Cariche della polizia a Bologna per proteggere Forza nuova

Cariche della polizia a Bologna per proteggere Forza nuova

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BOLOGNA. Sono bastati due petardi e un paio di cartelli lanciati dall’altra parte delle barriere protettive alte tre metri per fare scattare gli agenti in assetto antisommossa. Una carica con abbondanti manganellate, poi una seconda con tanto di manifestante fermata a terra e portata via (poi rilasciata in serata). Non è durato più di cinque minuti ieri pomeriggio il contatto tra le forze dell’ordine a difesa del comizio di Forza Nuova e i manifestanti antifascisti bolognesi, decisi a impedire il raduno elettorale del partito di Roberto Fiore. «I fascisti non passeranno», è stato il messaggio lanciato dalla rete antifascista cittadina. Centri sociali, collettivi, militanti dell’Anpi e della sinistra hanno raccolto l’appello. In tutto circa duemila le persone in piazza per dire ‘no’ al comizio di Forza Nuova.

Giorni fa il Comune giorni fa aveva già detto di no alle richieste degli estremisti di destra, negando loro la possibilità di montare il palco e di allacciare la corrente elettrica per l’amplificazione. Merito del regolamento comunale che chiede a tutti di certificare la propria fede antifascista, e che i militanti di Forza Nuova hanno rifiutato di sottoscrivere. Divieto che non è però scattato per la piazza, concessa a Forza Nuova in quanto forza politica regolarmente in corsa per le europee. «Questore non hai autorizzato una manifestazione, ma un reato», si è letto su un cartello di Coalizione Civica, la rete della sinistra cittadina. E il reato, si intende, è l’apologia di fascismo. «Al Salone del libro chi si è professato dichiaratamente vicino al fascismo e al nazismo è stato escluso», ha ricordato la consigliera dem Simona Lembi. «I fascisti negano la democrazia e la Costituzione e per questo non possono riorganizzarsi. La giornata di oggi significa questo e basta: a Bologna la loro presenza è un insulto, una offesa ai democratici di ogni parte politica», ha invece dichiarato il sindaco Virginio Merola.

* Fonte: Giovanni Stinco, IL MANIFESTO



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