Bologna, due morti per overdose in sette giorni: “Puntare su riduzione del danno”

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BOLOGNA – Due morti di overdose in una sola settimana. Questo il bilancio in cui hanno perso la vita un ferrarese di 35 anni e un operatore sanitario di 46 anni, originario di Parma. Entrambi con precedenti di spaccio, sono stati rinvenuti già  privi di vita nelle strade di Bologna. Le due morti riaprono il problema di una città  al momento priva di strutture a bassa soglia per i tossicodipendenti. “L’estate scorsa è stato chiuso il Drop in di via Paolo Fabbri – spiega Andra Albano, già  operatore della struttura e ora parte dell’unità  mobile gestita dalla cooperativa Nuova Sanità  –. Le morti di questa settimana sono la chiara conseguenza di questa decisione. Non si può ignorare la richiesta di aiuto di queste persone. La politica della riduzione del danno deve essere portata avanti”.

I due episodi hanno attivato anche i Radicali, che propongono di aprire anche a Bologna una “stanza del consumo controllato”, un luogo dove le persone tossicodipendenti possono essere assistite da personale specializzato. “Avevamo provato anche noi a metterla in pratica – spiega Albano –, una decina di anni fa nel dormitorio di via Carracci. I tossicodipendenti assumevano le sostanze in zone nascoste dell’edificio, nei sottoscala e nei bagni. Avevamo quindi trovato un compromesso: loro avvertivano gli operatori quando questo succedeva, in modo tale da poter essere assistiti in caso di necessità ”. Le “injection room” già  attive in altre città  europee potrebbero servire da esempio per l’Italia, ancora restia ad iniziative di questo tipo. (gabriele sillari)

 

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Certo, eravamo nel Novecento. Ma tutto sommato non è passato molto tempo da quando diversi politici, intellettuali, esponenti di associazioni e forze sociali in Italia erano convinti che si potesse e si dovesse arrivare a “liberarsi della necessità  del carcere”. Eravamo invece nel 2000, anno del Giubileo, quando papa Giovanni Paolo II ebbe a dire che la pena detentiva rischia talvolta di configurarsi come “mera ritorsione sociale”.

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