Il superpoliziotto americano a Scotland Yard

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William J. Bratton, l’uomo che venne salutato come un eroe della lotta al crimine quando, a metà  degli Anni ‘90, riuscì a riportare sotto controllo la rampante criminalità  newyorchese, ora è stato chiamato a Londra per venire in soccorso della polizia britannica, uscita malconcia e screditata da giorni di tumulti, morti e incendi. È stato il primo ministro David Cameron a chiedere la sua consulenza per elaborare una strategia di ordine pubblico contro le violenze che hanno sconvolto Londra e molte altre città  e per ricostruire la reputazione di Scotland Yard gravemente danneggiata dallo scandalo delle intercettazioni illegali perpetrate dai giornali di Murdoch. «Quello che vogliono da me – dice Bratton – è conoscere l’esperienza americana rispetto al problema delle bande criminali, sapere quello che ha funzionato e non ha funzionato da noi e come applicarlo in Gran Bretagna».
Bratton è un fautore del cosiddetto “poliziotto di quartiere”, un approccio basato sull’idea di riempire le strade di agenti immersi nella vita quotidiana delle persone, invece di usarli semplicemente per reagire o rispondere a eventi specifici. «Non si può risolvere il problema a suon di arresti», dice. «Servono interventi e strategie e tecniche di prevenzione, tutto in gran quantità ». Bratton ha 63 anni, vive a New York ed è il presidente della Kroll, una società  privata che opera nel campo della sicurezza a livello internazionale. Ha cominciato la sua carriera a Boston come agente, poi ha diretto diverse forze di polizia sotto accusa per corruzione o uso eccessivo della forza. A New York è stato il commissario capo della polizia per 27 mesi, dal 1994 al 1996, e suo è il merito di una riduzione senza precedenti del numero di reati in città , prima di essere costretto ad andarsene per uno scontro insanabile con il sindaco Rudolph Giuliani. In precedenza aveva guidato la polizia di Boston. Più di recente è stato a capo della polizia di Los Angeles, incarico che ha ricoperto per quasi sette anni, fino al novembre del 2009.
Bratton non vuole analizzare gli aspetti politici legati ai disordini di Londra, né discutere il comportamento delle forze dell’ordine. Però sostiene che la tensione tra il dovere di una forza di polizia di proteggere la vita e le proprietà  dei cittadini e la necessità  di una società  di potersi esprimere liberamente è un aspetto intrinseco dell’attività  di polizia. La cosa importante, dice, è che la polizia adotti misure legittime e legali, a prescindere dai fattori che hanno scatenato i disordini. «Gli eventi degli ultimi anni a mio parere hanno ribadito ancora di più l’importanza della polizia nella società , per mantenere l’ordine sia contro la criminalità  tradizionale sia contro le nuove paure legate al terrorismo o a turbolenze sociali, come a Londra».
Una forza di polizia, sempre secondo Bratton, dovrebbe affrontare qualsiasi minaccia tenendo fede a tre principi: Costituzione, compassione e coerenza. Riguardo al terzo punto ammette che gli scontri di piazza possono dare un’immagine sgradevole, ed è proprio la cosa a cui puntano certi manifestanti. «C’è un’espressione che si usa nel nostro ambiente, lawful but awful. Vuol dire che le azioni della polizia rientrano nei limiti della legge, ma appaiono sgradevoli, violente. Alcuni di questi provocatori vogliono che lo scontro raggiunga la massima intensità  possibile, vogliono indurre la polizia a reagire in modo sproporzionato». E i dimostranti, dice, usano sempre di più i social media per organizzarsi e cercare di anticipare le mosse della polizia sul campo. Anche la polizia può usarli per comunicare con i cittadini e per essere più trasparente.
Parlando della Gran Bretagna, Bratton dice che la Metropolitan Police, la polizia londinese più comunemente nota come Scotland Yard, dovrebbe ispirarsi a quello che hanno fatto la polizia newyorchese e quella losangelina, diversificando la propria composizione razziale per stabilire un legame tra gli agenti e i cittadini. «Questo è un obbiettivo che i britannici sono decisi a perseguire». Secondo Bratton la «grande forza» della polizia britannica è quella di rispondere ai pericoli con un uso minimo della forza e non c’è alcuna necessità  di dotare gli agenti britannici della stessa potenza di fuoco di cui godono i loro colleghi statunitensi, anche perché «in Gran Bretagna i criminali non gli sparano addosso tanto quanto in America».
(© The New York Times La Repubblica Traduzione Fabio Galimberti)


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