Di fronte ai giornalisti, Lazzarini ha difeso l’importanza di Unrwa per Gaza, unica alternativa culturale sul piano sociale ed educativo rispetto ad Hamas e ha respinto le richieste di dimissioni «che arrivano da un solo paese», cioè Israele. Chiaro il sostegno dall’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell, che ha anche ribadito la sua posizione molto dura nei confronti di Tel Aviv e riconfermato il supporto finanziario dell’Ue all’agenzia Onu, dopo che diversi governi europei, tra cui quello italiano, hanno nelle scorse settimane annunciato lo stop ai finanziamenti.

«Se non avessimo avuto una pausa o un congelamento dei fondi, il nostro flusso di cassa, che ora sta soffrendo, sarebbe stato buono fino alla fine di luglio», dice Lazzarini. Invece ora, facendo i conti, la situazione si dimostra preoccupante: «A partire da marzo saremo in rosso tra 30 e 40 milioni, poi saremo nettamente in negativo da aprile. E abbiamo bisogno di almeno 60 milioni solo per elaborare gli stipendi per i nostri 30.000 dipendenti». Per questo, ha spiegato l’alto funzionario Onu «è assolutamente fondamentale il contributo della Commissione Ue: 82 milioni di dollari in arrivo entro inizio marzo».

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Arresti, inchieste e processi. Gli Antifa trattati da terroristi

Le denunce di Israele rappresentano la spina nel fianco di un’organizzazione che per esistere ha bisogno di finanziamento statale a livello internazionale. L’operazione trasparenza di Unrwa prevede sia iniziative come l’azione dell’ufficio Onu per il monitoraggio interno che la revisione da parte di un organismo esterno, il Free Scandinavian Institute, al quale spetterà esaminare la presenza dei tunnel nei pressi di strutture ospedaliere dell’organizzazione o l’affiliazione politica del suo personale. Il monitoraggio, ha detto Lazzarini, dovrebbe concludersi entro il 20 aprile, l’audit entro un mese. «Tra l’altro, il giorno in cui sono venuto a conoscenza di questa accusa ho preso la decisione eccezionale di licenziare le 12 persone sulla base di un’accusa, non di una prova provata», ha ricordato Lazzarini.

C’è poi un’altra vicenda che irrompe nella polemica sulla fornitura di armi a Israele da parte dei paesi occidentali e che secondo dati del Sipri di Stoccolma vede ai primi posti gli Usa (70%), seguiti da Germania (24%) e Italia (4,9%). Ieri la Corte d’appello dell’Aja ha decretato che i Paesi Bassi devono interrompere la fornitura a Tel Aviv di componentistica per i caccia F35 – americani, ma di base su suolo nederlandese – che l’esercito israeliano utilizza anche per operazioni nella Striscia. La sentenza, esecutiva nel giro di una settimana, decreta che «c’è un chiaro rischio che gli F35 siano usati da Israele per commettere gravi violazioni del diritto umanitario a Gaza» e rappresenta una vittoria per le organizzazioni pacifiste che avevano iniziato l’azione giudiziaria.
Immediato arriva il ricorso del governo in Cassazione. Ed è preoccupato il commento del ministro del Commercio Geoffrey Van Leeuwen. «Gli F35 svolgono un ruolo cruciale nella sicurezza di Israele», anche rispetto alle «minacce provenienti dalla regione, ad esempio da Iran, Yemen, Siria e Libano», si è affrettato a precisare.

* Fonte/autore: Andrea Valdambrini, il manifesto