Legge elettorale, al via il controreferendum

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ROMA – Detto, fatto. Anche il “contro referendum” è partito. Depositati ieri i quesiti (due) in Cassazione per resuscitare il Mattarellum abrogando l’attuale legge elettorale-porcata. «Quella, per intenderci, che crea un Parlamento nominato dai capipartito e che hanno voluto Berlusconi e Casini», spiega subito Arturo Parisi, per marcare la distanza nell’opposizione con chi – l’Udc e il suo leader – è adesso disposto a cambiare ma per un ritorno al proporzionale magari con il referendum-Passigli. E per avvertire chi, nel Pd, flirta con i “proporzionalisti”, che non è aria.
Comincia quindi un’altra corsa referendaria a tappe forzate: ci vorrebbero diecimila firme al giorno per raccogliere le 500 mila previste entro fine settembre. Referendum nelle mani di una squadra di Democratici – Veltroni, Castagnetti, Gentiloni, Tonini, Ceccanti, Bachelet e in testa Parisi, forti dell’appoggio di Romano Prodi – allargata a Di Pietro e a Vendola. Una “task-force” del maggioritario e del bipolarismo. Dà  la misura della spaccatura del Pd, ma realizza anche l’asse con Idv e Sel. Nelle file democratiche la fibrillazione è massima e i malumori pure. Il segretario Bersani è in Medioriente. Qualche giorno fa, quando era iniziata la “guerra dei referendum” (presentato quello di Passigli, minacciato questo) aveva chiesto ai dirigenti del partito di lasciare le iniziative referendarie alla società  civile. Infatti.
Formalmente a presentare i quesiti pro Mattarellum sono stati ieri un gruppo di costituzionalisti (Andrea Morrone, Sofia Ventura, Renato Balduzzi, Enzo Palumbo), con Di Pietro, Gennaro Migliore e Loredana De Petris. I democratici a seguire. Veltroni è in prima linea. L’ex segretario democratico assicura che è meglio fare la legge in Parlamento, però se tutto si insabbia allora «saranno i cittadini a decidere». Il “contro referendum” insomma non si ferma. Neppure se Passigli – e i democratici che lo appoggiano – decidono di bloccare la raccolta di firme. In realtà  Stefano Passigli con una lettera online lo stop l’ha dato, e ora accusa la squadra di Castagnetti-Veltroni-Parisi: «Sono doppiamente scorretti: da un lato la doppiezza per fermare il nostro referendum senza nessuna ricerca di intesa; dall’altro l’attacco di fatto a Bersani. Il tutto in un paese che frana». Però la task-force del Mattarellum non intende fare ritirate. Di mezze misure non se ne parla proprio. A spiegarlo è Di Pietro, che fa autocritica: «Basta con cinque, sei persone, i segretari dei partiti che scelgono gli Scilipoti di turno… io mi sono già  fregato due volte e non voglio più farlo». Scilipoti e Razzi erano nelle file dipietriste prima di passare con Berlusconi salvandolo il 14 dicembre nel voto di fiducia alla Camera. Insomma, o il sistema elettorale cambia oppure avanti con il referendum.
D’Alema li attacca: «Il referendum è uno strumento improprio per stabilire il sistema di voto», né ha rimpianti per il Mattarellum con cui «si spartivano i collegi». Nella direzione del Pd, lunedì prossimo, sarà  il momento della resa dei conti. Intanto Rosy Bindi, la presidente del partito, mette le mani avanti e si schiera: «La proposta più vicina alla linea del partito è quella dei pro-Mattarellum». Fermo restando che il progetto del Pd è per collegi uninominali a doppio turno con una quota proporzionale. Però quale possibilità  ha davvero di essere approvato? Emma Bonino e Marco Pannella, i leader radicali, ricordano che i Democratici nella loro Assemblea avevano votato per il maggioritario a doppio turno: ritornino a quella proposta. Ai pro Mattarellum arrivano le adesioni di Segni, Barbera, Pizzorusso, Panebianco.


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