L’asse Raggi-Salvini sgombera i Rom del Camping River

L’asse Raggi-Salvini sgombera i Rom del Camping River

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«Sui campi rom non guarderò in faccia a nessuno», aveva detto Virginia Raggi due anni fa, appena insediata in Campidoglio, parlando in privato ai suoi assessori. Ha mantenuto la minaccia e ha sgomberato Camping River, a due giorni dallo stop allo sfratto intimato della Corte europea per i diritti umani e all’indomani dell’incontro con Matteo Salvini (che aveva definito senza giri di parole «parassiti» i rom che vivono nelle baraccopoli).

LA SINDACA HA TIRATO DRITTO senza pensarci un attimo. L’operazione è cominciata ieri di buon mattino. Per chiudere l’insediamento sulla via Tiberina dove vivevano fino a ieri quasi trecento persone, con una netta prevalenza di minori, sono intervenuti 250 uomini in divisa, soprattutto dei vari corpi della polizia municipale. Hanno creato un cordone invalicabile attorno all’area: accesso inibito a legali, giornalisti e parlamentari.

«Stanno sgomberando un campo che funziona, che ha un tasso alto di scolarizzazione e che non ha mai creato alcun problema», commentano increduli gli operatori. I rom, dal canto loro, denunciano l’ intervento duro da parte degli uomini in divisa e segnalano l’uso di spray al peperoncino.

Il comandante dei vigili Antonio Di Maggio nega ogni tensione. Si tratta di un agente di esperienza, nominato al vertice del corpo nel marzo scorso quando si trovava a diciotto mesi dalla pensione. È uno che ha la fama di essere un duro, Di Maggio. Che già in passato è stato al centro di polemiche per l’uso spregiudicato dello spray da parte dei suoi uomini. Quando lo sgombero è ancora in corso, dal vertice del Movimento 5 Stelle arriva la copertura politica di Luigi Di Maio: «È stato uno sgombero pacifico e lo ritengo legittimo», dice il vicepremier grillino.

I RACCONTI CHE ARRIVANO da dentro la struttura raccontano una verità diversa. «Ci hanno trattato come animali – riferisce Florin, 31 anni – Hanno spinto a terra alcune donne. Qualcuno è uscito volontariamente, qualcuno è svenuto. Io sto andando a prendere la mia roba non so dove andrò».

Salvini affida la sua soddisfazione a un tweet che invoca «Legalità, ordine e rispetto prima di tutto». La tolleranza zero, è il messaggio, non prevede la solidarietà. Poco è cambiato rispetto alle condizioni di partenza. Con lo sgombero la maggior parte degli abitanti di Camping River finisce in mezzo a una strada, a pochi è stato garantita l’unità del nucleo familiare e un’esigua minoranza ha accettato di dividersi per andare in strutture emergenziali. A una famiglia di 13 persone con un neonato sarebbe stato offerto di andare a vivere nelle casette montabili Ikea che nel’inverno scorso la Croce rossa messo su per far fronte a emergenze del genere. Solo cinque persone, infine, hanno firmato per il bonus di tremila euro in cambio del rimpatrio.

QUANDO IL SOLE del primo pomeriggio infiamma l’asfalto tutto pare già essersi consumato. Regna una calma irreale tra le casette del Camping River rivestite dai sigilli della polizia municipale.

Fuori si radunano molti degli abitanti, compresi quelli che in un primo momento avevano accettato un ricovero d’urgenza. Dal comune hanno provveduto a fare piazza pulita, per di più facendo passare il raid come un intervento a tutela dei rom, dettato da impellenti condizioni di «emergenza sanitaria». È la stessa identica formula che Virginia Raggi aveva utilizzato il giorno prima per chiosare le parole con le quali Salvini sfidava la Corte europea e garantiva l’appoggio delle forze dell’ordine per l’iniziativa del comune. Si era capito bene che il patto tra i due si era stretto ulteriormente ma in pochi si attendevano che la procedura scelta la tempistica avrebbe sfidato apertamente il giudizio della Corte.

«AL CONTRARIO di quanto sostiene Salvini questo sgombero avviene nell’illegalità – ragiona il deputato Riccardo Magi, di Radicali Italiani – L’Italia rischia condanne e sanzioni». Oltre a Magi, sono accorsi il compagno di partito Alessandro Capriccioli, il capogruppo piddino Giulio Pelonzi e Stefano Fassina di Sinistra Italiana. Non è stato avvistato neanche uno dei 25 consiglieri comunali che compongono il monocolore grillino in Campidoglio. Raggi parla di «una ‘terza via’ basata su inclusione e rispetto della legalità, tutela dei diritti e rispetto dei doveri», ma qui fanno notare la durezza della sua scelta. Alcune classi delle scuole di zona chiuderanno per mancanza di iscritti.

Hanno perduto decine di alunni, messi per strada dall’oggi al domani. In serata, da Strasburgo prendono atto dell’atto compiuto e del fatto che il procedimento decade perché proprio i nuclei ricorrenti, nelle ore in cui era vietato l’accesso al campo, hanno alla fine accettato le soluzioni alternative. Alla sindaca tanto basta per dichiarare vittoria.

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21 Luglio: «Offesa alla Corte Europea, così si perde fiducia nella democrazia»

Camping River. Parla il presidente dell’associazione, Carlo Stasolla:«Un centinaio di uomini, donne e bambini, già in condizioni di estrema fragilità saranno esposti a un’ancora maggiore vulnerabilità»

«Da oggi chi vive in Italia non può dare per scontati i diritti umani fondamentali». È sconcertato Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 Luglio che aveva assistito tre nuclei di rom per la presentazione del ricorso a Strasburgo.

Martedì scorso era andato in Campidoglio a presentare la petizione firmata da centinaia di romani contrari allo sgombero di Camping River. Quando era arrivato il giudizio che in un primo momento aveva bloccato tutto, dalla 21 Luglio avevano salutato la vittoria dei Davide contro il Golia della politica. Ma non è servito.

Che cosa rappresenta lo sgombero del Camping River?

Di sgomberi purtroppo ne abbiamo visti tanti. Si presentano scene atroci, da non dormirci la notte. In questo caso, però, siamo di fronte a una situazione ancora peggiore. C’è un’aggravante che costituisce un precedente pericoloso: il gesto scellerato che offende in maniera sprezzante l’autorità e le funzioni della Corte europea. Un centinaio di uomini, donne e bambini, già in condizioni di estrema fragilità saranno esposti a un’ancora maggiore vulnerabilità.

Lo sgombero è arrivato prima che la Corte di Strasburgo potesse esprimersi sulle carte del governo italiano.

Noi le avevamo lette e con i nostri avvocati abbiamo presentato le controdeduzioni. Non ci saremmo aspettati un’accelerazione del genere, che potrebbe essere dovuta al timore di una censura ulteriore proveniente da Strasburgo. Presentano questo abuso come riappropriazione di sovranità contro i diktat europei, secondo uno schema adoperato diverse volte da questa maggioranza.

Cosa ne sarà delle persone che vivevano in quel posto?

In pochi hanno accettato i ricoveri di emergenza. In queste ore stiamo apprendendo che anche tra quei pochi alcuni stanno rinunciando, non vogliono che il loro nucleo familiare si divida. Preferiscono rimanere in mezzo a una strada. In questi giorni abbiamo cercato di spiegargli che ancora ci troviamo in uno stato di diritto, che l’Europa difende le minoranze e che non tutto era perduto. Ma adesso dubito che avranno ancora fiducia nelle istituzioni e nelle garanzie democratiche.

 

* Fonte: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO



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