Strage in Brasile, travolti dai fanghi tossici, forse 300 i morti

Strage in Brasile, travolti dai fanghi tossici, forse 300 i morti

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Con il cedimento della diga di scarti minerari della compagnia brasiliana Vale a Brumadinho, nella periferia di Belo Horizonte, in Minas Gerais, il Brasile dimostra di non aver imparato proprio nulla. Sono passati tre anni dal peggior disastro – o, meglio, dal peggior crimine – ambientale del Brasile, quando a Mariana, a soli 120 km da Brumadinho, il crollo di due dighe della società mineraria Samarco (di proprietà della Vale – sempre lei – e dell’angloaustraliana Bhp Billiton) provocò la morte di 19 persone, lasciando senza lavoro 11mila contadini e pescatori e coinvolgendo a vario titolo 3,2 milioni di abitanti.
DA ALLORA l’aggressiva e vorace espansione dello sfruttamento minerario è continuata come nulla fosse, nella tragica assenza di un quadro regolario adeguato, particolarmente in termini di impatto socio-ambientale dei progetti autorizzati. E ciò malgrado già all’epoca era noto come una diga su tre richiedesse un intervento di consolidamento.

Il bilancio delle vittime accertate della nuova tragedia ieri sera era di 34 morti, ma i dispersi sono circa 300, tutti travolti da fango e detriti mentre si trovavano a pranzo nella caffetteria dell’impianto, nel quale erano presenti al momento del crollo 427 lavoratori.

SONO POCHISSIME le possibilità di trovare persone ancora in vita. «Forse recupereremo solo corpi», ha detto il governatore dello Stato di Minas Gerais, Romeu Zema. Lo stesso che, lo scorso novembre, annunciava – in linea con i proclami di Bolsonaro – l’intenzione di alleggerire (ulteriormente) le norme ambientali a vantaggio delle imprese minerarie.

«Ancora una volta, il lucro è stato posto al di sopra delle vite umane e dell’ambiente», ha denunciato in una nota il Movimento dos Atingidos por Barragem, parlando di una «tragedia annunciata». Era da tempo infatti che gli abitanti mettevano in guardia dal rischio di crolli per effetto di piccole scosse sismiche nella regione, opponendosi con forza all’avanzata dell’attività mineraria, giunta addirittura in prossimità del parco statale della Serra do Rola Moça e di sei sorgenti da cui dipendono, per il rifornimento d’acqua, più di due milioni di persone.

IL MINISTRO DELL’AMBIENTE Ricardo Salles – sul cui capo pesa proprio l’accusa di aver favorito indebitamente il settore minerario – ha annunciato che la Vale subirà una multa di 250 milioni di reais, mentre la giustizia di Minas Gerais ha ordinato il blocco di un miliardo di reais nei sui conti, sono in molti a credere che, ancora una volta, la compagnia riuscirà a cavarsela. Non per niente l’impresa (privatizzata dal governo Cardoso nel 1996 e da allora controllata da azionisti nordamericani) può contare su decine di politici eletti grazie ai suoi finanziamenti e usare la sua influenza per condizionare il potere giudiziario. Esattamente come avvenuto con il disastro di Mariana, per il quale la Vale è finora riuscita a evitare il processo, raggiungendo appena un accordo con il Pubblico Ministero di Minas per il pagamento degli indennizzi. «L’impunità nel caso del crimine di Mariana – ha denunciato Thiago Alves del Mab – e il modo in cui le imprese operano, a cominciare proprio dalla Vale, creano le condizioni per ulteriori tragedie».

IL RISCHIO ORA è che il fango e i detriti della diga Brumadinho possano raggiungere il fiume São Francisco, proprio come successo a Mariana, quando l’ondata di fango aveva riversato nel Rio Doce, principale corso d’acqua del Sud-est del Brasile, più di 60 milioni di metri cubi di fanghi tossici, per poi continuare la sua corsa per 16 giorni e 663 chilometri fino all’Oceano Atlantico.

* Fonte: Claudia Fanti, IL MANIFESTO

 

photo: By Senado Federal – Bento Rodrigues, Mariana, Minas Gerais, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45118997



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