Val Susa. No Tav, è tornato il «festival della felicità» a Venaus

Val Susa. No Tav, è tornato il «festival della felicità» a Venaus

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Dopo un anno di sospensione a causa della pandemia, è tornato il festival Alta Felicità in Valsusa, in corso in questi giorni a Venaus. I No Tav portano con sé un bagaglio di trent’anni di lotte e l’esperienza di diverse generazioni, che animano anche iniziative come queste

La sfida è stata vinta. Dopo un anno di sospensione a causa della pandemia, è tornato il festival Alta Felicità in Valsusa, in corso in questi giorni a Venaus. Un programma – molto partecipato – di concerti, marce e incontri, con l’obiettivo di «ritrovare insieme la forza per andare avanti e realizzare, nel nostro piccolo, un mondo più giusto». I No Tav portano con sé un bagaglio di trent’anni di lotte e l’esperienza di diverse generazioni, che animano anche iniziative come queste.
Ieri, per la gita al «Mostro», come viene chiamato il cantiere Tav di Chiomonte, i manifestanti erano in migliaia. Dietro lo striscione «Siamo la natura che si ribella», si sono diretti in Val Clarea, da Giaglione verso il presidio dei Mulini. Tra cori e battiture contro le reti hanno espresso ancora una volta la loro contrarietà alla grande opera. Le forze dell’ordine, che presidiano il sito, hanno risposto con il lancio di lacrimogeni.

La «militarizzazione» della zona è un tema vissuto quotidianamente in Valsusa. «Mentre ogni giorno, lo scorso anno, si contavano nuove vittime a causa della pandemia e a Chiomonte, a due passi dal “Mostro”, lo scorso giugno veniva chiuso l’ambulatorio sanitario, Telt, la società preposta alla costruzione della linea Torino-Lione, procedeva – sottolineano i No Tav – con l’allargamento del cantiere di Chiomonte. Inoltre, dava il via a un nuovo fortino per la futura costruzione di un cantiere a San Didero, militarizzando nella notte la Media Valle, con un ingente dispiegamento di forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Ai cittadini della Valsusa, che chiedevano cure e vaccini, il governo rispondeva con l’ennesimo spreco di risorse pubbliche».

Il festival è soprattutto musica. Venerdì ci sono stati i concerti dei folk-rocker occitani Lou Dalfin, degli Africa Unite, storici alfieri del reggae, e dei Modena City Ramblers, le cui note «combat» avevano già animato precedenti edizioni dell’Alta Felicità, nata nel 2016. Nel dibattito pomeridiano a distanza con Diego Bianchi, autore e conduttore di Propaganda, e Alberto Poggio, membro della commissione tecnica sulla Torino-Lione dell’Unione Montana, è intervenuta, in video collegamento, Dana Lauriola, ancora ai domiciliari: «Le nostre azioni come movimento sono un modo di essere. Il festival è qualcosa di bellissimo, ci vedremo il prossimo anno». Ieri sera, sabato, è stata la volta di Willie Peyote, rapper torinese reduce dalla partecipazione all’ultimo Sanremo, dell’orchestra urbana Bandakadabra e da Samuel, voce dei Subsonica. In tempi di Covid, la manifestazione si è attrezzata per dare la possibilità di fare un test salivare direttamente sul posto.

Oggi, dopo una passeggiata ai sentieri partigiani, verrà consegnato il premio Bruno Carli del Valsusa Filmfest al Fridays for future Valsusa e al Comitato Giovani No Tav. Concluderà la giornata il dibattito «Cultura, musica, spettacolo, socialità: beni comuni da tutelare tra pandemia e grandi opere inutili» con il regista Marco Ponti e Willie Peyote. Mauro Ravarino

 

* Fonte: il manifesto

 

foto da: Festival Alta Felicità, pagina Facebook

* Fonte: il manifesto



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