Gaza, rapito un cooperante italiano “Hamas liberi i detenuti, o morirà “

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GERUSALEMME – Resta un pugno di ore prima della scadenza dell’ultimatum per Vittorio Arrigoni, l’attivista pacifista rapito ieri a Gaza City da un commando di estremisti salafiti che minaccia d’ucciderlo entro 30 ore se non otterrà  dal governo di Hamas, al potere nella Striscia, il rilascio di un gruppetto di suoi militanti finiti in cella. Con uno scenario ispirato al feroce rituale iracheno, un video con la minaccia di morte è stato postato qualche ora dopo il sequestro su Youtube, dove Arrigoni appare con gli occhi bendati, tracce di sangue sul volto ed evidenti segni di un pestaggio. Militante dell’International Solidarity Movement (Ism), che comprende militanti di tutto il mondo che partecipano ad atti di protesta non violenta contro l’occupazione israeliana, Arrigoni è conosciuto da tutti a Gaza per il suo impegno nella Striscia, dove vive dal 2008. L’ultimatum, espresso per iscritto in arabo, è agghiacciante e soprattutto molto ravvicinato. Arrigoni sarà  assassinato nel giro di 30 ore (cioè oggi pomeriggio) se Hamas – che i salafiti avversano da posizioni ancor più oltranziste – non libererà  i «confratelli arrestati» negli ultimi mesi nella Striscia. La sovraimpressione dei rapitori – che dicono di appartenere a un gruppuscolo della galassia jihadista filo-Al Qaeda, la “Brigata Mohammed Bin Moslama”, coinvolto in tentativi di sollevazione anti Hamas come quello represso nel sangue nel 2009 nella moschea bunker di Rafah – accusa il volontario di diffondere «i vizi occidentali» fra i palestinesi e l’Italia di combattere contro i Paesi musulmani. Il video si rivolge al governo di Hamas del premier Ismail Haniyeh, salito al potere nella Striscia nel 2007 dopo il golpe islamico contro l’Anp del presidente Abu Mazen, ma ritenuto dai salafiti contrario all’idea di un Califfato mondiale e troppo moderato nell’applicazione della Sharia, la legge coranica. L’intimazione è quella di scarcerare entro oggi «tutti i detenuti» legati alla Brigata Bin Moslama. A cominciare dal capo fazione Hisham Al-Saidni, noto anche come Abu Walid Al-Maqdisi, un egiziano trapiantato nei Territori palestinesi che risulta già  sulla lista nera dei ricercati per terrorismo di Egitto e Stati Uniti e che la polizia di Hamas ha arrestato all’inizio di marzo nel campo profughi di Shati, a ridosso di Gaza City. La presenza dei gruppi salafiti a Gaza si è di molto accresciuta negli ultimi due anni, e i tunnel del contrabbando sotto il confine con l’Egitto sono la via dei loro rifornimenti di armi. Sono tre i principali movimenti salafiti attualmente operativi nella Striscia di Gaza e che rappresentano una spina nel fianco per Hamas. Si tratta del Jund Ansar Allah (i Soldati di Dio), del Jaish al-Islam (l’Esercito dell’Islam) e del Jaish al Umma (l’Esercito della Nazione). Il più pericoloso di questi gruppi, per Hamas e per gli equilibri dell’area, è quello dei Jund Ansar Allah. Il leader di questo gruppo salafita, Abdul Latif Abu Moussa, è stato ucciso durante gli scontri con la polizia di Hamas nell’agosto 2009. Dall’Italia la Farnesina ha fatto sapere in serata di essersi già  attivata, attraverso il Consolato generale di Gerusalemme e tutti i contatti diplomatico-internazionali disponibili, per tutelare la vita di Arrigoni. Un’indubbia difficoltà  è rappresentata dal fatto che Hamas è sulla black-list europea per il suo sostegno al terrorismo e ufficialmente non è possibile per il nostro Ministero degli Esteri stabilire un contatto diretto con i dirigenti integralisti. Questo avviene attraverso altri canali che si possono definire “informali”, cioè attraverso l’Anp di Abu Mazen. Estrema prudenza e riserbo anche dai responsabili politici di Hamas a Gaza, che si sono limitati a dire d’essere impegnati al momento a «verificare i fatti». Intanto la città  si è riempita di agenti in divisa e in borghese e la caccia ai rapitori è cominciata.


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