All’Onu due anni di confronto per «17 obiet­tivi », ora bisogna realizzarli

All’Onu due anni di confronto per «17 obiet­tivi », ora bisogna realizzarli

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I capi di Stato e di governo, le dele­ga­zioni diplo­ma­ti­che, l’alta buro­cra­zia del Palazzo di Vetro hanno for­mal­mente ini­ziato ieri la discus­sione sui nuovi Obiet­tivi di svi­luppo soste­ni­bile (SDG), eredi di quelle Mete del Mil­len­nio (MDG) annun­ciate e sot­to­scritte 15 anni fa e che ora sono al capo­li­nea. Tra luci e ombre.

Ma i nuovi obiet­tivi, ben 17, che entro dome­nica saranno carta scritta e sot­to­scritta dai governi del pia­neta hanno rispetto al pas­sato una novità.

Sono il frutto di una con­cer­ta­zione durata due anni che ha coin­volto due milioni di per­sone in 40 Paesi cer­cando, per la prima volta, di met­tere in piedi un pro­cesso nego­ziale che tenesse in conto anche le mino­ranze, le asso­cia­zioni della società civile, cit­ta­dini e sindaci.

Que­sti ultimi sono invi­tati a Torino a metà otto­bre per ten­tare, con un Forum sullo svi­luppo eco­no­mico locale, di decli­nare a livello di ter­ri­to­rio (ci saranno decine di sin­daci) quelli che que­sta volta non dovreb­bero essere obiet­tivi calati dall’alto e figli solo di un nego­ziato tra la diplo­ma­zia dell’Onu e i col­letti bian­chi dei governi.

Fin qui le luci di obiet­tivi molto con­di­vi­si­bili che vanno dall’azzeramento della fame, alla salute per tutti, dalla pro­te­zione dell’ambiente al con­sumo respon­sa­bile o alla parità di genere.

Ma le ombre sono in agguato in quella che è una sfida epo­cale tra qui e il 2030 e che in parte rie­cheg­gia le parole del papa ma anche le bat­ta­glie dei movi­menti sociali.

Le ombre stanno almeno in due sog­getti: il set­tore pri­vato, il cui ingresso tra i pro­ta­go­ni­sti del cam­bia­mento viene salu­tato dall’Onu come un passo avanti, e i governi che, nel bene e nel male, hanno nego­ziato in molti casi al ribasso spe­rando che gli obiet­tivi restino più dichia­ra­zioni d’intenti che vere e pro­prie poli­ti­che da met­tere in pratica.

Il pri­vato non è in sé il male asso­luto ma solo se il sociale sarà in grado di con­te­nerne la spinta per forza di cose libe­ri­sta. Il grande esem­pio è Bill Gates e la fon­da­zione che gesti­sce con sua moglie. C’è chi lo bene­dice per i fondi dati alla ricerca sulla mala­ria o l’Aids ma anche chi ne teme l’influenza nefa­sta quando, in molti casi, si sosti­tui­sce ai governi in nome del vec­chio refrain «pri­vato è bello ed effi­ciente», che ora è di gran moda.

E’ un timore che si riflette nell’allarme di un’organizzazione come Medici senza fron­tiere: «Siamo pre­oc­cu­pati che i nuovi obiet­tivi, se pur lode­voli, siano un’illusione – dichia­rano – per­ché siamo testi­moni di quanto l’accesso ine­guale alle cure, le regole com­mer­ciali sem­pre più severe, la ridu­zione dei fondi per la ricerca e lo svi­luppo e la man­canza di volontà poli­tica con­ti­nuino a spez­zare vite e para­liz­zare intere comu­nità». Secondo Msf negli ultimi 15 anni, sono state inve­stite grandi risorse per affron­tare le epi­de­mie e miglio­rare la salute materna e infan­tile ma «que­sti risul­tati oggi sono a rischio. I paesi a medio red­dito – dove oggi vive il 70% delle per­sone più povere al mondo – stanno per­dendo il soste­gno inter­na­zio­nale e sono costretti a sce­gliere fra sanità e altri settori».

Insomma in un momento in cui si tagliano i tra­sfe­ri­menti alla ricerca, alla salute, agli enti locali, alla scuola, come si fa a pen­sare che in 15 anni salute, istru­zione, decen­tra­mento fun­zio­ne­ranno meglio?

E’ que­sta la sfida vera cui l’Onu dovrà rispon­dere, immer­gendo nella realtà quel che si decide nelle alate stanze del Palazzo di Vetro e facendo i conti con le poli­ti­che dei governi.

A Torino tra due set­ti­mane ci pro­verà: secondo il Pro­gramma per lo svi­luppo – l’Undp, il brac­cio poli­tico dell’Onu – la vera svolta può infatti arri­vare solo da un rap­porto vir­tuoso tra cen­tro e peri­fe­rie e dalla valo­riz­za­zione dei ter­ri­tori, delle reti asso­cia­tive locali, della pro­du­zione inno­va­tiva e soste­ni­bile, a por­tata di cittadino.

C’è chi ci sta pro­vando. Resta da vedere se, come dice Ban Ki moon, il mondo saprà dav­vero non esclu­dere più nessuno.



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