Migranti. In 70 arrivano a Lampedusa, dove «gli sbarchi non sono mai finiti»

Migranti. In 70 arrivano a Lampedusa, dove «gli sbarchi non sono mai finiti»

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LAMPEDUSA. Se l’equipaggio di un peschereccio tunisino non avesse diramato le prime informazioni innescando l’operazione Sar per il soccorso del gommone col suo carico di essere umani nel Canale di Sicilia, dello sbarco, avvenuto l’altro ieri notte a Lampedusa, non si sarebbe saputo nulla. Le 70 persone a bordo, tra cui due bambini, sarebbero rimaste dei ‘fantasmi’. Come gran parte dei circa 2.500, forse 3mila, migranti giunti nell’isola delle Pelage dall’inizio dell’anno. Di loro si sa ben poco.
Chi vive nell’isola parla di centinaia di persone, tantissimi minorenni, sbarcati negli ultimi dieci mesi, ma di cui non si sa nulla. Appena approdano sul molo, raccontano diversi lampedusani, vengono presi da carabinieri e polizia, portati nell’unico capannone disponibile dell’hotspot e trasferiti nell’arco di 48 ore con la nave a Porto Empedocle. Dove? Un mistero. Fantasmi, in carne e ossa. Perché Lampedusa, questa è la convinzione della gente che vive in questo lembo estremo di una Europa che sente sempre più lontana, è ormai l’isola che non c’è. La strategia del governo gialloverde, da queste parti ne sono convinti, sembra chiara. Spegnere i riflettori sull’isola per nascondere all’opinione pubblica il fallimento del disegno politico del ministro Salvini, impegnato nel suo braccio di ferro con Parigi e Berlino. Perché qui i migranti continuano ad arrivare a migliaia, nonostante il silenzio. Il porto non è affatto chiuso come vuol fare credere la propaganda del ministro Salvini; piccole barche arrivano direttamente in banchina con cadenza quasi giornaliera, come riferiscono diversi testimoni. Impossibile sapere quanti sono i barchini che non ce la fanno, quanti sono i cadaveri inghiottiti a largo dell’isola, diventata una sorta di zona franca, un corridoio incontrollato dentro un piano ordito per tranquillizzare quell’opinione pubblica che nelle parate invoca Salvini come il salvatore della patria.

Ma la realtà è un’altra. Basta farsi un giro nella zona del porto, dove sono ammassati i legni dei barchini per rendersi conto di quanto sta accadendo. Non è un caso, sussurrano in tanti, se il governo Salvini-Di Maio abbia deciso di ignorare la cerimonia del 3 ottobre lasciando sola Lampedusa nel giorno della commemorazione dei 360 morti e dei 20 dispersi che cinque anni fa fece inorridire il mondo. Un silenzio spettrale al cospetto di una tragedia senza precedenti. Un clima irrespirabile qui a Lampedusa dove regna la sfiducia nelle istituzioni, dove la sensazione predominante è quella dell’abbandono: con Roma che appare sempre più lontana. Così l’approdo dei 70 migranti, qui, non fa notizia. Il gommone è stato soccorso dalla guardia costiera che ha raccolto l’sos lanciato dalla nave Mare Jonio impegnata nella missione Mediterranea che ha segnalato l’imbarcazione in avaria vicino a Lampedusa. Dopo una prima indicazione alla nave Jonio di rivolgersi a La Valletta, la guardia costiera è intervenuta soccorrendo le 70 persone fatte sbarcare alle tre di notte. Ad avvistare per primo il gommone è stato un motopesca tunisino che aveva fornito informazioni sulla posizione, poi non confermate, e si era allontanato. La nave Mare Jonio non ha quindi trovato nulla nell’area indicata dalle autorità maltesi che avevano diramato la richiesta di intervento indirizzata a tutte le unità nelle vicinanze e raccolta dalla nave umanitaria. Il gommone ha quindi continuato a navigare autonomamente ed è giunto fino a Lampedusa, dove il guardacoste l’ha intercettato, a tre miglia dal porto. Serafico, come al solito, il ministro Salvini: «L’Italia farà rispettare la legge: ognuno occupa il suo tempo come vuole. Io vengo in Trentino e c’è chi cerca i migranti nel Mediterraneo». I migranti sono di origine eritrea, siriana e ghanese: per la maggior parte minori e donne, arrivati in buone condizioni fisiche e visitati sul molo dal medico Pietro Bartolo. La traversata, secondo le prime informazioni, è durata oltre 35 ore. L’imbarcazione utilizzata dai migranti era lunga circa otto metri, aveva il fondo quasi piatto e una bassa linea di galleggiamento; di costruzione egiziana, era un tipo di barca inadatta ad effettuare il percorso che va dalla Libia alle coste siciliane e troppo piccola per 70 persone. Solo grazie alle buone condizioni del mare delle ultime 48 ore, non si è verificata l’ennesima tragedia.

* Fonte: Alfredo Marsala, IL MANIFESTO



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