La denuncia: basta ordigni nucleari segreti in basi NATO in Italia

La denuncia: basta ordigni nucleari segreti in basi NATO in Italia

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La conferenza dei firmatari si terrà il 2 ottobre a Ghedi, dove si trovano decine di testate

 

Una denuncia che chiede alla magistratura di accertare la presenza di ordigni nucleari in territorio italiano e di accertarne l’illegalità sulla base delle leggi nazionali e internazionali sarà depositata agli inizi di ottobre alla Procura di Roma. La denuncia, la cui precisa articolazione verrà rivelata il 2 ottobre in una conferenza stampa a Ghedi – sede di un campo d’aviazione italiano e della Nato – è composta da diversi allegati ed è firmata da oltre una ventina di organizzazioni. Tra queste, Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale, Pax Christi, Pressenza, Wilpf, Centro sociale 28 maggio. Tra le singole firme personaggi come Moni Ovadia e Alex Zanotelli.

È il tentativo di aggiungere un tassello a una campagna ormai decennale contro la presenza dell’arma nucleare in Italia, Paese che non ha mai fatto questa scelta ma che ospita da anni un numero di bombe che possono essere aviotrasportate e lanciate. Una violazione delle nostre normative protetta dal segreto militare e che riguarda un numero di ordigni imprecisato: si pensa quasi un centinaio.

TENTARE la via giudiziaria non porterà forse al disvelamento del segreto militare, ma l’opposizione del segreto da parte della Difesa sarebbe già un’ammissione implicita sia della presenza delle bombe che delle responsabilità connesse. Come pensano che la vicenda possa avere una evoluzione legale e cosa si immagina per accompagnare la denuncia sarà spiegato a Ghedi, la “scena del delitto” scelta per la conferenza stampa.

Al cronista che la raggiunge in automobile da Sud, l’aeroporto militare di Ghedi appare spostandosi verso il Nord di questa cittadina bresciana di 18mila anime. Ha un perimetro di quasi una decina di chilometri e sembra un posto tranquillo con decolli e atterraggi intermittenti. «Vivere qui – ci aveva detto una ragazza del posto durante una visita l’anno scorso – significa vivere su una traiettoria in caso di conflitto. Siamo in pericolo. Lo siamo sempre stati». Di più da che è in corso la guerra in Ucraina.

Il paesaggio è quello della campagna padana ma nasconde una verità tenuta rigorosamente segreta. A Ghedi, come ad Aviano nel Veneto, sono stipate decine di testate nucleari. Bombe sempre più evolute che vengono teleguidate dal casco dei piloti degli F-35 che stazionano nei nuovi hangar allestiti per questi velivoli che si affiancano a due piste di atterraggio, la palazzina di comando, simulatori e polo tecnologico.

LE BOMBE sono, com’è noto, un segreto così segreto da essere ormai di dominio pubblico. E per capirlo basterebbe guardare alla fotografia uscita su Facebook qualche anno fa, in cui un centinaio tra piloti e militari di stanza a Ghedi posavano davanti a una B61, sorella delle ancora più micidiali B61-12 di ultima generazione. Quel segreto è stato condiviso e secretato da tutti i governi della Repubblica, nessuno escluso. Toccherà ora alla magistratura dire se la grande bugia nazionale può adesso diventare una verità condivisa.
Secondo un sondaggio condotto da YouGov, citato in un saggio sul nucleare militare italiano dell’International Association of Lawyers Against Nuclear Arms), l’87% dei cittadini del Belpaese chiede di firmare il Tpnw (Trattato per la proibizione delle armi nucleari) e il 76% che l’Italia sia tra i primi paesi Nato a sottoscriverlo. Il 74% vuole che le armi Usa dislocate in Italia siano rimosse.

* Fonte/autore: Emanuele Giordana, il manifesto



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