Torino, sì dai giudici a due coppie di donne per l’adozione dei figli

Torino, sì dai giudici a due coppie di donne per l’adozione dei figli

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Non sono le conseguenze pratiche, che pure «sono importanti», la prima cosa a cui hanno pensato Silvia Casassa e sua moglie Daniela Vassallo quando hanno ottenuto l’adozione incrociata delle rispettive figlie, Agata, di 7 anni, e Amalia, di 4. «Oggi ho guardato Daniela camminare in strada con Agata e mi sono detta: adesso nessuno potrà più togliergliela — racconta Silvia e la voce si incrina in un singhiozzo —. E adesso nessuno può togliere Amalia a me: è mia anche per la legge. Non potranno neppure più impedirmi di accompagnarla al pronto soccorso o di viaggiare da sola con lei, ma la cosa che cambia davvero tutto è questa sensazione di sicurezza».

Silvia e Daniela, entrambe 46 anni, sposate in Danimarca nel 2014, sono una delle due coppie lesbiche a cui ieri la Corte di appello di Torino ha concesso la stepchild adoption dei bambini partoriti dalla partner. L’altro caso riguarda una donna che ha adottato il bimbo di 5 anni avuto dalla moglie (le nozze sono state celebrate in Islanda nel 2015). È la prima volta che l’adozione cogenitoriale viene riconosciuta a un partner dello stesso sesso fuori da Roma, dove era successo già nel 2014 e ci sono stati oltre una decina di casi. Ed è la prima volta che accade dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili.

Anche se dal testo della Cirinnà sono state stralciate le parti originariamente previste sulla stepchild adoption e sulla questione ci si limita a rimandare alle «norme vigenti», la doppia decisione torinese ha risollevato le polemiche. «Lo avevamo detto e lo ripetiamo, la legge sulle unioni civili aprirà la strada all’adozione per le coppie gay, per questo continueremo il nostro impegno per raccogliere le firme per il referendum abrogativo», ha commentato il senatore di FI Lucio Malan. Sulla stessa linea il presidente della Commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi (Ncd) e il deputato della Lega Nord Marco Rondini, che pure sostengono il referendum. Soddisfatta invece la responsabile Diritti della segreteria nazionale del Pd Micaela Campana: «Si tratta di una decisione che consentirà ai minori di vedersi tutelati nella loro sfera familiare come soggetti di diritto. I giudici hanno messo al centro il supremo interesse del minore al di là dell’orientamento sessuale dei genitori».

I magistrati di Torino (presieduti da Carmen Mecca, mentre il giudice estensore è stata Federica Lanza) hanno appurato infatti che i bimbi stanno crescendo bene «ottimamente accuditi» dai relativi genitori e in un «clima sereno e positivo». E così hanno stabilito che andasse «assai semplicemente» riconosciuta una «situazione di fatto», applicando la legge del 1983 sulle adozioni in casi particolari. Le due sentenze richiamano inoltre pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo e quella del 9 febbraio 2015 della Cassazione italiana in cui si afferma che il concetto di «vita familiare» deve essere «ancorato ai fatti» e «nessun rilievo può avere la circostanza che il nucleo sia formato da un’unione affettiva eterosessuale o tra persone dello stesso sesso». In entrambi i casi il pg presso la Corte d’appello si è espresso a favore della stepchild adoption. La Corte ha così ribaltato le sentenze di primo grado, che l’avevano negata.

«È una grandissima gioia — dice ancora Silvia Casassa —. Quando abbiamo deciso di avere la prima bimba ci siamo chieste chi sarebbe stata la “mamma di pancia” e chi la “mamma di cuore” e abbiamo deciso che sarei stata io solo perché per questioni di lavoro sarebbe stato più semplice» (Silvia è ricercatrice di chimica in università, Daniela impiegata). «La seconda l’ha partorita Daniela — prosegue — ma sono sempre state figlie di entrambe. Ora non sono più invisibili per lo Stato». Le bambine, però, per legge non sono sorelle, anche se figlie delle stesse due mamme (l’adozione in casi particolari prevede infatti una parentela limitata). «Cercheremo di far avere loro lo stesso cognome. A scuola già si firmano Casassa Vassallo, perché le maestre sono state meravigliose».

Elena Tebano



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