La trincea di Hollande. Lo stato di emergenza diventerà permanente

La trincea di Hollande. Lo stato di emergenza diventerà permanente

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PARIGI Un presidente socialista di guerra e di sicurezza, il migliore alleato dei generali e delle forze di polizia: la metamorfosi di François Hollande è ormai completa.
L’uomo che ha passato i primi due anni all’Eliseo a studiare timide riforme fiscali e poco incisive scelte economiche, l’evanescente leader che alcuni accusavano di avere il carisma e il coraggio di un sotto-prefetto di provincia, affronta oggi l’emergenza terrorismo con una determinazione — in Medio Oriente e adesso anche in patria — che inquieta alcuni del suo stesso campo.
All’esterno, Hollande ha intensificato i bombardamenti contro lo Stato islamico in Siria, facendo del ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian il suo uomo di fiducia; all’interno, il presidente sostenuto dal premier Manuel Valls e dal ministro Bernard Cazeneuve presenta in questi giorni un progetto di legge che dà grandi poteri alla polizia e ai procuratori, slegati dal controllo giudiziario. Misure che, se proposte da un governo di destra, avrebbero probabilmente fatto gridare al colpo di Stato strisciante.
Prolungare o no lo stato di emergenza che scade a febbraio? Nel dubbio, le norme più importanti verranno inserite nel codice penale e rese permanenti.
Nell’anniversario di Charlie Hebdo , mentre il ventenne di origine marocchina Sallah Ali brandiva un’accetta e gridava «Allah Akhbar» davanti a un commissariato, Hollande presentava ieri gli auguri di buon anno alle forze dell’ordine riunite alla prefettura di Parigi.
Poliziotti, gendarmi, membri delle unità speciali del Raid e del Gign, soldati dell’operazione Sentinelle incaricati di proteggere i luoghi sensibili in tutta la Francia, raccolti in un omaggio ai tre agenti caduti negli attentati di gennaio 2015: l’uomo della scorta Franck Brinsolaro, Ahmed Merabet ucciso per strada dai fratelli Kouachi, e l’agente municipale Clarissa Jean-Philippe vittima di Amedy Coulibaly, «morti perché noi potessimo vivere liberi», ha ricordato Hollande. Ma è proprio questo che viene contestato al presidente: quegli eroi sono morti perché noi potessimo vivere liberi, o sicuri? La priorità è la libertà, o la sicurezza?
« Le nostre libertà devono essere garantite — ha proclamato il presidente davanti alla corona di fiori —. La Francia sa bene che perderebbe sé stessa se trascurasse i valori che la fondano».
Ma la realtà sembra diversa. Ancora una volta dopo gli orrori del 2015 e in particolare i 130 morti di novembre, la sinistra al governo dà l’impressione di volere seguire gli umori di un Paese che si sposta sempre più a destra, e di essere pronta anche a rinunciare alla sua anima, a ciò che la distingueva dalla cultura politica dell’ex «primo poliziotto di Francia» Nicolas Sarkozy.
Il testo sotto esame al Consiglio di Stato offre al pubblico ministero potenti mezzi di inchiesta, come le perquisizioni a domicilio che in epoca pre-terrorismo dovevano essere autorizzate dal giudice istruttore, e adesso non lo sono più.
Anche cimici, telecamere e software potranno essere usate su semplice ordine della procura. Lo spostamento di peso dal giudice al procuratore è importante, perché il secondo è nominato dal governo e non è indipendente dal potere esecutivo, come ha ricordato anche la Corte europea dei diritti dell’uomo in una recente condanna della Francia (2013).
Il deputato socialista Pouria Amirshahi dice che «Manuel Valls non è più il primo ministro ma il portavoce dei poliziotti», che avranno regole di ingaggio meno rigide e potranno usare le armi con più facilità, mentre l’ex ministro Benoît Hamon critica in particolare le quattro ore di custodia cautelare senza avvocato, denunciando «una migrazione dello stato di emergenza nel diritto comune».
Sullo sfondo, la polemica più dolorosa, quella sulla revoca della nazionalità francese ai cittadini con doppio passaporto condannati per terrorismo. In gioco c’è la fine dell’uguaglianza davanti alla legge: a parità di crimine, i francesi «normali» conserveranno la loro cittadinanza, quelli «bi-nazionali» (i musulmani, insomma), no. La Guardasigilli Christiane Taubira non nasconde la sua opposizione, perché la revoca «tocca un pilastro importante della democrazia francese», e oltretutto serve a ben poco: per essere privati della nazionalità francese bisognerà essere «terroristi bi-nazionali, catturati e vivi». Quattro requisiti che raramente vanno insieme.
Stefano Montefiori


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