell’arte e delle pro­fes­sioni crea­tive, del gior­na­li­smo e dell’editoria, dell’accademia e della poli­tica che, sep­pure pos­siede uno sta­tuto alquanto ano­malo, e di scarsa popo­la­rità, fa da modello moti­va­zio­nale alla pre­tesa di asso­luta dedi­zione avan­zata dalle aziende. Non si tratta che di un primo passo nella dire­zione di un lavoro di inchie­sta più vasto e appro­fon­dito di cui vi è ormai estrema urgenza. A comin­ciare da quei set­tori nei quali il lavoro gra­tuito o semi­gra­tuito si è affer­mato da più tempo e con mag­giore diffusione.

C’è da aggiun­gere che il lavoro gra­tuito o ver­go­gno­sa­mente sot­to­pa­gato non si limita affatto ai set­tori di cui ci siamo occu­pati in que­ste pagine. Que­ste forme di sfrut­ta­mento si esten­dono sem­pre più rapi­da­mente ai più diversi ambiti pro­fes­sio­nali dallo spet­ta­colo alla moda, dalla coo­pe­ra­zione inter­na­zio­nale a diverse “pro­fes­sioni libe­rali”, come si chia­ma­vano una volta, dalla comu­ni­ca­zione alla gestione di eventi pub­blici e pri­vati. Ma non solo alle atti­vità qua­li­fi­cate, per le quali è pre­vi­sto un effet­tivo pro­cesso di appren­di­mento, sia pure desti­nato a non sfo­ciare mai in un lavoro ragio­ne­vol­mente retri­buito, o una qual­che forma di gra­ti­fi­ca­zione. Una insop­por­ta­bile reto­rica, accom­pa­gnata da con­ti­nui inter­venti di “riforma” azien­da­li­sta dei per­corsi for­ma­tivi, pre­scrive per­fino l’ adde­stra­mento al lavoro “in gene­rale” e la pre­di­spo­si­zione ad accet­tare qual­siasi con­di­zione di “impiego” incluso quello non retri­buito. Senza con­tare l’intento di costrin­gere i per­cet­tori di sus­sidi a svol­gere atti­vità lavo­ra­tive di poca o nes­suna qua­lità, secondo un modello di acca­ni­mento “lavo­ri­sta” che si va affer­mando in diversi paesi europei.

Un vero insulto nei con­fronti delle gio­vani gene­ra­zioni, bom­bar­date dalla mito­lo­gia della “società della cono­scenza” e dalle ricor­renti fan­do­nie sulla meri­to­cra­zia. Nes­sun angolo della società è ormai al riparo dal gioco di sponda tra lavoro pre­ca­rio e lavoro gra­tuito. Due realtà la cui inte­ra­zione si è resa ormai evi­dente agli occhi di tutti.

Il diritto del lavoro, i tri­bu­nali, le isti­tu­zioni, meno che mai le poli­ti­che di governo, offrono oggi stru­menti effi­caci di difesa da que­ste forme di ricatto e di sfrut­ta­mento che, al con­tra­rio, ven­gono favo­rite. è una situa­zione allar­mante che abbiamo voluto riper­cor­rere nel sag­gio che con­clude que­sto volume. Ma non si tratta solo di descri­vere la mise­ria di una con­di­zione sot­to­po­sta a un for­mi­da­bile potere di ricatto, bensì anche di indi­vi­duare e pra­ti­care forme di resi­stenza e di lotta in grado di con­tra­starlo effi­ca­ce­mente. Sot­traen­dosi all’illusionismo dell’ideologia e al timore delle gerar­chie. Incro­ciando le brac­cia di fronte a una pro­messa che sap­piamo non sarà mai man­te­nuta. Per tor­nare a quell’idea di esodo intra­pren­dente, di détour­ne­ment delle ener­gie e della coo­pe­ra­zione sociale che da molti anni stiamo inse­guendo. Con l’auspicio che anche il lavoro dipen­dente rego­lar­mente retri­buito cominci a pren­dere coscienza di quanto que­ste pra­ti­che di “impiego” senza red­dito lo minac­cino da vicino, con­tri­buendo al suo deprez­za­mento quando non alla sua sostituzione.

***
Eco­no­mia poli­tica della pro­messa, Mani­fe­sto­Li­bri, pp.96. In edi­cola con Il Mani­fe­sto il 30 aprile e in libre­ria. Un’inchiesta col­let­tiva a cura di Marco Bascetta. Con inchie­ste di: Giu­seppe Alle­gri, Marco Bascetta, Giu­seppe Bron­zini, Roberto Cic­ca­relli,  Andrea Colombo, Vale­ria Gra­ziano, Cri­stina Morini.



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