Un po’ di serietà 

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Da una parte, i toni e gli argomenti della campagna per il ballottaggio non sembrano discostarsi da quelli — eccessivi — dei giorni scorsi. Non è solo questione dell’insulto di Bossi, o del periodico vicino al centrodestra che accosta Pisapia all’Anticristo. Presentare una Milano governata dalla sinistra come la capitale degli zingari, della droga, dei centri sociali e dei minareti non inficia la credibilità  degli avversari, ma la propria. Demonizzare le moschee, viste dallo stesso Maroni come argine all’estremismo islamico, può portare qualche voto ma non delinea la visione di una grande città  del XXI secolo. Peggio ancora le promesse dell’ultimo momento, che magari contraddicono il programma elettorale, come la marcia indietro della Moratti sull’Ecopass, o l’idea improvvisata di trasferire qualche ministero minore a Milano e a Napoli (altra città -simbolo del berlusconismo, dalla battaglia dei rifiuti alle vicissitudini personali del premier); come se lo sviluppo di due metropoli europee fosse legato a qualche centinaio di posti pubblici. Dall’altra parte, Pisapia è stato attento a non esasperare la valenza politica del voto di Milano e a non accettare la battaglia delle male parole. Ma non ha dissipato i dubbi legittimamente coltivati dai moderati milanesi; i quali, come nel resto del Paese, restano la maggioranza del corpo elettorale. Pisapia farebbe bene non solo a precisare meglio i punti-chiave del suo programma, ma soprattutto a indicare le persone incaricate di attuarli. Non è indifferente sapere come sarebbe composta la sua squadra; così come conoscere eventuali cambiamenti in quella della Moratti (che nel frattempo farebbe bene a scusarsi per la falsa accusa al rivale). Chi si occuperà  dell’economia e del bilancio di Milano? Chi dell’Expo? Chi dell’ambiente? Chi del punto di forza del progetto di Pisapia, la cultura? La preoccupazione — espressa ieri sul Sole 24 Ore da Roberto Perotti — per l’invadenza della mano pubblica rispetto alla sussidiarietà  e alle istanze liberali non è priva di fondamento, in una città  come Milano abituata ad affidarsi alle energie dei privati e delle associazioni. Sapere quali siano gli uomini e le donne di Pisapia è fondamentale per capire se la sua gestione possa essere davvero riformista e coinvolgere culture e ambienti diversi dal suo, compreso quello cattolico. Se entrambi i candidati indicassero anche personalità  al di fuori del loro campo, darebbero un segnale importante e faciliterebbero la decisione dei milanesi. Che avrà  certo conseguenze politiche. Ma è innanzitutto la scelta del sindaco di una città  che resta l’avanguardia d’Italia nel mondo.


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