Colombia. Anche l’ELN sceglie la pace, dopo 60 anni di guerriglia
L’ultimo gruppo guerrigliero si impegna alla tregua dopo il patto di Cuba siglato con Gustavo Petro lo scorso giugno. Ma la destra prova a ostacolare il presidente
Dalla scorsa mezzanotte l’ultimo grande gruppo guerrigliero dell’America latina, l’Esercito di Liberazione nazionale della Colombia (Eln), si è impegnato a cessare ogni azione militare verso le forze armate e di polizia di Bogotà. I fronti dell’Eln, hanno chiarito i comandi, risponderanno a eventuali aggressioni da parte dell’esercito e di altri gruppi armati.
Ma la tregua indetta dalla guerriglia marxista fino al 3 agosto potrebbe segnare un passo decisivo verso un accordo definitivo con il governo e la cessazione di una guerra sanguinosa che dura ormai dal 1964, anno di fondazione dell’organizzazione guevarista che conta oggi circa 3mila membri.
L’andamento di questa prima fase di de-escalation inciderà sulla proclamazione, a partire dal 3 agosto, di un più ampio cessate il fuoco bilaterale di sei mesi, concordato il 9 giugno a L’Avana con la mediazione del governo cubano. Contemporaneamente, un quarto ciclo di colloqui di pace dovrebbe svolgersi dal 14 agosto al 4 settembre in Venezuela, con cui il nuovo governo ha ristabilito i rapporti diplomatici dopo quattro anni di ostilità.
IL PRESIDENTE colombiano Gustavo Petro, insediatosi nell’agosto 2022, lui stesso proveniente da un altro gruppo guerrigliero attivo negli anni ’70 e ’80, l’M-19, ha fortemente investito sulla smobilitazione dell’Eln in un quadro di trasformazione politica e di riforme sociali.
Prima del raggiungimento dell’accordo i colloqui, iniziati a novembre, avevano più volte registrato momenti di crisi, soprattutto quando Petro aveva messo in dubbio la capacità dei negoziatori di rappresentare effettivamente tutti i fronti della guerriglia, alcuni dei quali avevano evidenziato il proprio dissenso rispetto al paventato compromesso.
GLI OSTACOLI non mancano. Martedì scorso alcuni membri della guerriglia hanno ucciso tre agenti di polizia nel nord-est del paese, al confine con il Venezuela. Inoltre lunedì l’Eln ha indetto uno «sciopero armato» in alcune aree del dipartimento di Chocó, dove è impegnato in combattimenti con forze paramilitari di estrema destra. La misura sarebbe stata annunciata dopo che alcuni membri del Clan del Golfo hanno attaccato e occupato il villaggio di Chambacú, uccidendo un uomo e ferendo un bambino.
In un comunicato Il Fronte occidentale Omar Gómez ha denunciato l’assistenza e la copertura accordata dall’esercito colombiano ai gruppi paramilitari, accusando esplicitamente il ministro della difesa Iván Velásquez Gómez e i comandanti militari della regione di voler distruggere ogni dialogo con la guerriglia, boicottando gli sforzi di Petro.
All’interno delle gerarchie militari del paese – solo in parte toccate dagli avvicendamenti seguiti alla vittoria del primo presidente di sinistra del paese – è forte la contrarietà nei confronti di un accordo con l’Eln.
ALLA VIGILIA della firma dell’accordo di giugno, l’ex ambasciatore di Bogotà in Venezuela, Armando Benedetti, aveva sollevato un polverone – opportunamente amplificato dalla destra – accusando Petro di aver usato i soldi dei narcos per finanziare la campagna elettorale. Poche settimane prima, invece, il leader dell’Associazione dei militari in congedo aveva richiamato la necessità di rimuovere con la forza l’attuale esecutivo.
Ieri, intanto, a poche ore dall’entrata in vigore della fase preventiva del cessate il fuoco, le forze di sicurezza hanno denunciato il «presunto sequestro» di una sergente dell’esercito e dei suoi due figli da parte del Fronte Domingo Saenz nel dipartimento nord di Arauca.
* Fonte/autore: Marco Santopadre, il manifesto
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