Sicurezza urbana? Il decreto Minniti risuscita la legge Giovanardi

Sicurezza urbana? Il decreto Minniti risuscita la legge Giovanardi

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Non solo ampliamento dei poteri di ordinanza del sindaco, rafforzamento del mini Daspo urbano (una sorta di foglio di via da alcuni luoghi “sensibili” della città), proroga dell’arresto in flagranza differita anche fuori dagli stadi e dopo le manifestazioni: il decreto «Minniti-Orlando» sulla sicurezza urbana che oggi verrà licenziato dalla Camera e trasmesso al Senato per la conversione in legge entro il 20 aprile, fa rientrare dalla porta ciò che la Corte Costituzionale ha buttato dalla finestra. L’articolo 13 infatti è la fotocopia dell’articolo 75 bis della legge Fini-Giovanardi che la Corte Costituzionale ha soppresso un anno fa (sentenza 94/2016), ultimo colpo di scure su una legge smontata pezzo per pezzo dalla Consulta.

Contemporaneamente però il governo ha presentato una correzione, in forma di articolo 10 bis, per introdurre un codice identificativo di reparto (non individuale) sulle divise degli agenti delle forze dell’ordine.

Una proposta (ben al di sotto del necessario richiesto dal Consiglio d’Europa per la democratizzazione delle polizie italiane) che era contenuta in un emendamento presentato dalla pentastellata Roberta Lombardi e che è stato dichiarato inammissibile perché «erroneamente formulato». E non è stato l’unico: alcuni deputati del M5S hanno protestato per la «discriminazione», a loro dire, subita dai propri emendamenti, «respinti o accantonati».

L’articolo aggiuntivo è stato depositato ieri, al varo del Comitato dei nove (ma potrebbe essere non ammesso), insieme alla proposta del relatore di riformulare un emendamento di FI che introduce l’arresto differito in flagranza, «sulla base di documentazione video», per «reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone, anche in occasioni pubbliche».

Senza tetto, mendicanti, ambulanti, abusivi, rom, tossicodipendenti, prostitute, giovani della movida, ultrà e parcheggiatori: eliminati loro, almeno dalla visuale, le città italiane torneranno decorose. È questa la filosofia del decreto «Minniti-Orlando», il core elettorale calibrato sulla paura diffusa, come hanno denunciato SI e le associazioni per i diritti umani, e come ammette tra le righe lo stesso ministro dell’Interno durante il question time: «C’è una percezione di senso di insicurezza, soprattutto nelle aree metropolitane – ha spiegato Minniti – ma il 2016 segna una diminuzione della delittuosità pari al 9,4% rispetto il 2015, e se prendiamo il mese di gennaio la percentuale è più alta: meno 23,2% rispetto gennaio 2016».

Eppure, senza alcun bisogno di inchinarsi alla logica, il super ministro conclude: «Confido che il provvedimento potrà incrementare gli strumenti in mano ai sindaci per prevenire la diffusione della criminalità nelle città».

Ne è convinto anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che ieri ha ringraziato il questore Alberto Intini per aver disposto il Daspo urbano nei confronti di un 21enne marocchino condannato per spaccio, che in questo modo non potrà avvicinarsi a tutti i locali che si trovano in una zona del centro storico. «Chi spaccia piccole dosi viene denunciato, o più raramente viene arrestato, ma il giorno dopo è di nuovo libero», si è lamentato il questore di Firenze. Che considera il decreto capace di colmare «vuoti che non può coprire l’azione giudiziaria», anche se suggerisce di correggere il testo rendendo il Daspo urbano applicabile «dopo un arresto per spaccio», e non solo dopo una condanna definitiva.

Il decreto sicurezza non arriva a tanto ma comunque riapre una via chiusa dai giudici costituzionali (sia pure per motivi di «omogeneità» con il decreto in cui venne inserito): l’articolo 13 reintroduce infatti l’inasprimento delle sanzioni amministrative (obbligo di firma, mobilità ridotta, libera uscita a fasce orarie, divieto di allontanarsi dal comune di residenza, il divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore) per piccoli spacciatori e tossicodipendenti, cancellate dalla Consulta.

Ad accorgesene è stato il deputato di SI, Daniele Farina, che ha presentato un emendamento soppressivo dell’articolo fotocopia di quello ideato da Giovanardi. L’emendamento è stato respinto, naturalmente. Il M5S si è astenuto.

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