Migranti. Il Regno Unito di Boris Johnson “delocalizza” in Ruanda

Migranti. Il Regno Unito di Boris Johnson “delocalizza” in Ruanda

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Accordo con Kingal: 120 milioni di sterline per prendere migliaia di persone. E la Royal Navy controllerà il Canale della Manica

 

Per Boris Johnson si tratta di un modo «innovativo» di gestire l’immigrazione irregolare ma le organizzazioni umanitarie, Croce rossa in testa, hanno già bollato il piano come «una decisione crudele e malvagia». Fatto sta che ora è ufficiale: se il parlamento britannico approverà il progetto del governo tutti i migranti che dal primo gennaio di quest’anno sono entrati in Gran Bretagna senza un regolare permesso verranno messi su un aereo e spediti a più di seimila chilometri di distanza, in Ruanda, dove le loro richieste di asilo verranno esaminate. Londra-Kigali volo di sola andata. E non basta. Il premier ha anche formalizzato la decisione di affidare alla Marina militare, e non più alla Border Force, il controllo del Canale della Manica nella speranza di bloccare le imbarcazioni che partono dalla Francia cariche di migranti, mentre è previsto un inasprimento delle pene – fino all’ergastolo – per gli scafisti.

E’ passata solo qualche settimana da quando l’Alto commissario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet, preoccupata per le voci che circolavano da tempo sul piano messo a punto dalla ministra dell’Interno Priti Patel, ha chiesto a Londra di rispettare la normativa internazionale sui diritti umani e la Convenzione sui rifugiati «Se non modificata – aveva avvertito Bachelet – la legge penalizzerà chi entra nel Regno unito con mezzi irregolari come se fossero criminali». E ieri l’Onu è tornata a farsi sentire, con l’Unhcr che ha espresso «forte opposizione» al piano di Londra.

Johnson sembra però deciso a proseguire sulla strada decisa, favorito anche dalla Brexit che gli consente di avere le mani libere nella gestione dei migranti. Ieri, quindi, Patel si è recata a Kigali dove ha firmato l’intesa che prevede il pagamento al Ruanda di 120 milioni di sterline, all’incirca 145 milioni di euro, in cambio della presa in carico di migliaia di migranti. Stando ad alcune stime potrebbero essere decine di migliaia – quasi tutti maschi e senza famiglia – quelli destinati a essere trasferiti nel paese africano. «Il Ruanda è un paese sicuro, che rispetta lo stato di diritto» ha risposto la ministra a chi le ha ricordato che il piano ricorda la decisione dell’Australia di detenere i migrati irregolari su isole nell’Oceano pacifico. «E’ uno dei paesi più sicuri al mondo, globalmente riconosciuto per il successo nell’accogliere e integrare i migranti. La quarta economia a crescita più veloce del mondo» le ha fatto eco BoJo.

In realtà la situazione politica in Ruanda è caratterizzata da luci e ombre. Il presidente Paul Kagame, aperto all’occidente, dal 2.000 governa con pugno di ferro e ieri Amnesty International, una volta appreso del piano britannico, ha definito «negativa» la situazione dei diritti umani nel paese africano. Da parte sua una nota del governo ruandese ha assicurato che i soldi in arrivo da Londra serviranno a finanziare «opportunità per ruandesi e migranti» tra cui istruzione, formazione professionale e corsi di lingua.

Dietro l’ennesimo giro di vite di Londra nei confronti dei migranti c’è l’aumento degli arrivi dalla Francia, avvenuti spesso su imbarcazioni poco adatte ad attraversare la Manica: 28.526 persone l’anno scorso, numeri che fanno ridere se si pensa a quanto accade in paesi come l’Italia o la Spagna, ma che in Gran Bretagna tengono banco da mesi. «Soltanto ieri sono sbarcati 600 migranti, tra qualche settimana potrebbero essere migliaia al giorno e prima di Natale 27 persone sono morte in mare per quella che è la nostra più grande tragedia migratoria», ha spiegato Johnson illustrando il piano nel Kent. «Spendiamo cinque milioni di sterline al giorno per i richiedenti asilo che soggiornano negli alberghi. Il popolo britannico ha votato più volte per riprendere il controllo dei nostri confini».

Argomenti che probabilmente solleticano l’opinione pubblica britannica ma che preoccupano invece non poco le associazioni umanitarie che parlano di abusi e subiti dai richiedenti asilo, mentre la Croce rossa parla di «un costo finanziario e umano considerevole».

* Fonte/autore: Carlo Lania, il manifesto



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