Emergenza Siria, oltre quattro milioni in fuga

Emergenza Siria, oltre quattro milioni in fuga

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È un esodo epocale. Appena dieci mesi dopo l’arrivo del profugo numero tre milioni, la marea di fuggiaschi dalla guerra in Siria ha superato il livello di quattro milioni. Il conto dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati arriva a 4 milioni e tredicimila, le previsioni dicono che entro fine anno si arriverà a 4,27. E il quadro del disastro umanitario in arrivo si completa solo aggiungendo gli sfollati che sono rimasti all’interno della Siria, ma sono stati costretti a lasciare le loro case: secondo l’Unhcr sono almeno 7,6 milioni.
Il totale sfiora dunque i dodici milioni: un popolo in fuga, per il quale i numeri danno solo un’idea generale, senza restituire il senso della tragedia individuale. Milioni di storie oscillanti fra l’angoscia e la speranza, vite legate alla generosità degli altri, alla disponibilità degli organismi internazionali, alle esili o persino inconsistenti prospettive di pace. «Per questa generazione è la più massiccia popolazione di rifugiati di una sola guerra», dice Antonio Guterres, alto commissario dell’Onu. Secondo Guterres, «il deteriorarsi della situazione spinge molti a cercare di raggiungere l’Europa o di andare oltre, ma la grandissima maggioranza resta nella regione». La Turchia ospita oltre 1.805mila profughi, circa 250mila sono in Iraq, 630mila in Giordania, 1.172mila in Libano, 132mila in Egitto, altri 24mila sparsi nel nord Africa. Almeno 270mila sono i richiedenti asilo in Europa.
Ma il superamento di quota quattro milioni corrisponde all’allarme per le risorse: l’Unhcr stima che servano almeno 5,5 miliardi di dollari in aiuti umanitari, prima che i paesi ospiti siano spinti verso l’instabilità. Anche perché i rifugiati che vivono nei campi di raccolta del Medio oriente sono ormai alla disperazione: in Giordania l’86 per cento vive sotto i livelli di povertà, con meno di 3,2 dollari al giorno, in Libano più della metà è costretta a vivere in strutture improvvisate. E lo sconforto stimola evoluzioni inaccettabili: fra i profughi si diffondono il lavoro minorile, l’accattonaggio, i matrimoni di minori, mentre cresce la competizione per le risorse, dall’acqua all’energia.


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